2009-07-07 00:00:00

Per una globalizzazione a misura dell’uomo: pubblicata l’Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI sullo sviluppo umano integrale


“La Carità nella verità, di cui Gesù s’è fatto testimone” è “la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”: inizia, così, Caritas in veritate, Enciclica “sullo sviluppo umano integrale” indirizzata al mondo cattolico ma anche “a tutti gli uomini di buona volontà”, presentata stamani in Sala Stampa vaticana. Il Papa indica una nuova direzione per l’economia mondiale in vista di uno sviluppo che promuova la dignità della persona. Il servizio di Alessandro Gisotti

"Carità nella verità" è il principio guida per dare un nuovo volto alla globalizzazione. Benedetto XVI sottolinea che la Chiesa “non ha soluzioni tecniche da offrire”, ha però “una missione di verità da compiere” per “una società a misura dell’uomo”. Il primo capitolo dell’Enciclica è dedicato al Messaggio della Populorum Progressio di Paolo VI. Senza Dio, avverte, lo sviluppo viene negato, “disumanizzato” e, riprendendo l’Humanae Vitae, mette l’accento sui “forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale”. “Le cause del sottosviluppo - constata - non sono primariamente di ordine materiale”. Sono innanzitutto nella volontà, nel pensiero e “nella mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli”. “La società sempre più globalizzata - rileva - ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”. Bisogna allora mobilitarsi, affinché l’economia evolva “verso esiti pienamente umani”.

Nel secondo capitolo di Caritas in veritate, il Papa entra nel vivo dello Sviluppo umano nel nostro tempo. Ed enumera alcune distorsioni dell’economia: un’attività finanziaria “per lo più speculativa”, flussi migratori “spesso solo provocati” e poi mal gestiti e, ancora, “lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra”. Dinnanzi a tali problemi interconnessi, il Papa invoca “una nuova sintesi umanistica”. La crisi, è la sua esortazione, “ci obbliga a riprogettare il nostro cammino”. Lo sviluppo, constata il Papa, è oggi “policentrico”. “Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità”. D’altronde, “gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità” di donatori e fruitori. Al contempo, denuncia il Pontefice, c’è “un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale” da parte dei Paesi ricchi, “specialmente nel campo sanitario”.

Benedetto XVI rivolge poi l’attenzione alla delocalizzazione di produzioni di basso costo. “Questi processi - è il suo monito - hanno comportato la riduzione delle reti di sicurezza sociale”, con “grave pericolo per i diritti dei lavoratori”. A ciò si aggiungono “i tagli alla spesa sociale, spesso anche promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali”, e le limitazioni delle libertà sindacali. Ricorda perciò ai governanti che “il primo capitale” da valorizzare è “la persona nella sua integrità”. Sul piano culturale, si aprono nuove prospettive di dialogo, ma vi è anche un duplice pericolo: l’eclettismo culturale e “l’omologazione degli stili di vita”. Il Papa affronta, quindi, lo scandalo della fame. Manca, denuncia, “un assetto di istituzioni economiche in grado” di fronteggiare tale emergenza. Auspica il ricorso a “nuove frontiere” nelle tecniche di produzione agricola ed un’equa riforma agraria nei Paesi in via di sviluppo.

Benedetto XVI tiene a sottolineare che il rispetto per la vita “non può in alcun modo essere disgiunto” dallo sviluppo dei popoli. In varie parti del mondo, avverte, perdurano pratiche di controllo demografico che “giungono a imporre anche l’aborto”. Inoltre, prosegue, vi è “il fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati” a “politiche sanitarie implicanti di fatto l’imposizione” del controllo delle nascite. Preoccupanti sono pure le “legislazioni che prevedono l’eutanasia”. Quando una società s’avvia verso la soppressione della vita, è il suo richiamo, “finisce per non trovare più” motivazioni ed energie “per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo”. Altro aspetto legato allo sviluppo è la libertà religiosa. La promozione dell’ateismo da parte di molti Paesi, afferma, sottrae “risorse spirituali e umane” allo sviluppo dei popoli. Il Papa auspica, quindi, che le scelte economiche attuali continuino “a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro” per tutti. Mette in guardia da un’economia “del breve e talvolta brevissimo termine”. E conclude sulla globalizzazione: “Senza la guida della carità nella verità” può creare nuove divisioni.

Fraternità, Sviluppo economico e società civile è il tema del terzo capitolo dell’Enciclica, che si apre con un elogio dell’esperienza del dono. L’autonomia dalle “influenze di carattere morale - rileva il Papa - ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo”. Lo sviluppo, “se vuole essere autenticamente umano”, deve invece “fare spazio al principio di gratuità”. Ciò vale in particolare per il mercato che, riafferma, “non può contare solo su se stesso” e non deve considerare i poveri un “fardello, bensì una risorsa”. Il mercato non deve diventare “luogo della sopraffazione del forte sul debole”. L’attuale crisi, aggiunge, mostra che i “tradizionali principi dell’etica sociale” - trasparenza, onestà e responsabilità - “non possono venire trascurati”. Al contempo, ricorda che l’economia non elimina il ruolo degli Stati ed ha bisogno di “leggi giuste” e incoraggia una “civilizzazione dell’economia” attraverso “forme economiche solidali”.

