2009-06-21 15:52:57

Benedetto XVI davanti ai 50 mila di San Giovanni Rotondo: San Pio da Pietrelcina maestro nel combattere il male e guidare le anime


“Guidare le anime e alleviare le sofferenze: così si può riassumere la missione di San Pio da Pietrelcina”. Lo ha ricordato stamani Benedetto XVI nella celebrazione eucaristica che ha presieduto, davanti a una folla gioiosa e commossa di circa 50 mila persone, sul Sagrato della Chiesa di San Pio da Pietrelcina. Quella di oggi è stata la prima visita pastorale di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo, a sette anni dalla canonizzazione del Frate di Pietrelcina, e la seconda di un Pontefice nella località pugliese, dopo quella nell’87 di Giovanni Paolo II. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini: RealAudioMP3

(Canto)

Una folla composta di fedeli ha sfidato la pioggia e dalle prime luci dell’alba è arrivata da tutt’Italia a San Giovanni Rotondo, ma anche dall’Inghilterra, dagli Stati uniti e dall’Irlanda. Le campane suonano a festa e sulle note dell'orchestra sinfonica del Conservatorio di musica “Piccinni” di Bari, i fedeli accolgono con gioia e commozione palpabile, sventolando le bandierine del Vaticano, il Papa che viene a confermali nella fede e a rendere omaggio a Padre Pio, Santo dal 2002, la cui grandezza è testimoniata anche dai sette milioni di pellegrini che ogni anno vengono a San Giovanni Rotondo da tutto il mondo. Un Santo, dunque, non solo della gente semplice - come a volte si sente dire - ma in realtà, sia in vita sia dopo la morte, un Santo che ha aiutato la conversione di tanta gente anche meno semplice.

 
Giunto in aereo anziché in elicottero a causa delle difficili condizioni meteorologiche, la prima tappa di Benedetto XVI è la cella numero 1, dove Padre Pio alloggiò per un periodo e morì. I frati lo accolgono nel Santuario di Santa Maria delle Grazie, anziani e giovani gli sussurrano parole all’orecchio. Poi, il Papa scende nella cripta del Santuario di Santa Maria delle Grazie e prega in ginocchio davanti al corpo di Padre Pio, posto in una teca di cristallo. Si inginocchia e commosso bacia il reliquario dove vi sono i frammenti del cuore del religioso. Un cuore trafitto: Padre Pio ricevette il dono della trasverberazione; il suo cuore, racconta lui stesso, ha battuto con il cuore di Cristo, lo ha amato infinitamente. Quindi, il Papa accende due lampade votive in ricordo della visita di Giovanni Paolo II, nell’87, e della sua, questa, la prima a San Giovanni Rotondo.

(Canto)

 
La Messa inizia e il Papa sorride, è visibilmente felice. Benedetto XVI utilizza un calice e una pisside più volte usati da Padre Pio. L’omelia ripercorre il Vangelo di questa domenica: la tempesta sul lago di Tiberiade sedata da Gesù, segno della sua signoria divina e trascendente sulle forze del cosmo. I Discepoli hanno avuto paura, non così Gesù. Ma verrà il momento in cui anche lui proverà angoscia, senza però dubitare del potere e della vicinanza del Padre: Cristo ha vissuto il dramma di sentirsi da una parte “tutt’uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui” e dall’altra, “in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentì come abbandonato da Lui”. Nella Passione ha dovuto sperimentare pienamente “la distanza dall’odio dall’amore”. Alcuni Santi hanno vissuto questa esperienza, ricorda il Papa. “Padre Pio è uno di loro”.

