I vescovi italiani pubblicano la Lettera ai cercatori di Dio:
il commento di mons. Bruno Forte
“Come credenti in Gesù Cristo, animati dal desiderio di far conoscere colui che ha
dato senso e speranza alla nostra vita, ci rivolgiamo con rispetto e amicizia a tutti
i cercatori di Dio”: inizia, così, la “Lettera ai cercatori di Dio”, preparata dalla
Commissione Cei per la dottrina della fede, presieduta dall’arcivescovo di Chieti-Vasto
Bruno Forte. Il documento, che viene oggi pubblicato integralmente dal quotidiano
Avvenire, parte da alcune domande diffuse nel vissuto di molti per poi proporre
l’annuncio cristiano. Intervistato da Alessandro Gisotti, mons. Bruno Forte
si sofferma sulle ragioni che hanno portato a stilare questa lettera:
R. – Nella
società postmoderna, sempre più appare chiaro che non si può dare per scontata la
trasmissione della fede. Abbiamo bisogno di annunciare sempre nuovamente il kerygma,
cioè il messaggio centrale, gioioso dell’amore di Dio apparso a noi in Gesù Cristo.
E questo bisogno di primo annuncio, che è evidente nelle società secolarizzate dell’Occidente
ma anche in Paesi dove il Vangelo dev’essere in gran parte ancora annunciato, spinge
a ritenere importantissimo il riferimento a testi come i Catechismi della Chiesa.
E tuttavia, per un primo annuncio, non è sufficiente perché c’è bisogno di poter dire
molto in poco. Ecco: questo testo risponde a questa esigenza. Una presentazione breve,
compendiosa del Vangelo, del messaggio della fede dove si vuol dire molto in poco
anche se, naturalmente, non tutto può essere sviluppato e approfondito come invece
nei testi dei Catechismi. D. – La Lettera viene sviluppata con
un linguaggio semplice, diretto e con uno stile a volte anche colloquiale: una scelta
voluta, ovviamente … R. – Certamente. Proprio per testimoniare
il volto di una Chiesa amica, di una Chiesa vicina alle grandi domande del cuore umano
e desiderosa di parlare da cuore a cuore a coloro a cui si rivolge. Rispetto ad un
dilemma di moda che parla di una Chiesa dei “no”, vogliamo far risaltare quello su
cui insiste molto Papa Benedetto: al centro di tutto il messaggio della Chiesa c’è
il grande “sì” di Dio in Gesù Cristo e c’è il “sì” alla vita, all’amore, alla gioia,
alla bellezza che il Vangelo di Gesù porta nel mondo. D. – Quali
sono le sue aspettative per questa Lettera? R. – Già Platone
diceva che ogni libro ha bisogno di un padre. In altre parole, un libro da sé non
riesce a dire tutte le potenzialità che nasconde. Ecco perché l’auspicio è che la
Lettera non solo possa giungere a quante più persone possibili, e dunque anche essere
utilizzata per percorsi individuali, personali di lettura e di meditazione; ma che
ci sia sempre lo sforzo dei mediatori della Parola di Dio, di poterla presentare,
di farne un ponte di dialogo e di amicizia, utilizzandola – ad esempio – come canovaccio
in una serie di incontri, di dialoghi, di conoscenza e di approfondimento del vivere
con dei gruppi, delle persone in ricerca. Ancora una volta mi preme di sottolineare
che i cercatori di Dio siamo veramente tutti noi, quelli che credono: perché Dio è
sempre nuovamente da scoprire nella sua profondità e bellezza, come dice il Salmo:
“Il Tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il Tuo volto”. Parola di chi, come
Davide, aveva conosciuto e sperimentato l’amore di Dio. Ma poi, c’è la ricerca di
quelli che ancora non hanno fatto questa esperienza, di quei cercatori di Dio che
sono i non credenti pensosi per cui la domanda su Dio resta la domanda più grande
e importante. E infine, l’auspicio sarebbe che questo testo, opportunamente mediato
e presentato, possa essere un’occasione di porre domande a chi vorrebbe invece le
domande fuggirle o evitarle, evaderle quasi in una sorta di stordimento per non confrontarsi
con le questioni ultime, con quelle questioni che si affacciano in tutte le grandi
esperienze della vita a cui fa riferimento la lettera, proprio nella prima parte:
e cioè, felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro, festa, giustizia, pace
fino alla sfida di Dio.