2009-06-29 15:22:44

La pace in Medio Oriente tra diplomazia ed emergenza umanitaria, come per i palestinesi di Gaza. Intervista con Ianiki Cingoli


Durante la recente udienza ai membri della Roaco - la Riunione delle Opere in Aiuto delle Chiese Orientali - Benedetto XVI si è soffermato sulla situazione nella Striscia di Gaza chiedendo sia affrontata con “competenza e solidarietà”. Un problema sottolineato anche dal Comitato internazionale della Croce Rossa, che nel suo ultimo rapporto ha parlato di un milione e mezzo di palestinesi vittime della povertà. Per un’analisi sulla situazione a Gaza, Linda Giannattasio ha chiesto un parere a Ianiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Dopo la fine della guerra a Gaza, tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di gennaio, la situazione è rimasta paralizzata. Manca l’afflusso di beni anche di prima necessità e la cosa grave è, soprattutto, che gli israeliani impediscono l’afflusso di cemento e di acciaio, necessario per la ricostruzione delle oltre seimila abitazioni distrutte con la guerra. Questo perché affermano che Hamas potrebbe utilizzare tali materiali per costruire rifugi contro l’esercito israeliano.  
D. - Parallelamente all’emergenza umanitaria, a che punto è il dialogo israelo-palestinese?
 
R. - Proprio negli ultimi giorni, sono emerse notizie di una trattativa chiamata sui giornali israeliani “il grande accordo”, nella quale si parla della possibilità di un'intesa per la restituzione del soldato Shalit - rapito circa tre anni fa - in cambio di qualche centinaio di prigionieri palestinesi, ma anche del consolidamento del cessate-il-fuoco dichiarato da tutte e due le parti, una a gennaio, e della riapertura dei valichi con una presenza di una forza internazionale a Gaza. Si parla pure di un aumentato controllo da parte egiziana e internazionale per evitare il traffico di armi. Quindi, un accordo di questo tipo andrebbe, in qualche modo, nel direzione di una stabilizzazione della presa di Hamas su Gaza. Su questo ci sono però anche i colloqui in corso tra Fatah e Hamas per arrivare alla costituzione di un governo unità nazionale. In sostanza, c’è molto movimento in questa fase.
 
D. - A margine del G8, il quartetto del Medio Oriente ha chiesto al governo israeliano di congelare tutti gli insediamenti perché la situazione a Gaza è insostenibile…
 
R. - Il contenzioso in questo momento è su quello che Netanyahu chiama la cosiddetta “crescita naturale degli insediamenti esistenti”. Ora, Netanyahu sta cercando di negoziare, con Barak che domani volerà negli Stati Uniti per parlare con Mitchell, il delegato di Obama per il Medio Oriente, per cercare di sfruttare al massimo l’attenzione ottenuta col suo intervento sulla disponibilità ai due Stati per ottenere un’attenuazione della pressione degli Stati Uniti rispetto a questo specifico problema.
 
D. - Di cosa c’è più bisogno nella Striscia di Gaza? Cosa può fare la comunità internazionale?
 
R. - C’è bisogno di beni di prima necessità, di consumo. Ma c’è bisogno soprattutto di un’iniziativa politica più forte, dell’Europa che - più di quanto stanno facendo gli Stati Uniti - sostenga l'opera mirata a sbloccare la situazione e a imporre la ripresa del processo di pace.







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