Caritas italiana preoccupata per la crisi: "Servono scelte per rafforzare il tessuto
sociale"
L’aggravarsi della crisi in Italia, con la conseguente perdita di posti di lavoro
e impoverimento della popolazione, preoccupa molto la Caritas italiana, che a livello
diocesano non ce la fa a fronteggiare economicamente le numerose richieste. A metà
anno già molti centri d’ascolto diocesani hanno esaurito i fondi. “Non possiamo svolgere
solo noi un ruolo di delega, riempiendo i portamonete ogni volta - afferma mons. mons.
Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana ripreso dall'agenzia Sir -. C’è urgente
bisogno di scelte politiche serie, che contribuiscano a rafforzare di nuovo il tessuto
sociale”. La preoccupazione di mons. Nozza è stata espressa oggi, parlando ad alcuni
media cattolici, durante il 33° convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso
dal 22 al 25 giugno a Torino. Nell’ottobre scorso il rapporto Caritas-Zancan già parlava
di 7 milioni e mezzo di poveri in Italia, prefigurando anche un potenziale di 15 milioni
di persone in difficoltà, ai quali si stanno dando molteplici risposte tramite strumenti
diversi, come i circa 6000 centri d’ascolto parrocchiali e diocesani, gli osservatori
povertà e risorse, e una “abbondante progettualità” su temi nuovi come il microcredito
e i fondi di solidarietà. Nonostante le 120 iniziative contro la crisi avviate a livello
diocesano, il Prestito di solidarietà della Cei, i servizi Caritas radicati su tutto
il territorio italiano, anche grazie ai fondi dell’otto per mille, si fatica a rispondere
agli innumerevoli e nuovi bisogni. “Non si tratta di vere e proprie povertà ma di
situazioni di precarietà e difficoltà - spiega mons. Nozza -. La gente, soprattutto
quando perde il lavoro, non ha i soldi per pagare l’affitto, le bollette, e si rivolge
ai nostri centri d’ascolto per chiedere aiuto. Ma quanto a lungo si potrà reggere?”
Con due problemi in più: l’assenza di interlocuzione con le istituzioni nazionali
- “tutti i tavoli su temi sociali, tra cui immigrazione, cpt, tratta, non sono stati
più convocati” - e la mancanza di un consenso univoco, anche all’interno dello stesso
mondo cattolico. “C’è un oscuramento generale della mentalità - rileva mons. Nozza
-. Prima le nostre buone azioni provocavano solidarietà, consenso e qualche applauso.
Ora vengono percepite da alcuni come non opportune e fastidiose. Arrivano anche messaggi
di disapprovazione che ci accusano di essere ‘troppo accoglienti’ o ‘troppo disponibili’,
soprattutto in materia di immigrazione”. Secondo il direttore della Caritas oggi “la
ragione e il cuore non camminano più insieme, e l’attenzione, il rispetto e la disponibilità
nei confronti dell’altro sembrano passati di moda”.Ma attenzione, avverte mons. Nozza:
“Facendo sparire la prossimità quotidiana rischiamo di ritrovarci tutti in condizione
di maggiore insicurezza”. “La difficoltà di vivere con fiducia e l’insicurezza - osserva
- non sono dovuti ai nuovi che arrivano, ma al fatto che il tessuto sociale si è frantumato.
Si punta il dito sugli ultimi arrivati, ma è solo lo spettro di una nostra paura e
di un nostro disagio che ci sta portando all’isolamento”. “L’attenzione nei confronti
degli immigrati e dei più emarginati - aggiunge - viene letta come disattenzione nei
confronti della precarietà degli italiani”. Mons. Nozza non nasconde, in materia di
migrazioni, una “distanza” con il governo, “perché ha una lettura semplificata del
fenomeno, alla quale noi opponiamo una lettura complessa, da affrontare con una molteplicità
di azioni”. (R.P.)