Solennità dei Santi Pietro e Paolo: Benedetto XVI impone il sacro pallio a 34 arcivescovi
Domani mattina, alle 9.30, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa
nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni dell’Alma Città di Roma. Concelebrano
34 arcivescovi metropoliti, ai quali Benedetto XVI imporrà il sacro pallio, la stola
di lana bianca, simbolo della potestà vescovile esercitata in comunione con la Chiesa
di Roma. Quella di domani è una festa che offre ai cristiani l’opportunità di riflettere
sulla testimonianza di queste due grandi personalità. Tiziana Campisi ne ha
parlato con don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano
di Roma:
R. – Su Pietro
è possibile dire che è il nome stesso a rivelarne l’identità. Prima di Gesù “Pietro”
non era un nome di persona; è Gesù che dà questo nome, e ciò indica il desiderio che
ci sia una roccia su cui costruire, una pietra su cui la Chiesa sarà edificata. Già
il solo nome di Pietro dice la volontà di Gesù di fondare la Chiesa, di lasciare un
gruppo di apostoli che continuasse la sua missione. Per delineare invece i tratti
di San Paolo potremmo usare due grandi immagini. La prima è quella del suo pellegrinare
come missionario. Un esegeta ha calcolato che San Paolo ha fatto 16 mila 500 km, fra
percorsi sulla terraferma e in barca. C’è una frase della Lettera ai Romani dove l’Apostolo
spiega in maniera molto profonda cosa lo spingeva a questo; dice: “Io mi sento in
debito verso tutti, verso i greci, verso gli ebrei, verso gli ignoranti, verso i colti”.
È bellissimo questo “sentirsi in debito” di chi ha ricevuto una cosa così straordinaria
e non é in pace con se stesso finché non l’ha donata a tutti quelli che non ce l’hanno.
La seconda immagine che mi viene in mente è quella della spada. Nell’iconografia Paolo
viene sempre rappresentato con la spada e con un libro e la spada non è solo lo strumento
del martirio, ma anche la parola che può essere tagliente. Ne abbiamo bisogno in un
tempo come questo così confuso dove tutto si confonde con tutto. Paolo ha amato spiegare,
parlare, scrivere, per mostrare che questa Parola è quella di Dio, e che essa serve
veramente a capire la vita. D. – Cosa possiamo dire dell’incontro
di queste due personalità? R. - A me piace sottolineare proprio
la comunione dei due. E’ chiaro che sono due personalità diversissime ma è interessante
riflettere sul fatto che Paolo ha sempre cercato Pietro. Si rende conto che la comunione
con Cefa è decisiva, anche quando litiga con Cefa lo fa perché ritiene fondamentale
essere in comunione con lui. Mi sembra significativo che in queste due figure c’è
il primo degli Apostoli ma ci sono tutti gli Apostoli e l’amore e la fede tengono
queste due cose insieme tranquillamente, senza nessuna opposizione. D.
– Perché San Pietro e San Paolo sono patroni di Roma e quale rapporto hanno avuto
con l’Urbe? R. – “Patroni” è una parola che sembra antica, ricorda
anzitutto la parola “padre”, ci ricorda che Roma ha delle radici, che noi siamo quello
che siamo perché Pietro e Paolo sono venuti a Roma, e credo che la città ne porti
in maniera indelebile il segno. Basta girare per Roma ed è evidente che questi padri
ne hanno cambiato e indirizzato il destino. La parola “Patroni” porta con sé anche
il segno della preghiera, cioè noi crediamo che Pietro e Paolo sono vivi nel cielo,
lo crediamo profondamente, con Cristo, e che pregano per questa città, pregano per
la sua Chiesa, pregano per tutti noi e, quindi, ci rivolgiamo a loro non solo nel
senso di una memoria, ma anche di una vita che ci accompagna, che prega per noi.