Spiragli di dialogo tra i ribelli del Mend, il Movimento per l’Emancipazione del Delta
del Niger, e il governo nigeriano. Il gruppo ha oggi annunciato una tregua di 60 giorni
a seguito della scarcerazione del proprio leader, Henry Okah. Oltre che in un’interruzione
dei continui attacchi alle installazioni petrolifere delle società straniere che lavorano
nell’estrazione del greggio, si spera che l’iniziativa possa essere l’inizio di un
periodo di dialogo e di distensione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Domenico
Quirico, giornalista della Stampa, esperto di Africa:
R. – In Africa
bisogna sempre avere molta prudenza ad essere ottimisti. Certamente è un segnale positivo
che viene dopo un periodo di forti tensioni da parte dei ribelli del Delta del Niger,
con attacchi ripetuti nei confronti di installazioni petrolifere. D.
– Ma qual è la situazione che si vive nel Delta del Niger? R.
– Il petrolio è diventato la seconda maledizione di questa gente che abita questa
zona della Nigeria. La prima maledizione è il furto e la violenza, che è stata perpetrata
dalle elite al potere ormai dal 1960, da quando c’è il Paese indipendente. Seconda
maledizione: il petrolio avvelena tutto, non soltanto la vita politica, attraverso
la corruzione dilagante, ma avvelena la terra, l’acqua, avvelena i pesci, che queste
persone pescano per mangiare. Insomma, è ovunque. D. – C’è
possibilità di convergenza su quelle che sono le richieste del Mend? R.
– In realtà il vero problema è come si divide la torta del petrolio. La torta veniva
divisa da compagnie internazionali e dal governo centrale. Adesso anche gli abitanti
di questa zona vogliono avere una parte di tutto questo o almeno non vogliono essere
uccisi dalla ricchezza petrolifera. Non è semplice trovare una soluzione che accontenti
queste due esigenze così contrapposte. La soluzione può venire da una trasformazione
della vita politica nigeriana, ma questo richiederà tempo.