La riflessione sul fine vita e le malattie terminali al Campus biomedico di Roma.
Le opinioni di Joaquin Navarro-Valls e Giuseppe Casale
Difesa della vita fino al suo termine naturale e come affrontare l’esperienza della
malattia anche in fase terminale. Questi i temi al centro dell’incontro “Il progetto
formativo e l’etica di fine vita”, che si è svolto ldi recente al Campus biomedico
di Roma. Tra i presenti, l'ex portavoce vaticano, Joaquin Navarro-Valls, presidente
del Comitato di consiglio e indirizzo della struttura, e il dott. Giuseppe Casale,
esperto di cure palliative. Al microfono di Alessio Orlandi, spiegano l’importanza
del sostegno alla persona malata:
R. - La persona
che soffre e che eventualmente si trova di fronte alla morte va trattata, accompagnata,
curata come una persona umana, non come un oggetto.
D.
- Spesso si parla di legge sul "fine vita", di testamento biologico: come si può evitare
la deriva eutanasica?
R. - Intanto, con un rigore
metodologico e soprattutto un rigore semantico. Primo, parlare di "vita artificiale"
non ha senso. Secondo, dobbiamo ragionare sempre sull’essere umano, non su una cosa.
Terzo, sottrarre il dibattito pubblico ad un pregiudizio che molte volte è fuorviante,
che molte volte è deliberatamente ambiguo, che è carico di ideologia.
D.
- Eppure, a volte si parla anche di vita artificiale, di sostentamento artificiale...
R.
- Personalmente, come ho detto, non accetto mai come definizione quella di vita artificiale,
alimentazione artificiale e così via. Non lo ammetto, perchè se c’è vita non la considero
mai artificiale. Possiamo trovarci in una situazione di vita terminale, però è sempre
vita e quindi va rispettata, va aiutata fino alla sua fine naturale.
D.
- Dottor Casale, da anni con l’associazione Anthea si occupa di cure palliative. Quanto
è importante la figura del medico nell’assistere un malato in fase terminale?
R.
- La figura del medico è fondamentale, ma solo se il medico è in grado di lavorare
in squadra con le altre figure professionali, anche con i volontari, anche con l’assistente
spirituale, anche con lo psicologo. Il confronto qual è? E’ quello di rispettare la
dignità della persona, cercare di capire e comprendere che cosa questa persona si
aspetta che si faccia per lui. Ascoltarlo: questa è la cosa più importante. La famosa
immagine che abbiamo è quella del medico, che si deve sedere sul letto del paziente,
tenere la mano del paziente, abbracciarlo, condividere con lui questi momenti di sofferenza.
E’ questa la grande forza, la grande rivoluzione delle cure palliative, in cui il
paziente ha una capacità decisionale per far sì che le cure siano le più adeguate
per lui.