 
Un uomo semplice, di umili origini, afferrato da Cristo per essere “strumento eletto del potere perenne della sua Croce”. “Le stigmate, afferma il Papa, che lo segnarono nel corpo lo unirono intimamente al Crocifisso”. Ma questo, sottolinea Benedetto XVI, non significa perdita della personalità, Dio non annulla mai l’umano ma lo trasforma e lo orienta al suo disegno di salvezza. Padre Pio, ricorda il Pontefice, ha conservato il proprio temperamento e i suoi doni naturali, offerti a Dio, che se ne è servito per prolungare l’opera di Cristo in tre modi fondamentali: l’annuncio del Vangelo, il perdono dei peccati e la guarigione dei malati nel corpo e nello spirito. E come è noto, tante sono state le battaglie che Padre Pio ha sostenuto nella sua vita:

"Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensì contro lo spirito del male. Le più grandi “tempeste” che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con 'l’armatura di Dio', con 'lo scudo della fede' e 'la spada dello Spirito', che è la parola di Dio”.

 
Padre Pio ha infatti profondamente compreso il dramma dell’uomo:

 
"Rimanendo unito a Gesù, egli ha avuto sempre di mira la profondità del dramma umano, e per questo si è offerto e ha offerto le sue tante sofferenze, ed ha saputo spendersi per la cura ed il sollievo dei malati, segno privilegiato della misericordia di Dio, del suo Regno che viene, anzi, che è già nel mondo, della vittoria dell’amore e della vita sul peccato e sulla morte. Guidare le anime e alleviare la sofferenza: così si può riassumere la missione di san Pio da Pietrelcina, come ebbe a dire a lui anche il Servo di Dio, il Papa Paolo VI: 'Era un uomo di preghiera e di sofferenza'”.

 
Il Papa lascia ai Cappuccini, ai fedeli di Padre Pio, a tutto San Giovanni Rotondo, l’eredità del Frate di Pietrelcina: la santità. Il binario per arrivarvi, la preghiera e la carità. Dalla preghiera e unione di Padre Pio a Cristo morto e risorto, specialmente nella Messa, spiega il Pontefice, scaturisce la compresenza in lui di “doni soprannaturali” e di “concretezza umana”, e la carità stessa.

 
“L’amore che egli portava nel cuore e trasmetteva agli altri era pieno di tenerezza, afferma Bendetto XVI, sempre attento alle situazioni reali delle persone e delle famiglie”. Specialmente verso i malati e sofferenti nutriva la predilezione del cuore di Cristo e da questo ha preso origine Casa Sollievo della Sofferenza. Inaugurata negli anni ‘50 da lui stesso, non si può capire questa istituzione se la si scinde dalla sua forza ispiratrice che è la carità, che a sua volta nasce dalla preghiera:

 
"Questa era sempre la sua prima preoccupazione, la sua ansia sacerdotale e paterna: che le persone ritornassero a Dio, che potessero sperimentare la sua misericordia e, interiormente rinnovate, riscoprissero la bellezza e la gioia di essere cristiani, di vivere in comunione con Gesù, di appartenere alla sua Chiesa e praticare il Vangelo".

 
Il Papa mette poi in guardia gli eredi di Padre Pio dai rischi “dell’attivismo” e della “secolarizzazione”. Lo scopo della mia visita, spiega, è anche quello di confermarvi nella fedeltà alla missione di padre Pio:

 
"Molti di voi, religiosi, religiose e laici, siete talmente presi dalle mille incombenze richieste dal servizio ai pellegrini, oppure ai malati nell’ospedale, da correre il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria: ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio. Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio: al suo esempio, alle sue sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna".
 
Così, spiega il Papa, nelle tempeste che possono alzarsi improvvise potrete sperimentare più forte di ogni vento contrario il soffio dello Spirito Santo, che spinge la barca di Pietro e ognuno di noi.

 
(Canto)

 
All’Angelus il Papa affida tutti a Maria, la comunità dei Cappuccini, i malati, il personale che li assiste a Casa Sollievo della Sofferenza, i gruppi di preghiera, ma anche all’intercessione di San Pio da Pietrelcina l’Anno Sacerdotale appena iniziato. Il Papa prega anche per i rifugiati, ieri la giornata mondiale dell’Onu a loro dedicata:

 
"Molte sono le persone che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa".

