Dopo il golpe, l'Honduras esce dall'Organizzazione degli Stati americani. L'analisi
di Roberto Da Rin
L’Honduras lascia l’Organizzazione degli Stati americani (Osa). A dichiararlo, in
un messaggio televisivo a tutta la nazione, sono state le nuove autorità che hanno
destituito il 28 giugno scorso il presidente eletto, Manuel Zelaya. L’annuncio anticipa
la scadenza dell’ultimatum di 72 ore dell’Osa al Paese centroamericano. Dall’esilio,
intanto, il presidente Zelaya sta preparando il suo rientro nel Paese. Ma chi c’è
dietro al golpe e come evolverà la situazione politica e sociale del paese? Roberta
Rizzo lo ha chiesto a RobertoDa Rin, giornalista del Sole 24 Ore
ed esperto di America Latina:
R. - Non
si può dire con certezza chi ci sia dietro il golpe di Micheletti. Chi - in modo un
po’ dietrologico - ha affermato che fossero gli Stati Uniti si è sbagliato, perché
per la prima volta è accaduto un fatto inedito: ovvero, c’è stata in prima battuta
una linea comune costituita sia dagli Stati Uniti, sia dall’ala più radicale dell’America
Latina, con il Venezuela, la Bolivia, l’Ecuador. Non era mai accaduto in precedenza
che su questioni di politica internazionale ci fosse un’identità di vedute.
D.
- La comunità internazionale sembrava impreparata, non si aspettavano un colpo di
Stato?
R. - La comunità internazionale è rimasta
spiazzata. Non va dimenticato che i Paesi centroamericani sono quelli più arretrati
da un punto di vista politico ed economico. L’Honduras è uno di questo. Il Paese non
è progredito dal punto di vista politico, né economico, né istituzionale, però ha
avuto un flusso di dollari di varia provenienza, che ne ha in qualche modo ingigantito
le possibilità finanziarie. Parimenti, non c’è stata una crescita di nessun genere.
D.
- L’Onu e l’Organizzazione degli Stati americani hanno chiesto il ritorno immediato
e senza condizioni del presidente Zelaya. Immediata però è stata anche la risposta
del governo ad interim, quella di uscire dall’Osa…
R.
- L’Osa ha anticipato l’espulsione dell’Honduras da questo organismo. E’ una prima
ritorsione politica. Un’altra riguarda l’annuncio di Washington della sospensione
di erogazione di fondi all’Honduras da parte della Banca Mondiale.
D.
- Lei è stato lì sul posto, ha visto un paese spaccato in due?
R.
- A seconda delle città e a seconda dei quartieri di Tegucicalpa, ci sono manifestazioni
pro o contro Micheletti. C’è il rischio di una guerra civile. Il Paese è piccolo,
ci sono solo sei milioni di abitanti, però la tensione è alta.