Nel pomeriggio cerimonia di beatificazione di suor Jeanne-Emilie de Villeneuve
Si terrà nel pomeriggio a Castres, cittadina vicina ai Pirenei francesi, la solenne
Messa di Beatificazione di Jeanne-Emilie de Villeneuve, la religiosa fondatrice della
Congregazione dell’Immacolata Concezione, alla quale appartengono le cosiddette "Suore
azzurre". Sulla nuova beata ascoltiamo al microfono di Roberto Piermarini la
postulatrice della causa di beatificazione, suor Maria Luisa Ayres:
R. – Jeanne-Emilie
de Villeneuve nasce a Tolosa il 9 Marzo 1811 e muore a Castres il 2 Ottobre 1854,
molto giovane. Nei primi anni della sua infanzia ha vissuto in un castello perché
era di famiglia nobile. I suoi genitori l’hanno formata alla vita cristiana. Quando
aveva 14 anni sua mamma è morta e tre anni dopo è deceduta anche sua sorella. Questo
ha influenzato molto la vocazione di Emilie perché ha capito che la vita non doveva
essere vissuta come l’unica cosa su questa Terra. Lei pensava di farsi religiosa nella
Congregazione delle Suore di San Vincenzo de Paoli, perché voleva andare in missione.
Suo padre, però, che aveva già perso la moglie e una figlia, non voleva perdere anche
Emilie. Allora le chiese di prendersi del tempo per riflettere. In questo tempo, lei
ha sentito attraverso l’arcivescovo di Albi, che Dio la chiamava a fondare una Congregazione,
proprio per sentire e aiutare i giovani che vivevano a Castres, in quel momento, e
i bambini poveri. Il suo scopo era questo: aiutare tutti quelli che avevano bisogno.
D.
– Cosa può dire all’uomo di oggi il carisma di Suor Jeanne Marie de Villeneuve?
R.
– L’uomo di oggi ha bisogno di trovare Dio nella sua strada, come ha bisogno di cose
materiali, di salute, di accoglienza. Emilie guardava sempre a questo, perché diceva:
“Dobbiamo andare dove la voce dei poveri chiama”. Questo non solo nel senso della
povertà materiale, ma anche quando le persone sono sole, soffrono e sono malate. Lei
lo faceva sempre. Nei primi anni della Congregazione, ha fondato un centro per accogliere
le prostitute, le ragazze che vivevano sulle strade di Castres.
D.
– Altre opere che ha fatto?
R. – La scuola, gli ospedali,
le parrocchie. Le suore hanno lavorato per queste opere, quando lo chiedevano parroci
e vescovi. Più tardi conobbe padre Liebermann, che lavorava nelle missioni in Africa.
Lei, che aveva questo desiderio di andare in missione, ha presto inviato diverse suore
in Africa. Oggi le suore si trovano in quattro Paesi africani e in altri Stati del
mondo.
D. – Quale eredità ha lasciato alla sua Congregazione
la nuova beata?
R. – Ha lasciato un’eredità di una
vita di profonda unione a Dio, perché diceva sempre: “Si deve vedere Dio in tutte
le cose e tutte le cose in Dio e per questo si deve ascoltare la Parola di Dio, fare
momenti di preghiera profondi per poter guardare il mondo con gli occhi di Gesù”.
Si doveva fare tutto questo e pregare per poter vivere un’azione contemplativa, sempre
cercando i più poveri, quelli che hanno più bisogno.
D.
– Perché vi definiscono “le suore azzurre di Castres”?
R.
– Perché quando Suor Emilie ha fondato la Congregazione, l’ha messa sotto la protezione
di Maria - Suore dell’Immacolata Concezione - anche se il dogma è stato proclamato
poco dopo, perché lei l’ha fondato nel 1836. Le monache di quel tempo erano sempre
vestite di nero. Lei, quando le hanno chiesto quale sarebbe stato il colore dell'abito,
ha risposto: “Le nostre suore saranno vestite di blu”. Allora hanno osservato: “Ma
questo è un problema, perché non ci sono suore vestite di blu”. Ed Emilie ha detto:
“Ma la Vergine di Hauterive - dove c’era il castello e dove lei pregava molto - vuole
così”.