Ragione e tecnica non bastano da sole a risolvere i problemi dell'uomo: il prof. Stefano
Semplici riflette sulla "Caritas in veritate"
Pur essendo un'Enciclica dedicata ai temi sociali, la Caritas in Veritate ripropone
in realtà la sfida antropologica centrale del Magistero di Benedetto XVI: l'uomo si
è prodotto da sé stesso o dipende da Dio? Il Papa ci avverte che in economia, come
nella bioetica, le soluzioni ai problemi dell'umanità non possono essere solo tecniche,
ma devono tener conto delle esigenze di una persona dotata di anima e corpo. Un altro
passo verso il superamento del conflitto tra fede e ragione, ma anche una sfida alta
per il pensiero laico. Lo spiega Stefano Semplici, docente di Etica sociale
all'Università di Roma Tor Vergata, al microfono di Fabio Colagrande:
R. - Ripetendo
ed aggiornando il grande magistero della Populorum Progressio, Benedetto XVI
affronta certamente i grandi principi - le grandi contraddizioni anche - che sono
legate allo sviluppo economico e alla regolamentazione del mercato. Tutti questi temi,
tuttavia, vanno inquadrati in quello che è il vero asse portante della riflessione
di Benedetto XVI, ovvero la questione antropologica. Benedetto XVI ripete ancora una
volta che non esiste agire economico che sia neutralmente orientato alla massimizzazione
di un parametro, come per esempio quello del profitto. E’ come se il Papa dicesse:
guai a pensare che esista una dimensione dell’umano - sia pure tanto importante e
qualificante come quella nella quale l’uomo è impegnato per soddisfare i suoi bisogni
essenziali, per coltivare e far crescere i suoi interessi, ovvero l’economia - che
da sola sia capace di risolvere il problema dell’umano nel suo complesso. Quindi,
la domanda rimane radicalmente etica e per questo la domanda intercetta inevitabilmente
quel piano al quale Benedetto XVI ha dedicato così grande e appassionato slancio fin
dall’inizio del suo Pontificato, cioè appunto la questione bioetica. Perché laddove
ne va della vita - nella sua condizione di maggiore fragilità, di maggiore esposizione,
l’inizio e la fine della vita - lì ne va del significato che noi riconosciamo all’uomo
e alla sua dignità.
D. - Quindi, resta centrale il
problema di un predominio della tecnica. Se ci consideriamo creature di Dio, quindi
non padroni della nostra vita, non possiamo dare il predominio alla tecnica...
R.
- E’ assolutamente “pour cause” che in questa Enciclica troviamo un capitolo dedicato
alla tecnica. In un’Enciclica, cioè, che si occupa prevalentemente delle tematiche
dello sviluppo, della solidarietà a livello globale, della razionalità dell’agire
economico che, per essere tale, va riconosciuto come una forma della razionalità pratica
dell’uomo nel suo complesso. Qui troviamo anche un capitolo sulla tecnica. Perché
quella della razionalità tecnica, strumentale, è per il Papa un’altra delle grandi
tentazioni di impoverimento e di riduzione di questa presa della razionalità pratica
sull’uomo tutto intero. Non dimentichiamo mai che per Benedetto XVI qui ne va non
semplicemente della fede, in rapporto alla ragione - quasi come se la seconda dovesse
essere subordinata alla prima - ma di una circolarità virtuosa, nella quale entrambe,
la fede e la ragione, raggiungono la pienezza del loro significato e delle loro potenzialità.