L'Enciclica del Papa e la logica del dono come via per risolvere gli squilibri della
terra: una riflessione di padre Lombardi
Ha avuto una risonanza mondiale la recente pubblicazione dell'Enciclica sociale di
Benedetto XVI Caritas in veritate, le cui affermazioni sono state ulteriormente
amplificate dalle questioni affrontate durante il G8 dell'Aquila, terminato ieri.
Fermo restando l'importanza e la novità degli insegnamenti magisteriali contenuti
nell'Enciclica, rispetto a precedenti e analoghi documenti, la sua comprensione sarebbe
incompleta e fuorviante se l'attenzione andasse solo agli aspetti più "pratici" affrontati
dalla Caritas in veritate e non si tenesse conto del respiro di fede che la
attraversa e la illumina. Lo spiega in questa riflessione il direttore generale della
Radio Vaticana, padre Federico Lombardi:
Ritrovare
il coraggio per progettare il futuro dell'umanità, non con le illusioni delle ideologie
tramontate, ma con la libertà di raccogliere in un'ampia sintesi dinamica tutti gli
elementi offerti dall'esperienza negativa e positiva dei popoli, dalle riflessioni
delle diverse discipline, dalla fatica della ragione. Questa è una parte del messaggio
della nuova Enciclica, ma tutto ciò resterebbe velleitario e sterile senza il soffio
vivo che le offre l'ispirazione delle fede.
"La carità
nella verità pone l'uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono - dice il Papa
- La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme… L'essere umano è fatto
per il dono, che ne esprime e attua la dimensione di trascendenza"(n.34). E' un'affermazione
centrale. La logica del dono e della gratuità è la chiave di quella "fraternità" in
cui il Papa vede profilarsi le vere soluzioni dei drammatici problemi della famiglia
umana al tempo della globalizzazione: il persistere degli squilibri e della fame,
ma anche il degrado culturale e spirituale che attenta alla dignità della persona
umana vittima di dinamiche economiche esclusivamente utilitaristiche o di una ideologia
del potere illimitato della tecnica.
La crisi per
cui giustamente oggi si affannano con noi i potenti della terra, e di cui i poveri
portano gli effetti più duri, deve essere occasione per guardare più profondamente
chi siamo e dobbiamo essere - fratelli chiamati ad amare e donare - e dove dobbiamo
andare, al di là dell'orizzonte chiuso e cieco della materia. Se no, la globalizzazione
non diventerà una opportunità di vita, ma una spirale e un intreccio di schiavitù
sempre più drammatiche.