La crisi attuale, annota, richiede anche dei “profondi cambiamenti” per l’impresa, la cui gestione “non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari”. E offre una nuova valutazione del fenomeno globalizzazione, da non intendere solo come “processo socio-economico”. “Non dobbiamo esserne vittime - esorta - ma protagonisti”, guidati dalla carità e dalla verità”. Alla globalizzazione serve “un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza”. C’è, aggiunge, “la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza”, ma la diffusione del benessere non va frenata “con progetti egoistici, protezionistici”.

Nel quarto capitolo, l’Enciclica sviluppa il tema dello Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente. Si nota, osserva il Papa, “la rivendicazione del diritto al superfluo” nelle società opulente, mentre mancano cibo e acqua in certe regioni sottosviluppate. “I diritti individuali svincolati da un quadro di doveri”, rileva, “impazziscono”. Diritti e doveri, precisa, rimandano ad un quadro etico. Governi e organismi internazionali non possono dimenticare “l’oggettività e l’indisponibilità” dei diritti. Al riguardo, si sofferma sulle “problematiche connesse con la crescita demografica”. E’ “scorretto”, afferma, “considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo”. Riafferma che la sessualità non si può “ridurre a mero fatto edonistico e ludico”. Né si può regolare la sessualità con politiche materialistiche “di forzata pianificazione delle nascite”. Piuttosto, è la sua esortazione, gli Stati “sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità della famiglia”.

“L’economia - ribadisce ancora Benedetto XVI - ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi bensì di un’etica amica della persona”. Ciò vale anche “negli interventi per lo sviluppo” della cooperazione internazionale, che devono sempre coinvolgere i beneficiari. “Gli organismi internazionali - esorta il Papa - dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici”, “spesso troppo costosi”. Capita a volte, constata, che “i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche”. Di qui l’invito ad una “piena trasparenza” sui fondi ricevuti. Gli ultimi paragrafi del capitolo sono dedicati all’ambiente, dono di Dio da usare responsabilmente. In tale contesto, si sofferma sulle problematiche energetiche. “L’accaparramento delle risorse” da parte di Stati e gruppi di potere, denuncia il Pontefice, costituisce “un grave impedimento per lo sviluppo dei Paesi poveri”. La comunità internazionale deve perciò “trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili”. Le società industrializzate, aggiunge, “devono diminuire il proprio fabbisogno energetico”, mentre deve “avanzare la ricerca di energie alternative”. In fondo, esorta il Papa, “è necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita”.

La collaborazione della famiglia umana è il cuore del quinto capitolo. La religione cristiana, è il monito del Pontefice, può contribuire allo sviluppo “solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica”. Con “la negazione del diritto a professare pubblicamente la propria religione”, la politica “assume un volto opprimente e aggressivo”. E avverte: “Nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo” tra fede e ragione. Fa quindi riferimento al principio di sussidiarietà, che offre un aiuto alla persona attraverso i corpi intermedi. La sussidiarietà, spiega, “è l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista”. Gli aiuti internazionali, infatti, “possono a volte mantenere un popolo in uno stato di dipendenza”, per questo, è il suo auspicio, vanno erogati coinvolgendo i soggetti della società civile. Quindi, esorta gli Stati ricchi a “destinare maggiori quote” del Pil per lo sviluppo, rispettando gli impegni presi. Il Papa condanna inoltre con forza il fenomeno perverso del turismo sessuale. “E’ doloroso constatare - osserva - che ciò si svolge spesso con l’avallo dei governi locali, con il silenzio di quelli da cui provengono i turisti e con la complicità di tanti operatori del settore”.

Affronta così il fenomeno delle migrazioni. “Nessun Paese da solo - è il suo monito - può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori”. Ogni migrante, soggiunge, “è una persona umana” che “possiede diritti che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”. Il Papa chiede che i lavoratori stranieri non siano considerati come una merce. Invoca un lavoro decente per tutti e invita i sindacati a volgere lo sguardo verso i lavoratori dei Paesi dove i diritti sociali vengono violati. La finanza, ripete, “dopo il suo cattivo utilizzo” torni ad essere uno strumento finalizzato allo sviluppo. Il Papa chiede inoltre “una regolamentazione del settore” per garantire i più deboli. L’ultimo paragrafo del capitolo lo dedica “all’urgenza della riforma” dell’Onu e “dell’architettura economica e finanziaria internazionale”. E’ necessaria “la presenza di una vera Autorità politica mondiale”, che si attenga “ai principi di sussidiarietà e di solidarietà” e goda di un “potere effettivo”. E conclude con l’appello ad istituire “un grado superiore di ordinamento internazionale” per governare la globalizzazione.

Il sesto ed ultimo capitolo è incentrato sul tema dello Sviluppo dei popoli e la tecnica. Il Papa mette in guardia dalla “pretesa prometeica” secondo cui “l’umanità ritiene di potersi ricreare avvalendosi dei ‘prodigi’ della tecnologia”. La tecnica, è il suo monito, non può avere una “libertà assoluta”. Campo primario “della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica”, spiega il Papa che aggiunge: “La ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza”. La questione sociale diventa “questione antropologica”. La ricerca sugli embrioni, la clonazione, è il rammarico del Pontefice, “sono promosse dall’attuale cultura” che “crede di aver svelato ogni mistero”. Viene quindi ribadito che “lo sviluppo deve comprendere una crescita spirituale oltre che materiale”. Infine, l’esortazione di Benedetto XVI ad avere un “cuore nuovo” per “superare la visione materialistica degli avvenimenti umani”. E conclude l’Enciclica, sottolineando che lo sviluppo ha bisogno di “amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace”.

(Tratto dall'Archivio di radiovaticana.va)








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