"Caritas in veritate": il contesto economico, sociale e finanziario mondiale della
terza Enciclica del Papa
Il giorno della presentazione della nuova Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in
veritate, vede i leader del mondo convergere sull'Abruzzo per l'imminente inizio
del G8, sotto la presidenza italiana. Una contiguità che fa risaltare ancor più le
tematiche sociali affrontate dal documento pontificio. In questa scheda, Luis Badilla
tratteggia lo sfondo socio-economico e politico-finanziario dell'ultima Enciclica
papale:
Alla vigilia della Conferenza di Doha promossa dall'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite sul finanziamento allo sviluppo (dicembre 2008), il Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace pubblicò con un’esplicita approvazione della
Segreteria di Stato, una Nota come “contributo al dialogo”. Da questo testo si possono
evidenziare le principali caratteristiche del momento economico, sociale e finanziario
all’interno del quale possono essere letti i contenuti della prossima terza enciclica
di Benedetto XVI.
L’odierna crisi internazionale. Precipitare della
crisi finanziaria globale originatasi nel mercato dei mutui subprime negli Stati Uniti.
Al rialzo dei prezzi agricoli ed energetici verificatosi nei primi mesi del 2008,
dunque, si è aggiunta una crisi finanziaria per certi versi drammatica, con conseguenze
assai negative: soprattutto il tema del finanziamento allo sviluppo rischia di essere
messo in secondo piano.
Crisi e sovranità nazionali. Siamo di fronte
alla necessità di una semplice revisione, o di una vera e propria rifondazione del
sistema delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali? Molti soggetti,
pubblici e privati nazionali e internazionali, richiedono una sorta di nuova Bretton
Woods. Al di là dell'espressione utilizzata, la crisi ha indubbiamente riportato in
primo piano l'urgenza di individuare nuove forme di coordinamento internazionale in
materia monetaria, finanziaria e commerciale. Oggi appare chiaro che la sovranità
nazionale è insufficiente; persino i grandi Paesi sono consapevoli del fatto che non
è possibile raggiungere gli obiettivi nazionali contando unicamente sulle politiche
interne: accordi, regole e istituzioni internazionali sono assolutamente necessari.
Occorre evitare che si inneschi la catena del protezionismo reciproco; piuttosto si
devono rafforzare le pratiche di cooperazione in materia di trasparenza e di vigilanza
sul sistema finanziario. È persino possibile raggiungere soluzioni di «sovranità condivisa»,
come dimostra la storia dell'integrazione europea, a partire dai problemi concreti,
dentro una visione di pace e di prosperità, radicata in valori condivisi.
Paesi
ricchi e Paesi poveri. I flussi finanziari che connettono i Paesi sviluppati coi
Paesi a basso reddito presentano almeno due elementi paradossali. il primo è rappresentato
dal fatto che nel sistema globale sono i Paesi «poveri» a finanziare i Paesi «ricchi»,
che ricevono risorse provenienti sia dalle fughe di capitale privato, sia dalle decisioni
governative di accantonare riserve ufficiali sotto forma di attività finanziarie «sicure»
collocate nei mercati finanziariamente evoluti o nei mercati «offshore». Il secondo
paradosso è che le rimesse degli emigrati — cioè della componente meno «liberalizzata»
dei processi di globalizzazione — comportano un afflusso di risorse che, a livello
macro, superano largamente i flussi di aiuto pubblico allo sviluppo. È come dire che
i poveri del «Sud» finanziano i ricchi del «Nord» e gli stessi poveri del «Sud» devono
emigrare e lavorare al «Nord» per sostenere le loro famiglie al «Sud». Regolamentazione
del mercato finanziario. La crisi attuale è maturata in un contesto decisionale
in cui l'orizzonte temporale degli operatori finanziari era estremamente breve e in
cui la fiducia — ingrediente essenziale del «credito» — era più riposta nei meccanismi
