Taiwan: dopo 46 anni di missione padre Papa lascia la diocesi di San Min
La mostra sulla vita missionaria del “Tesoro della Contea di Fu Xing”, la festa di
ringraziamento e il congedo alla presenza del vescovo della diocesi di Hsin Chu e
di tantissimi fedeli: queste le iniziative che la parrocchia indigena di San Min di
Tao Yuan ha voluto dedicare al suo parroco, padre Alberto Papa (Ba Yi Ci è il suo
nome cinese), missionario francescano italiano che ha dedicato 46 anni di servizio
ai più poveri degli indigeni di Taiwan. Giunto ora all’età della pensione, rientrerà
in Italia portando con sé l’affetto, la commozione, la gratitudine e la nostalgia
delle popolazioni indigene taiwanesi. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia
Fides, dal 4 luglio la parrocchia ha iniziato una serie di iniziative in occasione
del congedo di padre Alberto, che si sono accompagnate alla celebrazione di inizio
dell’Anno Sacerdotale, prendendo il religioso come modello missionario del sacerdozio.
Autorità civili, la comunità buddista e i fedeli tutti hanno reso omaggio a questo
missionario molto amato, tanto che addirittura lo hanno nominato “Padre del popolo
di Tai Ya” (indigeno). Il sindaco locale ha raccontato: “quando ero piccolo già vedevo
padre Ba (il suo cognome cinese) distribuire aiuti ai più bisogni tra i poveri. Sono
cresciuto e lui continua ancora la sua missione, non si è mai fermato”. Nell’ormai
lontano 1963, l’allora venticinquenne francescano padre Papa, nato in una famiglia
modesta di operai, venne mandato in missione nell’isola di Taiwan. Il giovane religioso
chiese ai suoi superiori di andare nei posti più sperduti, tra la gente più povera,
a svolgere la sua missione. Quindi da quasi mezzo secolo si è messo al servizio del
popolo indigeno Tai Ya della Contea di Fu Xing, conquistandosi il soprannome di “Tesoro
della Contea di Fu Xing”. Non solo ha imparato perfettamente la lingua cinese mandarino,
ma anche il dialetto indigeno dei Tai Ya, aiutandoli a conservare la propria cultura
e tradizione. Ha fatto capire loro che “senza la scrittura è impossibile conservare
la cultura”. Ha redatto con le proprie mani tantissimi testi, trasformando la lingua-dialetto
in alfabeto romano; ha composto anche tanti brani di musica sacra e brani di Vangelo
in dialetto indigeno. Grazie alla sua opera, nella zona sono state costruite 12 chiese,
inoltre ha pubblicato 12 testi di lingua Tai Ya. Ha promesso alla sua gente che ritornerà
tra loro, per continuare la trasmissione del Vangelo e della cultura di Tai Ya. (R.P.)