Proteste per un nuovo respingimento di immigrati in Libia
Un altro respingimento ieri al largo delle coste italiane: oltre 70 migranti su un
gommone nel Canale di Sicilia sono stati consegnati da una motovedetta della Guardia
Costiera italiana a un'unità della Marina libica, che li ha riportati a Tripoli. Erano
stati intercettati a Sud di Lampedusa. Tutto questo mentre si celebra oggi la Giornata
mondiale del rifugiato. Il servizio di Fausta Speranza:
La conferma
della notizia del respingimento è giunta ieri pomeriggio mentre, a conclusione del
Consiglio europeo, i leader dei 27 Paesi assicuravano che i flussi di clandestini
che attraversano il Mediterraneo e sbarcano in Italia, Malta, Cipro e Grecia, sono
un problema di cui tutta l'Unione Europea si farà carico. Intanto si registrano voci
di preoccupazione per i respingimenti. Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni (Oim) afferma che “oltre ai potenziali richiedenti
asilo, sul barcone respinto vi erano sicuramente altri gruppi vulnerabili, come le
potenziali vittime di tratta: in Italia – aggiunge - avrebbero potuto avere garantite
le necessarie tutele e protezioni, che invece la Libia, non avendo firmato la convenzione
di Ginevra, non garantisce”. “Grave preoccupazione per le persone che non vengono
accolte” viene espressa dal presidente del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir)
Savino Pezzotta, che parla di persone “lasciate del tutto prive di protezione” nonostante
l'Italia abbia fatto negli ultimi anni “progressi per il miglioramento delle garanzie
per i richiedenti asilo”. Da parte sua, in occasione dell’odierna Giornata mondiale
del rifugiato, l’Onu ha invitato tutti a trovare “una sintesi equilibrata tra controlli
alle frontiere e risposta alle esigenze di protezione”. L’Alto Commissariato Onu per
i Rifugiati ricorda che sono 42 milioni le persone al mondo che sono state sradicate
dalle loro terre perché vittime di violenza, persecuzioni, conflitti, e che per loro
gli effetti dell’attuale crisi economica globale sono devastanti.
E bisogna
dire che accoglienza e integrazione possono partire anche da una partita di calcio.
E’ l’esperienza dell’Associazione Liberi Nantes: un gruppo di volontari ha messo su
una squadra di calcio interamente composta da persone scampate a condizioni di estrema
difficoltà, che ha giocato in terza categoria nell’ultimo Campionato italiano. Fausta
Speranza ha intervistato Syed, uno dei giocatori, e poi Giulio Gualerzi,
l’allenatore:
“Quando
ero un bambino, in Afghanistan, ho cominciato a giocare a calcio, cosa che mi piace
molto fare anche adesso. Gianluca, che è il nostro presidente, è venuto da noi, al
centro accoglienza, abbiamo parlato ed ha detto che potevamo andare a giocare con
loro. Per noi è un’importante opportunità per sentirsi vivi”.
“Io
e tutti gli altri soci della nostra associazione abbiamo pensato di far nascere quest’associazione
due anni fa, per fare qualcosa in prima persona. Ci sono persone che stanno peggio
di noi, che non hanno nessuna colpa per la loro drammatica condizione. Basterebbe
davvero poco per cercare di farli stare meglio. Quindi, io vorrei che il messaggio
che passasse fosse quello di cercare di avere più attenzione nei loro confronti, il
che non vuol dire trattarli in maniera diversa, in positivo; cioè, non bisogna neanche
eccedere ma trattarli per quello che sono, cioè esseri umani come noi e cercare quindi
di evitare l’indifferenza, il razzismo, tutte quelle situazioni che tolgono dignità
a delle persone che già hanno subito tragedie che noi difficilmente possiamo immaginare.
Stare a contatto con loro, quotidianamente, è un arricchimento per me, perché vieni
a conoscenza di storie drammatiche, storie che neanche nei film o sui libri si possono
leggere. Avere di fronte persone che queste storie le hanno vissute aiuta a crescere,
a stare meglio con se stessi, a vedere tutto con una prospettiva leggermente diversa”.