Il Papa nella Lettera per l'apertura dell'Anno Sacerdotale invita i sacerdoti ad essere
come il Santo Curato d'Ars "pastori secondo il cuore di Dio"
Un anno per “promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per
una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”: è quanto
auspica il Papa nella Lettera indirizzata ai “fratelli nel sacerdozio” in occasione
dell’Anno Sacerdotale che aprirà domani sera nella Basilica di San Pietro con la celebrazione
dei Secondi Vespri nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e nella Giornata
di preghiera per la santificazione del clero. Una iniziativa voluta da Benedetto XVI
in coincidenza con il 150.mo anniversario del “dies natalis” di San Giovanni Maria
Vianney, Patrono dei parroci, morto il 4 agosto del 1859. Il servizio di Sergio
Centofanti: La Lettera
propone ai sacerdoti di tutto il mondo un percorso semplice e concreto sull’esempio
del Curato d’Ars. Il Papa sottolinea anzitutto “l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono
non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”. Ricorda le “fatiche apostoliche”,
il “servizio infaticabile e nascosto” e la carità di tanti preti, dediti senza riserve
al servizio di Dio e del prossimo “pur tra difficoltà e incomprensioni”, talora tra
persecuzioni “fino alla suprema testimonianza del sangue”. Rileva con amarezza “anche
situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà
di alcuni suoi ministri. E’ il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto”.
Quindi indica con semplicità gli elementi che hanno fatto del
Curato d’Ars “un pastore secondo il cuore di Dio”: prima di tutto era un uomo “umilissimo”
ma nello stesso tempo “consapevole, in quanto prete” di essere per la sua gente “uno
dei doni più preziosi della misericordia divina”. “Sembrava sopraffatto da uno sconfinato
senso di responsabilità”: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra –
diceva – moriremmo: non di spavento, ma di amore”. Sapeva di essere chiamato “ad incarnare
la presenza di Cristo, testimoniandone la tenerezza salvifica”. “Ciò che per prima
cosa dobbiamo imparare” – scrive Benedetto XVI – è la “totale identificazione” del
Curato d’Ars col suo ministero. “Non si tratta certo – aggiunge – di dimenticare che
l’efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro;
ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro
tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro”. Così il
Vianney “visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni
popolari e feste patronali; raccoglieva denaro per le sue opere caritative e missionarie;
abbelliva la sua chiesa … si occupava delle orfanelle … si interessava dell’istruzione
dei bambini; fondava confraternite e chiamava i laici a collaborare con lui”. “Il
suo esempio – afferma il Papa sulla scorta del Concilio Vaticano II – mi induce a
evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più ai fedeli
laici, coi quali i presbiteri formano l’unico popolo sacerdotale”. Ricorda
poi la testimonianza quotidiana del Curato d’Ars: la preghiera davanti al Tabernacolo,
la Messa, la Confessione. “Era convinto che dalla Messa dipendesse tutto il fervore
della vita di un prete”. “La causa della rilassatezza del sacerdote – diceva – è che
non fa attenzione alla Messa! Mio Dio – esclamava – come è da compiangere un prete
che celebra come se facesse una cosa ordinaria!”. Il Papa esorta poi, sull’esempio
del Vianney, ad avere “un’inesauribile fiducia nel sacramento della penitenza” e “a
rimetterlo al centro delle … preoccupazioni pastorali”. Il Santo Curato restava a
volte nel confessionale fino a 16 ore al giorno: incoraggiava gli afflitti, scuoteva
i tiepidi, riuscendo a “trasformare il cuore e la vita di tante persone” perché sapeva
far percepire “l’amore misericordioso del Signore”. Ars era diventato “il grande ospedale
delle anime”. “La grande sventura per noi parroci – diceva – è che l’anima si intorpidisce”
abituandosi “allo stato di peccato o di indifferenza” di tanti fedeli. Per questo
praticava un’ascesi severa con veglie e digiuni. Ad un confratello sacerdote dette
un giorno questa spiegazione: “Vi dirò qual è la mia ricetta: do ai peccatori una
penitenza piccola e il resto lo faccio io al loro posto”. “Le anime – nota il Pontefice
– costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può non dedicarsi alla loro salvezza
se rifiuta di partecipare personalmente al ‘caro prezzo’ della redenzione”. Benedetto
XVI esorta i sacerdoti, sulla scia di questo santo, a vivere come lui il “nuovo stile
di vita” inaugurato da Cristo seguendo i tre consigli evangelici di povertà, castità
e obbedienza come “ la via regolare della santificazione cristiana” da praticare secondo
il proprio stato. In quanto povero il Curato d’Ars poteva dire: “Il mio segreto è
semplice: dare tutto e non conservare niente”. Mentre la sua castità “brillava nel
suo sguardo” quando si volgeva verso il Tabernacolo “con gli occhi di un innamorato”.
E totalmente obbediente affermava: “Non ci sono due maniere buone di servire Dio.
Ce n’è una sola: servirlo come lui vuole essere servito”. Rivolge
poi ai sacerdoti “un particolare invito a saper cogliere la nuova primavera che lo
Spirito sta suscitando ai giorni nostri nella Chiesa, non per ultimo attraverso i
Movimenti ecclesiali e le nuove Comunità”. Sottolinea inoltre la necessità della “comunione
fra i sacerdoti col proprio vescovo” in “una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva.
Solo così – ha spiegato – i sacerdoti sapranno vivere in pienezza il dono del celibato
e saranno capaci di far fiorire comunità cristiane nelle quali si ripetano i prodigi
della prima predicazione”. Il Papa ricorda infine con Paolo VI che “l’uomo contemporaneo
ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché
sono dei testimoni” e, affidando l’Anno sacerdotale alla Vergine Maria, conclude la
Lettera con queste parole: “Cari sacerdoti, Cristo conta su di voi. Sull’esempio del
Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Lui e sarete anche voi, nel mondo di
oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace!”