Il futuro dell'Africa appartiene agli Africani. Così Obama in visita nel Ghana
Dopo la Russia, il G8 all’Aquila e il colloquio con il Papa in Vaticano, il presidente
degli Stati Uniti Obama è dunque volato in Ghana a 52 anni dalla visita di Marthin
Luther King, in occasione dell’indipendenza del paese africano. Accolto con canti
e balli da migliaia di persone, il capo della Casa Bianca ha ricordato che l’Africa
non è separata dal contesto internazionale, poi, nel discorso al parlamento di Accra,
ha chiesto ai governi africani il rispetto della democrazia e la fine della corruzione
e incoraggiato i giovani a gettare le fondamenta della libertà per una vita migliore
Il servizio di Cecilia Seppia
“Il
Ghana è uno straordinario modello positivo per l'Africa e la visita in questo Paese
incoraggia Accra a sostenere le conquiste democratiche”. Così il presidente americano,
Barack Obama, ha esordito nella sua prima visita africana da capo della Casa Bianca,
incontrando stamani il suo omologo del Ghana, John Atta-Mills. “Sono venuto qui dopo
il G8 - ha detto ancora Obama, che più tardi parlerà al parlamento di Accra - per
mostrare che l'Africa non è separata dagli affari internazionali. Gli Stati Uniti
hanno un interesse costante nei confronti dell'economia e dello sviluppo di tutto
il continente africano”. E sui significati del viaggio di Obama in Ghana, Giancarlo
La Vella ha intervistato il giornalista americano, Dennis Redmont, responsabile comunicazione
del Consiglio Italia-Stati Uniti.
R. - Tutti i
viaggi di Obama sono organizzati con degli appuntamenti simbolici ed è molto significativo
che lui sia andato, subito dopo il G8, in Ghana. Questo Paese, nell’inconscio americano,
è anche il primo che ha raggiunto l’indipendenza dal colonialismo, è una nazione che
da un punto di vista democratico va abbastanza bene e dove si sono recati molti americani.
E’ anche un Paese che inizia ad avere delle risorse petrolifere, e nel quale gli Stati
Uniti vorrebbero avviare dei rapporti commerciali. In più, c’è una popolazione fiera
di accogliere il presidente Obama, del quale ha sempre apprezzato da lontano le gesta
in America. Ed è perciò molto significativo che lui si sia recato lì dopo il G8.
D.
- Obama potrebbe aprire una nuova strada nei rapporti tra l’Occidente e il continente
africano?
R. - Sicuramente, perché per prima cosa gli americani si sono resi
conto che l’Africa può essere una nuova frontiera, anche con i cambiamenti che sono
in corso nel continente, dove è avvenuta una transizione verso una società multirazziale
e dove diversi Paesi hanno fatto delle scelte democratiche. Ma anche per gli americani,
e soprattutto per gli afroamericani, c’è un importante collegamento con l’epoca della
schiavitù. Tante famiglie si trovano a riscoprire le loro radici in tutti quei territori
che hanno contribuito a creare quella grande comunità afroamericana, che inizia a
brillare nella società multietnica degli Stati Uniti.
D. - Questi impegni ufficiali
del presidente Obama che riscontro hanno a livello di popolarità all’interno degli
Stati Uniti?
R. - Diciamo che Obama presta molta attenzione a questo aspetto,
ma sa anche che non tutte le decisioni saranno popolari. Obama ha sempre detto che
lui punta a rimanere in carica per otto anni e quindi la popolarità avrà necessariamente
un andamento diversificato.
D. - Sicuramente, Obama è stato uno dei protagonisti
del G8: gli impegni presi dalla comunità internazionale potranno, grazie anche agli
Stati Uniti di Obama, essere finalmente rispettati concretamente?
R. - Credo
che Obama vorrà dimostrare che gli Stati Uniti possono portare avanti questi impegni.
Il tema del clima, ad esempio, è molto spinoso a livello nazionale, perché gli Stati
Uniti, anche sotto Bush, non hanno mai tentato di ratificare il protocollo Kyoto sulla
diminuzione dei gas nocivi al clima, perché il Congresso americano non lo avrebbe
mai approvato. Tocca perciò ad Obama convincere la sua maggioranza a votare in massa
per le misure sul clima. inoltre, si può dire che sull’Iran la comunità internazionale
è stata convinta ad assumere una posizione comune, e non si deve dimenticare che anche
la Russia ha firmato lo “statement” sul nucleare: questo Obama - lo ha detto in conferenza
stampa - lo considera una vittoria. E ha anche detto, molto chiaramente: "Ci vediamo
al G20, con un popolazione allargata di nazioni, per vedere se possiamo fare un passo
avanti sul nucleare. Se non lo faremo, allora potremo considerare un altro tipo di
atteggiamento. Noi abbiamo aperto la mano e non vogliamo ricevere un pugno in cambio".