Molti no alla proposta Netanyahu di uno Stato palestinese smilitarizzato
La comunità internazionale guarda con attenzione gli sviluppi della situazione israelo-palestinese
dopo le dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ieri, parlando
all’Università Bar Ilan di Tel Aviv, per la prima volta ha accettato l’ipotesi della
creazione di uno Stato palestinese, ma a condizione che sia smilitarizzato: ovvero
senza esercito e spazio aereo, con controlli efficaci sull’ingresso delle armi e senza
la possibilità di concludere trattati. Inoltre, Netanyahu ha parlato di Gerusalemme,
capitale unica dello Stato ebraico, ha chiesto che non sia impedito l’insediamento
dei coloni israeliani in Cisgiordania e che i profughi palestinesi non rientrino in
Israele. Critiche sono giunte proprio da parte palestinese: l’ipotesi esposta da Netanyahu
– è stato detto – rappresenta un duro colpo per il processo di pace. Sulle dichiarazioni
del capo del governo israeliano, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento
di Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università
di Firenze:
R. – Sicuramente
sono un passo avanti sul punto determinante del riconoscimento da parte di Netanyahu
della necessità di avere due Stati, quindi uno Stato palestinese. E su questo Obama
fa bene ad incoraggiarlo, perché è il primo passo su quella strada. Su tutto il resto
no, in particolare sulla questione degli insediamenti, dove Netanyahu ha
esplicitamente detto che non ci sarà uno stop agli insediamenti. Per quanto riguarda
il resto, la smilitarizzazione sicuramente si può consentire e si deve consentire,
mentre su punti come Gerusalemme capitale unica e sulla ossessiva insistenza su Hamas,
in termini negativi più che costruttivi, si aprono ampie riserve. Comunque è solo
il primo passo. D. – Proprio sullo status di Gerusalemme, secondo
lei, sarà questo poi il vero nodo cruciale del possibile e positivo andamento del
dialogo israelo-palestinese? R. – No, perché Gerusalemme per
una serie di ragioni è messa in fondo, e prima ancora c’è un’altra cruciale questione
del riconoscimento d’Israele come Stato ebraico. Una cosa che non è stata minimamemte
toccata nel discorso: che confini si danno a questo Stato palestinese? Quelli ante
’67, come richiesto da tutto il mondo arabo o con aggiustamenti più o meno pesanti?
In ogni caso, chiedendo ai palestinesi di riconoscere Israele come Stato ebraico e
ponendo come primissimo limite la smilitarizzazione totale, compreso il controllo
dello spazio aereo, già questo pone condizioni che probabilmente Abu Mazen non può
accettare. D. – Ci si chiede infine come la parte più tradizionalista
israeliana possa accettare questa proposta di Netanyahu... R.
– Infatti, hanno già detto che non va bene. Già era importante che lui fosse andato
a fare questo discorso nell’Università religiosa, legata al movimento dei coloni.
Era un gesto di conciliazione verso il movimento dei coloni, ma non ha funzionato,
perché tra le primissime reazioni ci sono state quelle negative della destra israeliana,
in particolare del movimento dei coloni.