2009-06-17 13:44:11

Il Papa all'udienza generale parla di Cirillo e Metodio: il Vangelo deve calare nella cultura di ogni popolo per illuminarla con i suoi valori


I due apostoli dell’Oriente cristiano, i compatroni d’Europa Cirillo e Metodio, e la loro straordinaria esperienza di evangelizzazione condotta nel mondo slavo del nono secolo, sono stati al centro della catechesi di Benedetto XVI, all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, tenuta dal Papa di fronte a 40 mila persone. Al termine, il Pontefice ha rivolto un saluto al nuovo Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, presente all’udienza con una delegazione del Patriarcato mediorientale. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Applicarono in modo ispirato e diffuso i principi dell’inculturazione del Vangelo quando l’inculturazione non era stata ancora definita. Fu questo il più grande merito di Metodio e di suo fratello Cirillo. Da Costantinopoli in mezzo ai pagani della Grande Moravia con un’idea semplice e dirompente: non si può insegnare Cristo con una lingua e una scrittura che la gente non conosce e non capisce, ma bisogna presentarla con parole comprensibili e dunque va tradotta, integrata nel tessuto dov’è annunciata, in un sola parola: “inculturata”. Benedetto XVI ha messo a fuoco in questi termini il genio apostolico dei due fratelli greci:

 
“Cirillo e Metodio erano convinti che i singoli popoli non potessero ritenere di aver ricevuto pienamente la Rivelazione finché non l’avessero udita nella propria lingua e letta nei caratteri propri del loro alfabeto”.

 
Se 1200 anni fa la Grande Moravia - ovvero la porzione dell’est europeo che oggi corrisponde alla Slovacchia e a parti dell'Ungheria settentrionale - fu il teatro di una missione tanto innovativa, la storia e l’abilità di Cirillo e Metodio vengono da più lontano. Cirillo aveva già compiuto un viaggio nella zona del Mar Nero inviato a parlare con saraceni ed ebrei, dei quali impara la lingua. Poi, con Metodio, vengono inviati dall’imperatore Michele III in Moravia, da dove il principe Ratislao aveva rivolto questa precisa richiesta:

 
“’Il nostro popolo - gli aveva detto - da quando ha respinto il paganesimo, osserva la legge cristiana; però non abbiamo un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua’. La missione ebbe ben presto un successo insolito”.

 
E' l'inizio dell'avventura apostolica che, fra alterne vicende, anche difficili, segnerà la presenza dei due fratelli tra gli slavi. Ciò che rimane come atto di assoluto valore è il lavoro che avviano e che poi sarà proseguito dai loro discepoli: il “progetto - ha spiegato Benedetto XVI - di raccogliere i dogmi cristiani in libri scritti in lingua slava”. E’ da lì che viene l’alfabeto “glagolitico” poi designato come “cirillico” in onore del suo ispiratore:

 
“In effetti, Cirillo e Metodio costituiscono un esempio classico di ciò che oggi si indica col termine 'inculturazione': ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato ed esprimerne la verità salvifica con il linguaggio che gli è proprio. Questo suppone un lavoro di ‘traduzione’ molto impegnativo, perché richiede l’individuazione di termini adeguati a riproporre, senza tradirla, la ricchezza della Parola rivelata. Di ciò i due santi Fratelli hanno lasciato una testimonianza quanto mai significativa, alla quale la Chiesa guarda anche oggi per trarne ispirazione ed orientamento”.

 
Tra i saluti conclusivi del Papa ai gruppi di fedeli presenti nell’assolata Piazza San Pietro, sa rilevare quello all’Abate Dom Pietro Vittorelli, e ai fedeli dell’Abbazia di Montecassino, che hanno voluto ricambiare la visita del Papa dello scorso 24 maggio. E con altrettanta gioia, Benedetto XVI ha rivolto un saluto al Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, per la prima volta in visita ufficiale in Vaticano. Nel sottolineare il “vivo legame” tra la “tradizione orientale cristiana e il Vescovo di Roma”, il Papa ha così concluso:

 
“Mentre assicuro per Lei, venerato Fratello, e per quanti La accompagnano la mia preghiera, vorrei nel contempo esprimere la mia sollecitudine e considerazione a tutte le Chiese Orientali Cattoliche, incoraggiandole a proseguire la missione ecclesiale, pur tra mille difficoltà, per edificare ovunque l'unità e la pace”.







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