Apertura dell’Anno Sacerdotale. Il Papa: "La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi".
“La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi; di ministri che aiutino i fedeli a sperimentare
l’amore misericordioso del Signore e ne siano convinti testimoni”. E’ uno dei passaggi
dell’omelia di Benedetto XVI in occasione della Celebrazione dei secondi Vespri, ieri
sera nella Basilica Vaticana, nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Il rito
ha segnato l’apertura dell’Anno Sacerdotale, nel 150.mo anniversario della morte di
San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci. Il Papa ha anche lanciato un duro
monito: “Nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei
suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in ‘ladri delle pecore’”. Il
servizio di Benedetta Capelli:
Sacerdoti
santi, capaci di aiutare “i fedeli a sperimentare l’amore misericordioso del Signore”
e allo stesso tempo in grado di essere testimoni di quell’amore. E’ qui il cuore dell’omelia
di Benedetto XVI che, in occasione dell’apertura dell’Anno Sacerdotale, ha esortato
i ministri di Dio a seguire l’esempio del Santo Curato d’Ars e il suo “cuore infiammato
di amore divino”:
“’Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù’. Come
non ricordare con commozione che direttamente da questo Cuore è scaturito il dono
del nostro ministero sacerdotale? Come dimenticare che noi presbiteri siamo stati
consacrati per servire, umilmente e autorevolmente, il sacerdozio comune dei fedeli?
La nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda
fedeltà piena a Cristo ed incessante unione con Lui; questo rimanere nel suo amoreesige cioè che tendiamo costantemente alla santità come ha fatto San
Giovanni Maria Vianney.”
Rimanere nel suo amore ma anche “lasciarsi
conquistare pienamente da Cristo” è l’esortazione del Papa, “l’obiettivo principale
– ha aggiunto – di ognuno di noi”:
“Per essere ministri al servizio
del Vangelo, è certamente utile e necessario lo studio con una accurata e permanente
formazione teologica e pastorale, ma è ancor più necessaria quella ‘scienza dell’amore’
che si apprende solo nel ‘cuore a cuore’ con Cristo. E’ Lui infatti a chiamarci per
spezzare il pane del suo amore, per rimettere i peccati e per guidare il gregge in
nome suo. Proprio per questo non dobbiamo mai allontanarci dalla sorgente dell’Amore
che è il suo Cuore trafitto sulla croce.”
Proprio al Cuore di Gesù,
Benedetto XVI invita a guardare come balsamo per i peccati soprattutto quando il peccatore
è vinto dai propri limiti e dalle proprie debolezze e ancora di più questo deve fare
il sacerdote: “Nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto
i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in ‘ladri delle
pecore’ (Gv 10,1ss), o perché le deviano con le loro private dottrine, o perché le
stringono con lacci di peccato e di morte? Anche per noi, cari sacerdoti, vale il
richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo
rivolgere con umiltà l’accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi
dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare.”
Un
rischio evidenziato ancora una volta quando il Santo Padre esorta i sacerdoti a coltivare
la commozione di San Giovanni Maria Vianney per adempiere al proprio ministero “con
generosità e dedizione”, per custodire un vero timore di Dio: “il timore – prosegue
il Papa – di poter privare di tanto bene, per nostra negligenza o colpa, le anime
che ci sono affidate, o di poterle – Dio non voglia! – danneggiare”.
Benedetto
XVI ricorda poi come la Solennità del Sacratissimo Cuore – “il mistero del cuore di
un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità” - sia l’occasione
offerta alla “nostra contemplazione”. Un amore “misterioso” “rivelato come incommensurabile
passione di Dio per l’uomo”: “Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale
del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria
del Vangelo: l’Amore che ci salva e ci fa vivere già nell’eternità di Dio. Scrive
l’evangelista Giovanni: ‘Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna’
(3,16). Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da
noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo
il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve.”
A
conclusione il Papa si è rivolto a Maria, verso la quale il Santo Curato d’Ars “nutriva
filiale devozione”, per “essere guide salde e illuminate” dal cuore infiammato di
quella “carità pastorale”- ha sottolineato Benedetto XVI – capaci di assimilare il
proprio personale “io” a quello di Gesù sacerdote.