Bassa l’affluenza al voto, vittoria delle forze di centrodestra che hanno fatto registrare
una netta sconfitta dei socialisti, un'avanzata dei partiti ecologisti e dell'estrema
destra e un'ulteriore frammentazione dei gruppi. Questa in estrema sintesi la fotografia
del voto per il rinnovo del Parlamento europeo nei 27 Paesi dell'Unione. Tutti i dettagli
da Laura Forzinetti:
Sull’astensionismo
record che ha segnato queste elezioni europee, Luca Collodi ha chiesto una
riflessione a mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede
presso il Consiglio d’Europa. D.
- Vorrei sottolineare due aspetti, in particolare. Il primo è che questo denuncia
la mancata coscienza del ruolo che l’Europa dovrebbe avere e potrebbe avere per le
sfide mondiali - solo un’Europa più unita e più stabile può affrontare le grandi domande
del mondo – e del ruolo che l’Europa ha per la vita concreta locale dei singoli cittadini.
Il secondo aspetto, l’astensionismo denuncia anche la lontananza di fatto tra cittadini
europei e istituzioni. Quindi c’è una mancanza di informazione ma anche una mancanza
di fiducia per ciò che avviene a livello globale, che sembra poco controllabile. Questo
è un dato che deve far riflettere l’Europa.
D. –
Mons. Giordano, il risultato elettorale ci dice di un crollo del centro-sinistra
e di un’Europa che svolta decisamente verso il centro-destra e con una presenza rafforzata
dei cosiddetti "euroscettici". Quale valutazione possiamo fare?
R. –
Credo sia il problema della sicurezza quello che i cittadini cercano, il problema
di avere dei punti di riferimento e anche delle proposte concrete. Probabilmente i
cittadini europei hanno visto un centro-destra con delle proposte che da una parte
salvano di più delle tradizioni e questo anche per la paura davanti a fenomeni - che
sembrano sconvolgere delle tradizioni, i volti dei Paesi - come il fenomeno migratorio,
il fenomeno dell’incontro fra popoli e fra culture, la crisi della finanza, che è
un fenomeno mondiale e globale e che non si sa come controllare. Davanti a questo
si sceglie chi garantisce o chi sembra garantire una tradizione e sembra fare proposte
più concrete.
D. – Secondo lei, nell’Unione Europea, si fa una politica
che guarda poco ai problemi dei popoli, affrontandoli invece in modo ideologico?
D.
– Forse c’è troppa ideologia e questo porta a votare per l’Europa pensando alle situazioni
locali. Credo ci sia questo condizionamento. Invece, c’è forse poca idealità; occorrerebbe
rilanciare l’ideale dell’Europa com’era nelle origini, cioè rilanciare un’Europa capace
di affrontare le questioni mondiali con una visione, con una prospettiva e questo,
invece, sembra mancare. E’ una riflessione che l’Europa deve fare. Se appare troppo
burocratica, se appare qualcosa di troppo farraginoso, certamente questo non entusiasma
i popoli e tantomeno i giovani.
D. – La sensazione
è che l’Europa non abbia un’anima che possa fare da collante alle varie realtà nazionali… R.
– A questo punto mi interrogo sulla responsabilità che abbiamo come europei e che
abbiamo avuto nel non curare questa anima. Il fatto di aver scommesso su altre cose
e di aver dimenticato che veniamo da una grossa tradizione storica, culturale, politica,
dal punto di vista, nostro, cristiano e soprattutto anche la domanda di come è stata
valorizzata questa visione dell’uomo, della società, del rapporto tra popoli, che
viene dalla luce del cristianesimo. Probabilmente dobbiamo chiederci cosa abbiamo
fatto di questo dono che la storia ci ha riservato e che potrebbe essere veramente
una prospettiva capace di mettere in dialogo l’Europa con il mondo e far vedere quale
sia la vocazione veramente positiva e, noi diremmo, provvidenziale dell’Europa.
R.
– Mons. Giordano si può fare una prima valutazione sul voto dei cattolici europei?
D
. – E’ difficile in questo momento ma mi sembra che i cattolici da una parte siano
molto sensibili su alcuni temi, pensiamo al tema della vita, che per noi è decisivo
per il futuro stesso dell’umanità, al tema della famiglia, che noi riteniamo essere
il fondamento della società; una grande parte dei cattolici è sensibile a votare persone
che garantiscano un’attenzione a questi temi. D’altra parte, sappiamo che la tradizione
cattolica è molto legata al tema della solidarietà. I cattolici vedono la fratellanza
universale e non sopportano le ingiustizie, la fame nel mondo, e votano per chi è
sensibile a queste tematiche. Non saprei dire dove si sia veramente indirizzato il
voto cattolico, però direi che sono state queste due tendenze a indirizzarlo. Direi
anche che la Chiesa cattolica, il cristianesimo in generale, sia una delle forze più
attente al “fatto” Europa. Io, dalla mia esperienza europea, posso confermarlo: la
Chiesa ha una sensibilità, una sensibilità anche critica, cioè sui difetti dell’Europa,
ma ha un’enorme sensibilità e non so se le istituzioni hanno coscienza di questo valore,
di questa potenzialità della Chiesa nella costruzione europea. D.
– Come sarà, allora, la nuova Europa uscita dalle urne?
R.