del mercato che nelle relazioni fra partner. Non a caso, la fiducia è venuta meno
proprio nel comparto che era ritenuto «sicuro» per antonomasia, ossia le transazioni
interbancarie; ma senza questa fiducia si blocca tutto, inclusa la possibilità di
normale funzionamento delle imprese produttive. Le crisi finanziarie e le loro conseguenze
hanno, infatti, come componente l'aspettativa che il clima finanziario peggiori. Tutto
ciò induce gli operatori a comportarsi in un modo che rende più probabile il peggioramento
effettivo della situazione con un prevedibile effetto cumulativo. Con la crisi, è
venuta improvvisamente meno la fiducia fideistica riposta nel mercato, inteso come
meccanismo capace di autoregolarsi e di generare sviluppo per tutti. Fiducia,
trasparenza e regole. I mercati finanziari non possono operare senza fiducia;
e senza trasparenza e senza regole non ci può essere fiducia. Il buon funzionamento
del mercato richiede dunque un importante ruolo dello Stato e, dove appropriato, della
comunità internazionale nel fissare e nel far rispettare regole di trasparenza e di
prudenza. Si deve ricordare, però, che nessun intervento di regolazione può «garantire»
la sua efficacia a prescindere dalla coscienza morale ben formata e dalla responsabilità
quotidiana degli operatori del mercato, specie degli imprenditori e dei grandi operatori
finanziari. Le regole di oggi, essendo disegnate sull'esperienza di ieri, non necessariamente
preservano dai rischi di domani. Così, se anche esistono buone strutture e buone regole
che aiutano, occorre ricordare che da sole non bastano, l'uomo non può mai essere
cambiato o redento semplicemente dall'esterno. Occorre raggiungere l'essere morale
più profondo delle persone, occorre una reale educazione all'esercizio della responsabilità
nei confronti del bene di tutti, da parte di tutti i soggetti, a tutti i livelli:
operatori finanziari, famiglie, imprese, istituzioni finanziarie, autorità pubbliche,
società civile. Ruolo della società civile nel finanziamento allo
sviluppo. La finanza per lo sviluppo richiede di mettere a tema sia l'aiuto pubblico
allo sviluppo, sia il ruolo degli altri attori: persone, imprese, organizzazioni.
In particolare, la società civile non solo svolge un importante ruolo attivo nella
cooperazione allo sviluppo, ma essa riveste un ruolo significativo anche nel finanziamento
dello sviluppo. Lo fa, innanzitutto, attraverso la contribuzione volontaria da persona
a persona, come nelle rimesse degli emigranti, o tramite forme organizzative relativamente
semplici (si pensi all'adozione a distanza). Ci sono poi le risorse per lo sviluppo
messe in moto dalle imprese, nell'esercizio attivo della propria responsabilità sociale;
e quelle, talvolta assai cospicue, che vengono stanziate da parte di importanti Fondazioni.Anche
l'adozione di comportamenti responsabili in materia di consumo e di investimento costituisce
una importante risorsa per lo sviluppo. Il diffondersi di tali comportamenti responsabili,
dal punto di vista degli effetti materiali, può fare la differenza sul funzionamento
di certi particolari mercati; ma la loro importanza risiede soprattutto nel fatto
che essi esprimono una concreta partecipazione da parte delle persone — in quanto
consumatori, in quanto investitori del risparmio familiare oppure in quanto decisori
delle strategie aziendali — alla possibilità che i più poveri escano dalla loro condizione
di povertà. Mezzi e fini. Un'ultima, importante cautela: bisogna
stare attenti a non confondere i mezzi (le risorse finanziarie) e il fine, ossia lo
sviluppo. Non basta predisporre un ammontare adeguato di finanziamenti per pensare
di ottenere, in modo meccanico, lo sviluppo. Esso non è tanto il «risultato» che si
troverà alla fine, ma la strada che giorno per giorno viene tracciata dalle scelte
concrete di molteplici attori: Governi donatori e riceventi, organizzazioni non governative,
comunità locali.