La Caritas denuncia: crisi umanitaria nell'est del Congo
“La situazione umanitaria è pesante, la frequenza delle incursioni ribelli sta aumentando
di nuovo e la presenza dell’esercito non garantisce comunque la sicurezza dei villaggi
e delle zone più remote”: contattato dalla Misna, Guy-Marin Kamandji, responsabile
delle comunicazioni di Caritas Congo, fa il punto sulla situazione nella Provincia
Orientale e sugli attacchi contro i civili attribuiti ai ribelli dell’Esercito di
Resistenza del Signore (Lord’s resistance army, Lra). Parole che contrastano, almeno
in apparenza, con le affermazioni fatte dal portavoce dell’Esercito regolare, Léon
Kasonga, nella conferenza stampa che ha chiuso, giovedì, il vertice dei capi di stato
maggiore congolese, ugandese e della Repubblica centrafricana a Kisangani: “L’Lra
è alla sbando - ha detto Kasonga - e non può più contare su un gran numero di uomini;
le sue attività sono essenzialmente concentrate lungo il territorio che delimita la
frontiera tra Congo, Centrafrica e Sudan”. Secondo fonti missionarie i ribelli operano
in effetti in piccoli gruppi, forti spesso di non più di dieci elementi: ciò ha però
determinato un costante stato di insicurezza dovuto anche all’impossibilità di proteggere
i villaggi più piccoli in quella che è tra le regioni più remote e peggio collegate
del Congo. Da alcuni anni i ribelli dell’Lra – originariamente attivi in Nord Uganda
– hanno spostato le loro basi all’interno del territorio congolese dove fino allo
scorso settembre avevano causato solo sporadici problemi alla popolazione locale;
negli ultimi mesi del 2008 incursioni contro diversi villaggi avevano determinato
una grave crisi umanitaria, che è andata progressivamente peggiorando fino a causare
più di 130 mila sfollati e almeno un migliaio di morti. (S.G.)