 
In precedenza, sul sagrato di Santa Maria delle Grazie, Benedetto XVI aveva ricevuto il saluto dell’arcivescovo di Lecce e amministratore apostolico di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Domenico D’Ambrosio, che ha ricordato come il volto della misericordia del Padre sia stato mostrato qui per 52 anni da un povero frate che pregava. La gioia della comunità per la visita del Papa è stata espressa anche dal sindaco Gennaro Giuliani che ricorda come un umile cella e un minuscolo confessionale abbiano fatto la Storia grazie a Padre Pio. Il sindaco annuncia anche che San Giovanni Rotondo - dopo la città natale di Karol Wojtyla, Wadowice - sarà presto gemellata anche con Marktl am Inn, dove è nato Joseph Ratzinger.

Il primo degli appuntamenti pomeridiani a S. Giovanni Rotondo porterà Benedetto XVI in visita alla “Casa Sollievo della Sofferenza”, conosciuto in tutto il mondo come l’“Ospedale di Padre Pio”. Alle 16.45 inizierà l’incontro del Papa con gli ammalati e il personale sanitario del nosocomio, inaugurato dal Frate di Pietrelcina il 5 maggio del 1956. Quello del Pontefice sarà un affettuoso abbraccio di solidarietà agli ammalati e c’è chi aspetta questo momento con particolare intensità. La signora Rosemary, 30 anni - accanto al figlio ricoverato nel reparto di Oncologia pediatrica - rivolge al Papa questa preghiera, al microfono della nostra inviata Debora Donnini: RealAudioMP3
 
R. - Che dia una benedizione a questi bambini, perché se lo meritano, sono molto bravi. Sono molto più maturi di noi, sanno sopportare le sofferenze, le affrontano con dignità. Sono loro che ci danno la forza. Il Papa deve stare vicino a tutti loro, deve pregare per loro, perché forse noi mamme in questi momenti siano talmente fragili che non riusciamo a farlo e allora chiediamo a lui di farlo per noi. Siamo fiduciose, ce la dobbiamo fare tutte quante.

 
D. - In questo ospedale penso che abbiate un aiuto nella fede. La vostra sofferenza è sostenuta dalla preghiera, anche verso i bambini. Lei lo avverte questo aiuto spirituale?

 
R. - Molto, molto. Qui si respira un’altra aria. Qui veramente la fede è tanta. Forse è un caso, ma mio figlio è nato lo stesso giorno di Giovanni Paolo II, l’ho chiamato Karol, è stato battezzato il giorno di Pasqua… Siamo legati a tutta una serie di circostanze che mi fanno dire: ci credo. Bisogna che ci crediamo tutti, è una cosa fondamentale, se no non si va avanti.
D. - Voi fate esperienza di questo sostegno da parte di chi presta servizio nell'Ospedale?

 
R. - Assolutamente sì. E’ magnifico da parte di tutti. Ho un bel legame con tutti, con le infermiere, le dottoresse, i dottori. C’è soprattutto una dottoressa, la dottoressa Miglionico, che è veramente magnifica. Quando sono arrivata qui non avevo più voglia di pregare - era la seconda volta che mio figlio accusava il male - però la dottoressa mi da la forza di andare avanti. Io molte volte dico non ce la faccio e lei mi dice: prego io per tuo figlio, prego io per te, devi farcela, ce la dobbiamo fare insieme. Questa è una cosa bellissima, qui dentro c’è tanto amore.

In sintonia con l’intuizione del suo fondatore - che già mezzo secolo fa aveva ritenuto l’indagine medico-scientifica un’attività da sviluppare al pari di quella sanitaria - la “Casa Sollievo della Sofferenza” è considerato oggi uno dei maggiori Policlinici d’Italia, con più di 1000 posti letto. Oltre a svolgere attività di ricovero e cura, l’Ospedale si occupa anche di ricerca clinica, in particolare nel settore della genetica e delle malattie familiari di tipo ereditario. Isabella Piro ha affrontato questo aspetto con il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica presso l'Università "La Sapienza" di Roma e direttore scientifico dell’Istituto di cura di San Giovanni Rotondo:RealAudioMP3

