Colombia: ucciso docente cattolico impegnato nella promozione umana
Dolore e sgomento in Colombia per l’uccisione, da parte di un gruppo di guerriglieri,
di Humberto Echeverri Garro, catechista e docente cattolico di dottrina sociale della
Chiesa. L’omicidio è avvenuto giovedì scorso nella regione nordorientale del Paese.
Il Segretariato Nazionale di Pastorale Sociale ha sùbito condannato l’assassinio esprimendo
grande preoccupazione per il coinvolgimento in Colombia di un numero sempre maggiore
di civili nel conflitto tra guerriglieri e forze governative. Sull’omicidio del prof.
Echeverri Garro ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il nostro collega
Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:
R. – L’11
giugno è stato ucciso un catechista, un laico e professore di dottrina sociale della
Chiesa, che si era trasferito, momentaneamente, in una località del dipartimento di
Arauca per prendere parte, come docente, a dei corsi di promozione umana e promozione
sociale che organizza la Chiesa cattolica. Un gruppo di guerriglieri è entrato dove
lui stava facendo lezione, lo ha praticamente sequestrato e, nel giro di pochi minuti,
lo ha ucciso. Va ricordato che questo è accaduto ad Arauca dove, nel 1989, è successo
un fatto quasi identico con il vescovo, mons. Jesús Jaramillo, sequestrato, sommariamente
"processato" e poi ucciso da parte della guerriglia, con l’accusa di essere un controrivoluzionario.
D.
– Si può ritenere che la guerriglia voglia colpire chi si impegna per la promozione
proprio di programmi in difesa della persona?
R.
– Proprio così perché questa morte del professore Humberto Echeverri, che aveva 40
anni, arriva dopo tre altri omicidi compiuti quest’anno. Altri due docenti sono stati
uccisi in questi mesi: Milton Blanco e Pablo García ed addirittura, è stato ucciso
un ragazzino di 16 anni, German García, perché frequentava questi corsi di promozione
sociale. Quindi, quello che sta succedendo lì, e che succede ormai da anni, è proprio
che i vari gruppi armati non vogliono permettere alla Chiesa nessun tipo di azione
che possa rappresentare una sfida al loro potere. E quando la Chiesa arriva, per esempio
a far crescere la coscienza delle persone, l’educazione civica, la promozione umana,
loro ritengono che arrivi una “forza controrivoluzionaria”.
D.
– In questo contesto, come può e come deve continuare l’impegno della Chiesa in un
tessuto così difficile?
R. – La Chiesa, certamente,
come già hanno detto i vescovi e continuano a ribadire in quest’ultimo comunicato
in cui fanno le condoglianze alla famiglia del professore Echeverri, continuerà il
suo impegno perché non può tacere, non può essere intimorita e non è mai stata intimorita
perché oltre a mons. Jaramillo sono stati uccisi altri prelati: nel 2002, mons. Duarte
Cansino e poi decine e decine di sacerdoti, centinaia di catechisti in questi ultimi
30, 40 anni. Il problema è che la Chiesa, allora, non può tacere e la sua voce profetica,
per combattere la violenza, deve addirittura prendere più forza da questo martirio,
da questi martiri del XXI secolo. Si pone un’altra questione: le autorità, la società
civile colombiana, tra i Paesi più violenti al mondo, se non addirittura il più violento,
cosa stanno facendo realmente per mettere fine a queste stragi degli innocenti? Non
è possibile che in un Paese come la Colombia, con un popolo così generoso, così impegnato
nella lotta per la sopravvivenza quotidiana, possa sopportare che la media delle persone
uccise sia più di 50 ogni 24 ore!