I giovani migranti vivono oggi a Roma una giornata interetnica organizzata dagli scalabriniani
Oggi a Roma una giornata dedicata ai giovani immigrati. Ad organizzarla i religiosi
scalabriniani che hanno pensato a momenti di condivisione e di riflessione per consentire
alle nuove generazioni di migranti di incontrarsi. La giornata si sta svolgendo all’Istituto
teologico scalabriniano e vuole essere una festa multietnica, uno spazio di dialogo
per quanti hanno lasciato la loro terra e stanno cercando di integrarsi nella capitale.
“Il lontano mi è vicino, che bella notizia”: questo il tema della manifestazione.
Ma da quali Paesi provengono i giovani migranti che vivono a Roma? Tiziana Campisi
lo ha chiesto a Jorge Guerra, seminarista scalabriniano, uno degli organizzatori
della giornata per i giovani:
R. – Diciamo
che nella maggioranza dei casi sono latinoamericani, filippini, indonesiani; c’è una
fascia di 25 nazioni.
D. – Perché questi giovani
scelgono Roma?
R. – Penso che la maggioranza di questi
giovani scelgano Roma per lavorare, mentre altri la scelgono per circostanze familiari.
D.
– Che tipo di problemi hanno questi giovani? Si sono integrati bene a Roma?
R.
– Non ancora. Tanti di questi ragazzi vivono all’interno delle loro comunità, frequentano
sempre le loro conoscenze, le loro connazionalità. Quindi questa iniziativa nasce
anche per aiutare o provocare questo desiderio di trovarsi con l’altro che vive la
stessa esperienza di migrante, la stessa esperienza di giovane, le stesse problematiche
all’interno del tessuto sociale, del tessuto ecclesiale. Quindi, il nostro obiettivo
è creare il contatto anche con i ragazzi italiani, gettare questo seme perché loro
stessi si aprano alla comunità locale: alla Chiesa e alla società locale.
D.
– Come li aiutate, in particolare?
R. – Cercando
di entrare nella loro realtà. Poi anche attraverso la pastorale che ogni comunità
realizza quotidianamente. Il fattore fondamentale è la fede, la vita di fede che loro
vivono all’interno delle comunità. Quindi, sia attraverso la comunità locale sia attraverso
la comunità nazionale si aiutano a vivere la loro fede e la loro cultura come una
ricchezza.
D. – Questi giovani che cosa portano in
Italia?
R. – Sono giovani che vivono tra due società.
Portano già di per sé un bagaglio religioso, un bagaglio umano, culturale dei propri
Paesi. Hanno l’originalità di venire ed imparare a recepire questa nuova realtà. Anche
se in un primo momento questo è conflittuale, penso che questa sia la loro originalità:
quella di vivere tra due società in cui potrebbe emergere una ricchezza personale
ma anche una ricchezza per la comunità che li accoglie.
D.
– Voi avete pensato ad una giornata interetnica di condivisione e di riflessione.
Su quali temi, in particolare?
R. – “Il lontano mi
è vicino: che bella notizia!”. Questo “lontano” noi lo abbiamo interpretato in due
maniere: lontano è l’altro migrante che cammina con me ma che io non conosco, forse
mi trovo con lui nella metropolitana, sull’autobus, a scuola, ma è un altro. E’ uno
sconosciuto. E’ lontano. E mi è vicino … Quindi, scoprire questa vicinanza è scoprire
la bella notizia: non è solamente il fatto di cronaca dell’altro che è un po’ sconosciuto,
che mi fa paura. E poi l’altro approccio, che è spirituale, religioso: il “lontano”
tante volte è Dio: per i giovani, a volte Dio sembra un po’ lontano, non mi capisce,
questa immagine del Dio lontano … Quindi, questo Dio mi è anche vicino, si è incarnato
in Gesù che cammina con me. Dunque, questa vicinanza di Dio è una bella notizia!