Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo: San Pio da Pietrelcina maestro nel combattere
il male e guidare le anime
“Guidare le anime e alleviare le sofferenze: così si può riassumere la missione di
San Pio da Pietrelcina”. Lo ha ricordato stamani Benedetto XVI nella celebrazione
eucaristica che ha presieduto, davanti a una folla gioiosa e commossa di circa 50
mila persone, sul Sagrato della Chiesa di San Pio. Un pensiero ripreso anche negli
incontri pomeridiani con malati e personale di casa Sollievo della sofferenza e in
quello con sacerdoti, religiosi e giovani. Al termine della visita, il Papa ha ammirato
i nuovi mosaici realizzati nella cripta della chiesa di san Pio dal gesuita padre
Marko Ivan Rupnik. Ha poi benedetto la stessa cripta dove, hanno reso noto i frati
cappuccini, saranno trasferite le spoglie di Padre Pio. In serata il rientro in Vaticano.
Il servizio della nostra inviata Debora Donnini:
In sintonia
con l’intuizione del suo fondatore - che già mezzo secolo fa aveva ritenuto l’indagine
medico-scientifica un’attività da sviluppare al pari di quella sanitaria - la “Casa
Sollievo della Sofferenza” è considerato oggi uno dei maggiori Policlinici d’Italia,
con più di 1000 posti letto. Oltre a svolgere attività di ricovero e cura, l’Ospedale
si occupa anche di ricerca clinica, in particolare nel settore della genetica e delle
malattie familiari di tipo ereditario. Isabella Piro ha affrontato questo aspetto
con il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica presso l'Università
"La Sapienza" di Roma e direttore scientifico dell’Istituto di cura di San Giovanni
Rotondo: R. - Diciamo
che la genetica per definizione si aggrappa a delle patologie che spesso sono rare
e quindi le malattie geniche, noi siamo anche il riferimento nazionale per il più
importante database che gestisce queste malattie rare e che si chiama "Orphanet",
un progetto europeo che coinvolge oggi 37 Paesi, anche al di fuori dell’Europa. Oltre
al problema delle malattie rare, ci sono settori che sono specificatamente complesse,
come ad esempio il diabete. Siamo coinvolti poi nello studio di difetti congeniti,
ad esempio le cardiopatie congenite,abbiamo un gruppo che lavora nell’ambito delle
basi genetiche dell’invecchiamento e c’è anche un settore che fa una ricerca oncologica
rivolta soprattutto ai tumori dell’intestino e a quelli della mammella. D.
- Si sente parlare spesso di deriva genetica, ma etica e ricerca non sono incompatibili? R.
– No, assolutamente no. Io penso che il medico dovrebbe essere, proprio per la caratteristica
della sua professione, l’emblema di un comportamento giusto e leale, corretto, nei
confronti del paziente. Certo, quando si incomincia a minare la vita fin dalle su
origini, quando si incomincia a pensare che la persona anziana possa essere eliminata
perché non è più adatta a prestazioni che vent’anni prima poteva fare, penso che questa
non sia la medicina che noi vogliamo, che il medico non dovrebbe volere. Purtroppo,
c’è una caduta straordinaria dei valori: l’abbiamo vista dal momento in cui la disponibilità
di certe diagnostiche che si possono fare nella vita fetale stanno cercando di creare
nelle famiglie il mito del nascere bello e perfetto. Oggi ho la sensazione che molto
spesso la formazione nella Facoltà di medicina sia lontana dal riconoscere quelli
che sono i valori fondamentali per l’uomo, quindi sicuramente, la ricerca che noi
facciamo la trasferiamo al letto del paziente, ma un paziente che noi intendiamo in
questa maniera: nel rispetto della persona in tutte le sue manifestazioni e in tutti
i suoi momenti della vita. D. - Come fare allora per dare un
nuovo slancio al giusto rapporto tra scienza e fede dimostrando che non sono nemiche
ma anzi sono complementari? R. - Noi abbiamo bisogno di riformare
la formazione dei nostri giovani. Nessuna università insegna l’etica, la deontologia
non viene insegnata. Oltre a questo, certamente abbiamo bisogno di recuperare i valori
fondamentali all’interno della famiglia, perché molto dei problemi della formazione
nascono dal non riconoscimento dei valori fondamentali all’interno della famiglia.
Inoltre, molto di ciò che grava oggi attorno la medicina è molto viziata dalle ideologie
e dal "mercato" della salute. D. - Quindi, il ricercatore per
essere veramente degno di questo nome quali qualità deve avere? R.
– Direi che il ricercatore deve essere fondamentalmente una persona onesta, una persona
non condizionata da principi ideologici, un ricercatore libero ma nel momento in cui
si avvicina alla vita nascente e ai valori fondamentali della vita, la sua libertà
deve essere vigilata. Il principio per il quale noi diciamo "no" alla ricerca sulle
cellule staminali embrionali è perché noi sappiamo che essa attaccherebbe, l’uomo,
la vita dell’uomo, e non possiamo permettere che ciò avvenga. E lo stesso "no" poniamo
all’eutanasia, perché noi abbiamo il rispetto della persona anziana, della persona
che ha delle disabilità, della persona che non è più in grado di fare quello che faceva
qualche tempo prima. D. - Cosa significa per lei e per la Casa
Sollievo della Sofferenza la visita del Santo Padre? R. - Io
ho avuto la fortuna di incontrare in altre circostanze il Santo Padre e riporto ancora
nel cuore, a distanza di molto tempo, l'emozione fortissima di incontrare questa persona
straordinaria: è stato un qualcosa di indescrivibile. Io penso sia un’occasione per
ritornare a riscoprire e a riflettere su quanto ci ha insegnato Padre Pio che ci stiamo
forse dimenticando.