Il Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa compie 150 anni e festeggia
tornando alle origini. L’appuntamento è dal 23 al 28 giugno a Solferino (Mantova)
laddove nel 1859 Henri Dunant, in occasione di una delle più cruente battaglie del
Risorgimento, ebbe l’idea di soccorrere migliaia di feriti indistintamente dalla loro
appartenenza. Da allora ad oggi i valori di universalità, neutralità e indipendenza,
hanno costruito una rete di 186 società nazionali con oltre 98milioni di volontari
attive nei punti critici del mondo. La storia e le motivazioni saranno raccontate
agli oltre 4000 giovani attesi a Solferino con musica, workshop e incontri. Sentiamo
al microfono di Gabriella Ceraso il commissario straordinario della Cri, Francesco
Rocca.
R. – Assolutamente,
il grido a Solferino è per tutti fratelli. Quindi, c’è questa attenzione all’uomo,
a mettere l’uomo al centro, che è la cosa più importante. L’immagine di Solferino
più bella nel racconto di Henri Dunant è proprio delle donne di Solferino e di Castiglione,
che si prendono cura degli austriaci, dei francesi, degli italiani a prescindere dalla
nazionalità, a prescindere dalla parte in cui erano in conflitto. Quello è stato il
momento sicuramente più alto e più nobile, da cui ha preso il via questa straordinaria
idea, che oggi è ancora così attuale. Oggi, siamo l’organizzazione umanitaria più
rappresentativa a livello di volontariato. Uno dei nostri principi è proprio il servizio
libero e gratuito. D. – Allora, a Solferino, quest’anno, protagonisti
i giovani e, abbiamo visto, in tanti modi. Perché? R. – In un
momento in cui si vive una crisi valoriale importante, riteniamo che la trasmissione
di questi valori ai più giovani sia un elemento fondamentale, perché non ci si dimentichi
di chi rimane indietro. I giovani saranno i leader, anche politici, del futuro. D.
– Loro saranno i portatori di un documento, che è “Le sfide del terzo millennio”... R.
– E’ il lavoro che faranno i nostri giovani a Solferino. Questo è l’aspetto più appassionante.
Loro in quei giorni si riuniranno in più gruppi di lavoro, per elaborare questo documento,
che verrà consegnato a Ginevra, alle Nazioni Unite, ai leader della Croce Rossa e
ai rappresentanti delle Ong più rappresentative, proprio per segnalare le urgenze
e i bisogni dell’umanità. D. – Le Solferino di oggi, in cui
voi siete impegnati, quali sono? R. – Per noi, la nostra Solferino,
in questo momento, in Italia, è l’Abruzzo. Io vorrei ricordare, però, le Solforino
di tutti i giorni, quelle che combattono le famiglie che hanno un portatore di handicap,
persone che hanno un malato, un malato terminale, le famiglie che combattono per arrivare
alla fine del mese. Solferino ha veramente un valore altamente simbolico, in quelle
che sono le nostre battaglie di tutti i giorni. D. – All’Abruzzo
sarà dedicato questa enorme raccolta di fondi e l’Abruzzo vede i vostri volontari
impegnati sul terreno... R. – Beh, i volontari ad oggi impegnati
sono già diverse migliaia. Sforniamo migliaia di pasti ogni giorno. E’ un’esperienza
umana meravigliosa nel rapporto con la popolazione. D. – Poi
però c’è il Pakistan, c’è il Darfur, c’è lo Sri Lanka, ci sono le Filippine... R.
– Sicuramente, in questi giorni ci aspettiamo una notizia da troppi mesi: la liberazione
nelle Filippine di Eugenio Vagni, senza condizioni e che possa essere restituito ai
suoi affetti. In questi giorni siamo impegnati in Pakistan, perché c’è una crisi umanitaria
tra i profughi veramente enorme, che deve vedere l’impegno di tutte le società ricche.
Non vediamo in questo momento strade e vie d’uscita. D. – Voi
sarete tra le Ong che torneranno in Darfur? R. – Se ci verrà
chiesto, noi saremo pronti. Noi ci stiamo preparando anche per sostenere il lavoro
in Kenya e ad esempio per la parte della crisi somala, quindi sui profughi per l’accoglienza,
per le zone di fuga. Ci sono più o meno tre direttrici e noi cercheremo di essere
presenti lì, per sostenere i loro bisogni. D. – Quali sono i
suoi auspici per i prossimi anni? Ad ogni compleanno ci si augura qualcosa... R.
– Veder crescere il numero dei volontari e veder crescere in particolare il numero
dei giovani. E’ ovvio che uno può anche dire di diminuire il peso delle guerre, il
peso dei bisogni, perché questo è nelle corde di ciascuno, ma siccome sappiamo che
questa è una strada più difficile, che cresca allora questa sensibilità alla cultura
del volontariato. Questo è l’aspetto bello.