R. - Diciamo che la genetica per definizione si aggrappa a delle patologie che spesso sono rare e quindi le malattie geniche, noi siamo anche il riferimento nazionale per il più importante database che gestisce queste malattie rare e che si chiama "Orphanet", un progetto europeo che coinvolge oggi 37 Paesi, anche al di fuori dell’Europa. Oltre al problema delle malattie rare, ci sono settori che sono specificatamente complesse, come ad esempio il diabete. Siamo coinvolti poi nello studio di difetti congeniti, ad esempio le cardiopatie congenite,abbiamo un gruppo che lavora nell’ambito delle basi genetiche dell’invecchiamento e c’è anche un settore che fa una ricerca oncologica rivolta soprattutto ai tumori dell’intestino e a quelli della mammella.

 
D. - Si sente parlare spesso di deriva genetica, ma etica e ricerca non sono incompatibili?

 
R. – No, assolutamente no. Io penso che il medico dovrebbe essere, proprio per la caratteristica della sua professione, l’emblema di un comportamento giusto e leale, corretto, nei confronti del paziente. Certo, quando si incomincia a minare la vita fin dalle sue origini, quando si incomincia a pensare che la persona anziana possa essere eliminata perché non è più adatta a prestazioni che vent’anni prima poteva fare, penso che questa non sia la medicina che noi vogliamo, che il medico non dovrebbe volere. Purtroppo, c’è una caduta straordinaria dei valori: l’abbiamo vista dal momento in cui la disponibilità di certe diagnostiche che si possono fare nella vita fetale stanno cercando di creare nelle famiglie il mito del nascere bello e perfetto. Oggi ho la sensazione che molto spesso la formazione nella Facoltà di medicina sia lontana dal riconoscere quelli che sono i valori fondamentali per l’uomo, quindi sicuramente, la ricerca che noi facciamo la trasferiamo al letto del paziente, ma un paziente che noi intendiamo in questa maniera: nel rispetto della persona in tutte le sue manifestazioni e in tutti i suoi momenti della vita.

 
D. - Come fare allora per dare un nuovo slancio al giusto rapporto tra scienza e fede dimostrando che non sono nemiche ma anzi sono complementari?

 
R. - Noi abbiamo bisogno di riformare la formazione dei nostri giovani. Nessuna università insegna l’etica, la deontologia non viene insegnata. Oltre a questo, certamente abbiamo bisogno di recuperare i valori fondamentali all’interno della famiglia, perché molto dei problemi della formazione nascono dal non riconoscimento dei valori fondamentali all’interno della famiglia. Inoltre, molto di ciò che grava oggi attorno la medicina è molto viziata dalle ideologie e dal "mercato" della salute.

 
D. - Quindi, il ricercatore per essere veramente degno di questo nome quali qualità deve avere?

 
R. – Direi che il ricercatore deve essere fondamentalmente una persona onesta, una persona non condizionata da principi ideologici, un ricercatore libero ma nel momento in cui si avvicina alla vita nascente e ai valori fondamentali della vita, la sua libertà deve essere vigilata. Il principio per il quale noi diciamo "no" alla ricerca sulle cellule staminali embrionali è perché noi sappiamo che essa attaccherebbe, l’uomo, la vita dell’uomo, e non possiamo permettere che ciò avvenga. E lo stesso "no" poniamo all’eutanasia, perché noi abbiamo il rispetto della persona anziana, della persona che ha delle disabilità, della persona che non è più in grado di fare quello che faceva qualche tempo prima.

 
D. - Cosa significa per lei e per la Casa Sollievo della Sofferenza la visita del Santo Padre?

 
R. - Io ho avuto la fortuna di incontrare in altre circostanze il Santo Padre e riporto ancora nel cuore, a distanza di molto tempo, l'emozione fortissima di incontrare questa persona straordinaria: è stato un qualcosa di indescrivibile. Io penso sia un’occasione per ritornare a riscoprire e a riflettere su quanto ci ha insegnato Padre Pio che ci stiamo forse dimenticando.







All the contents on this site are copyrighted ©.