2009-06-10 15:46:03

La riflessione sul fine vita e le malattie terminali al Campus biomedico di Roma. Le opinioni di Joaquin Navarro-Valls e Giuseppe Casale


Difesa della vita fino al suo termine naturale e come affrontare l’esperienza della malattia anche in fase terminale. Questi i temi al centro dell’incontro “Il progetto formativo e l’etica di fine vita”, che si è svolto ldi recente al Campus biomedico di Roma. Tra i presenti, l'ex portavoce vaticano, Joaquin Navarro-Valls, presidente del Comitato di consiglio e indirizzo della struttura, e il dott. Giuseppe Casale, esperto di cure palliative. Al microfono di Alessio Orlandi, spiegano l’importanza del sostegno alla persona malata:RealAudioMP3

R. - La persona che soffre e che eventualmente si trova di fronte alla morte va trattata, accompagnata, curata come una persona umana, non come un oggetto.

 
D. - Spesso si parla di legge sul "fine vita", di testamento biologico: come si può evitare la deriva eutanasica?

 
R. - Intanto, con un rigore metodologico e soprattutto un rigore semantico. Primo, parlare di "vita artificiale" non ha senso. Secondo, dobbiamo ragionare sempre sull’essere umano, non su una cosa. Terzo, sottrarre il dibattito pubblico ad un pregiudizio che molte volte è fuorviante, che molte volte è deliberatamente ambiguo, che è carico di ideologia.

 
D. - Eppure, a volte si parla anche di vita artificiale, di sostentamento artificiale...

 
R. - Personalmente, come ho detto, non accetto mai come definizione quella di vita artificiale, alimentazione artificiale e così via. Non lo ammetto, perchè se c’è vita non la considero mai artificiale. Possiamo trovarci in una situazione di vita terminale, però è sempre vita e quindi va rispettata, va aiutata fino alla sua fine naturale.

 
D. - Dottor Casale, da anni con l’associazione Anthea si occupa di cure palliative. Quanto è importante la figura del medico nell’assistere un malato in fase terminale?

 
R. - La figura del medico è fondamentale, ma solo se il medico è in grado di lavorare in squadra con le altre figure professionali, anche con i volontari, anche con l’assistente spirituale, anche con lo psicologo. Il confronto qual è? E’ quello di rispettare la dignità della persona, cercare di capire e comprendere che cosa questa persona si aspetta che si faccia per lui. Ascoltarlo: questa è la cosa più importante. La famosa immagine che abbiamo è quella del medico, che si deve sedere sul letto del paziente, tenere la mano del paziente, abbracciarlo, condividere con lui questi momenti di sofferenza. E’ questa la grande forza, la grande rivoluzione delle cure palliative, in cui il paziente ha una capacità decisionale per far sì che le cure siano le più adeguate per lui.







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