Padre Rupnik parla dei suoi mosaici nella Chiesa inferiore di San Pio, illustrati
al Papa al termine della visita pastorale
Dopo il discorso al clero e ai giovani, Benedetto XVI è sceso nella Chiesa inferiore
di San Pio da Pietrelcina. Qui ha potuto ammirare i mosaici di padre Marco Ivan
Rupnik. Lo stesso padre gesuita ha illustrato al Papa il significato teologico
della sua opera, che fonde mirabilmente la vita di San Pio con quella di San Francesco
d’Assisi. Proprio su questo binomio, si sofferma padre Rupnik intervistato da Debora
Donnini:
R. – Lui
aveva un grande senso per l’uomo contemporaneo al quale si rivolgeva. Allora mi sono
posto la domanda: che cosa tirare fuori da tutto questo per la mentalità odierna,
per l’uomo di oggi? Mi sembrava importante far vedere che cosa è un Santo. Un Santo
non è mai da solo, un individuo eccezionale, come si rischia alle volte di pensare.
Allora bisogna far vedere che in Padre Pio noi troviamo una similitudine a un altro
Santo, perché è simile alla Chiesa, lui è tessuto dentro la Chiesa e siccome la Chiesa
è una comunione delle persone che vivono veramente la vita che abbiamo ricevuto dal
Battesimo, allora siamo uno legato all’altro, la nostra vita è legata alla vita dell’altro.
In Pio io ho trovato Francesco. Poi c’è un altro tratto: ogni Santo è simile a un
altro ma, soprattutto, è simile a Cristo. Allora io ho cercato tre caratteristiche
costanti. D. – Che cosa l’ha ispirata nel descrivere queste
immagini? C’è questa raffigurazione di Gesù Cristo in croce e Padre Pio anch'egli
in croce abbracciato a Lui… R. – Qui si vede quello che dicevo
prima, cioè il Santo è Santo perché è simile a Cristo, ha realizzato la somiglianza
a Cristo, ma la somiglianza a Cristo non si raggiunge attraverso un’imitazione esterna,
un modello che io imito: questo è spersonalizzante, moralmente dubbio e spiritualmente
non sano. Noi riceviamo la stessa vita di Cristo perciò possiamo diventare simili
a Lui, per la comunione che ci unisce. Vediamo Padre Pio che contempla Francesco come
“alter Cristus” che era il grande titolo di Francesco nella Chiesa, “l’altro Cristo”.
Siccome i padri dicono: noi diventiamo ciò che contempliamo, ecco, lui contempla la
vita di Francesco in cui trova Cristo e in Padre Pio cresce Cristo, cresce la sua
vita. D. – C’è una di queste scene della vita di Padre Pio che
l’ha particolarmente coinvolta e che, secondo lei, in qualche modo, rappresenta il
messaggio ciò che Padre Pio dice a noi, all’uomo? R. – Per me,
fondamentale, è la lotta spirituale. Padre Pio è un grande testimone che il male non
è una forza cieca che si può dominare con la politica, la sociologia, la psicologia,
ma è una forza che ha i fondamenti nel mondo dello spirito e necessita di una vita
spirituale, di una lotta spirituale, che non si può prendere solo dall’uomo ma che
si deve attingere in Dio. Perciò, secondo me, è la cosa che veramente oggi, in un
mondo un po’ leggero, spensierato, lui testimonia. Dietro le quinte c’è un dramma
e così come lo vive l’uomo il dramma nel mondo c’è. Penso che lui faccia vedere molto
bene il dramma e l’esito del dramma. Fondamentalmente lui è un uomo felice, come Francesco.
Io finisco proprio la discesa verso la cripta con due immagini della felicità, cioè
della consolazione. Penso che sia questo il messaggio più forte e incisivo: solo con
Cristo si riesce non a distruggere il male, non a vincere il male, ma a tradurlo nel
bene. (Montaggio a cura di Maria Brigini)