Orissa: lontano il ritorno alla normalità dopo le violenze anticristiane
Nello stato indiano dell’Orissa prosegue a rilento e senza sicurezza il ritorno dei
cristiani nei loro villaggi. A fare il punto della situazione è stato il vice-presidente
della Commissione nazionale per le minoranze, M. P. Pinto, dopo la visita ai campi
profughi presso i villaggi di Baliguda e Raika, nel Khandhamal, il distretto dell’Orissa
più colpito dalle violenze indù contro i cristiani. Durante la visita, il 14 e 15
giugno, Pinto ha incontrato alcuni dei 3mila rifugiati, verificando di persona le
loro condizioni di vita e la situazione complessiva della zona. Il vice-presidente
del Ncm ha potuto constatare i progressi finora fatti per il reinsediamento dei profughi
nei loro villaggi. Al termine dei due giorni ha affermato ad AsiaNews: “È un dovere
del governo assicurare che non ci sia nemmeno una singola persona che senta il bisogno
di restare nei campi profughi”. Pinto ha poi detto che le forze para-militari dovrebbero
continuare la loro missione nella regione sino a che la piena normalità non sarà ristabilita
ed ha aggiunto che farà richiesta per ottenere un ulteriore dispiegamento di agenti
della Central Reserve Police Force (CRPF). Dal 31 maggio i militari schierati
nelle zone più calde dell’Orissa a difesa dei cristiani e dei campi profughi hanno
iniziato a ritirarsi. In alcune località, soprattutto nella zona di Baliguda e Raika,
si sono verificate nuove violenze e roghi di case di cristiani. In occasione della
sua visita, Pinto ha inoltre espresso soddisfazione per i progressi dei lavori di
ricostruzione della chiese del Khandhamal danneggiate delle violenze e ha confermato
che il governo intende destinare 2milioni e mezzo di rupie (circa 37mila euro) per
i restauri. Sajan K.George afferma tuttavia che la cifra è insufficiente e che in
diverse località dello Stato i lavori vanno a rilento o sono fermi a causa di un conflitto
di competenze tra le autorità locali e nazionali. A complicare i restauri e le ricostruzioni
concorrono spesso anche i contrasti con le locali comunità indù. Il presidente del
Gcic cita l’esempio della chiesa parrocchiale di Batticola: “Gli estremisti indù l’hanno
rasa al suolo nell’agosto del 2008 e quindi hanno iniziato a costruire nello stesso
luogo un loro tempio. Il governo ha dato l’ordine di fermare i lavori, ma di fatto
non permette di ricostruire la chiesa che risale al 1995 e i cristiani della zona
continuano a vivere nei campi profughi per timore di altre violenze”. (M.G.)