– Un’Europa che da una parte deve interrogarsi e che, quindi, non può semplicemente
dire: continuiamo così come facciamo. Dobbiamo, per prima cosa, interrogarci sul rapporto
tra Occidente e Oriente. Qualcosa non funziona ancora, probabilmente c’è ancora troppo
un processo occidentale che ha tentato di espandersi verso l’Est europeo e i popoli
non comprendono in fondo questo, e l’Occidente forse non ha ancora fatto uno sforzo
sufficiente per comprendere l’Est. Quindi, resta il problema di vedere quale Europa
vogliamo.
D . – Mons. Giordano, pensa che questo
risultato freni in qualche modo l’idea degli Stati Uniti d’Europa?
R.
- Noi abbiamo sempre pensato ad un’Europa dove le Nazioni hanno un ruolo fondamentale
e, quindi, credo che bisognerà ancora una volta ripensare a che tipo di Europa vogliamo
fare, cioè come fare un’Europa dove le tradizioni delle Nazioni, degli Stati, siano
valorizzate e dove queste identità possano unirsi in una costruzione comune. Credo
che una riflessione di fondo sia assolutamente necessaria.
Sul voto europeo
ascoltiamo anche Sergio Marelli, direttore della Focsiv, l’organismo internazionale
che riunisce oltre 60 associazioni del volontariato cristiano, e Giorgio Vittadini,
presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, esperienza legata a Comunione e
Liberazione. Le interviste sono di Luca Collodi: R.
– Sergio Marelli, che ne facciamo di questa Europa?
R.
– Continuo a sperare che facciamo un’Europa sicura, un’Europa anche solidale, aperta
e pronta a vivere quello che ormai è un dato di fatto, ovvero una società interetnica
aperta al resto del mondo e con una grande responsabilità nei confronti dei Paesi
terzi. Non va, infatti, dimenticato che non solo l’Europa, l’Unione Europea, è la
prima grande aggregazione di governi nazionali su base regionale ma è anche il primo
soggetto a livello commerciale, un’entità politica tra le più avanzate a livello mondiale;
è, insomma, una regione alla quale le altre parti del mondo guardano con particolare
attenzione e con molte aspettative.
D. – Vittadini, gli elettori puniscono
un Continente senz’anima?
R. - Il primo dato elettorale
è l’astensionismo. Hanno ucciso le radici cristiane dell’Europa, un’identità per l’Europa,
e questo è l’esito. Abbiamo un’Europa senz’anima e oggi gli europei non sentono questa
Europa burocratica degli Stati come la loro Europa. Questo è il dramma più grande.
Si capisce che senza ideali, i grandi ideali che hanno costruito l’Europa del primo
dopoguerra, l'ideale cattolico, socialista, liberale, noi non possiamo avere un’Europa
che è fatta dai cittadini.
D. – Marelli, è d’accordo? Mancano i valori
?
R. - Assolutamente sì. L’anima è la base della
politica, i valori non possono che essere il fondamento di ogni struttura e di ogni
istituzione. Un’Europa senza valori sarà solamente una struttura burocratica lontana
dai cittadini ma, soprattutto, incapace di rispondere alle grandi sfide con cui si
dovrà confrontare.
D. – Marelli, mi scusi, ma la
questione delle misure e dei requisiti di frutta e verdura, l'aranciata senza arance
e altri dettagli simili, sono forse piccoli episodi, ma indicativi di un’Europa lontana
dalla sentire comune della gente?
R. – Sono degli
esempi così indicativi che vengono confermati anche da questo astensionismo che in
alcuni Paesi è stato veramente drammatico. D. – Di fatto, parliamo
di burocrazia…
R. – Parliamo di un’Europa di funzionari
e di burocrati che probabilmente non intercetta più i veri bisogni ma anche le vere
aspettative, le grandi proiezioni della sua cittadinanza. Si è lavorato molto per
un’Europa intergovernativa e molto poco, invece, per un’Europa dei cittadini; 450
milioni di cosiddetti cittadini europei che però ancora non sentono e non vivono l’Europa
come la futura casa comune dentro la quale dispiegare il proprio futuro, le proprie
proiezioni per sé e per i propri figli.
D. – Vittadini,
a questo punto che facciamo con l’Europa?
R. – Dobbiamo avere il coraggio
di dire che quello che diceva Giovanni Paolo II non era la difesa degli interessi
cattolici ma era qualcosa che valeva per chi non era cattolico ma laico. Fare una
Costituzione in cui il preambolo era raccogliticcio e pensare che potesse stare in
piedi un’Europa dei compromessi e delle ipocrisie vuol dire ucciderla. Facciamo degli
esempi. Hanno costruito questa Europa sull’idea del liberismo e poi facciamo lo statalismo.
Hanno costruito questa Europa sull’idea della libertà e poi tutta la legislazione
e tutti i tentativi di legislazione anti-uomo degli ultimi anni hanno fatto sì che
la gente si spaventasse. Hanno detto dell’Europa sociale e sembrava che prima della
crisi finanziaria volevano uccidere le Cooperative, le Banche popolari e altro ancora.
Non si può pensare che uccidendo ciò che sta più a cuore al popolo, poi la gente si
senta rassicurata da questo. Purtroppo, quello che per noi non è positivo, oltre all’astensionismo,
è che cresce la xenofobia, l’Europa della paura, l’Europa della chiusura al diverso.
Paradossalmente, anche se a molti dà fastidio, quello che la Chiesa europea continua
a ripetere dovrebbe essere qualcosa che laicamente viene assunto come un valore fondamentale
per tutti.