2009-06-06 13:10:32

Vigilia di elezioni in Libano, sfida tra la maggioranza uscente e l'alleanza filosiriana. Intervista con Camille Eid


Oltre tre milioni di elettori vanno al voto domani in Libano per scegliere i 128 deputati del Parlamento unicamerale, con un mandato di quattro anni. A sfidarsi la maggioranza uscente, quella che fa capo all'Alleanza del 14 marzo e che prende il nome dalla protesta avvenuta a Beirut dopo l'omicidio dell'ex premier Rafik Hariri nel 2005, e l'Alleanza dell’8 marzo, che si ispira ad un'altra manifestazione, ma in questo caso filosiriana, e che ha come riferimento Hezbollah. Il voto sarà monitorato da circa 2500 osservatori, nazionali ed internazionali. I risultati sono attesi per lunedì prossimo. Sull’attuale panorama politico nel Paese dei cedri, ascoltiamo il giornalista libanese Camille Eid, del quotidiano Avvenire, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - Nella campagna elettorale è stato sottolineato che se il Libano opta per la coalizione "del 14 marzo"’ vuol dire che mantiene libertà, sovranità, indipendenza, amicizia con l’Occidente, mentre se opta per l’altra coalizione finisce nel baratro dell’asse Damasco-Teheran. Chiaramente, l’"Alleanza 8 marzo" rigetta queste accuse, dicendo che invece il Libano, votandola, uscirà dal giogo dei capitali e della corruzione politica ed economica.

 
D. - La stampa internazionale parla di un evento sì di politica interna libanese, ma anche di un sistema complesso in cui le relazioni internazionali giocano un ruolo importante. Perché?

 
R. - Il peso è molto visibile, perché il Libano è sempre stato teatro di tutte le tensioni regionali e internazionali. Attualmente, si assiste al braccio di ferro tra Occidente, rappresentato dagli Stati Uniti in primo luogo, e Iran e Siria, il cosiddetto "fronte del rifiuto". Trovano insomma sfogo tutte queste espressioni.

 
D. - E i libanesi cosa ne pensano del "fattore esterno"?

 
R. - I libanesi veramente sono un po’ stanchi di questa classe politica. Intanto, quello che li soddisfa è la legge elettorale. Nelle ultime tornate di votazioni, è stata adottata una legge “fabbricata” a Damasco, che cercava di accontentare i siriani. Mentre adesso, per la prima volta, si vota con una legge che rispetta per lo meno i particolarismi di ogni provincia e, quindi, saranno eletti dei deputati maggiormente rappresentativi rispetto ai parlamenti precedenti.

 
D. - I vescovi maroniti hanno invitato gli elettori ad avere “immunità morale” contro incentivi economici e influenza straniera. Che appello è quello della Chiesa maronita?

 
R. - Il primo riferimento era al fatto che molti capitali sono entrati in azione per cercare di portare gli emigrati libanesi a votare a favore della maggioranza. Quindi, c’è uno sperpero di denaro che non si sa come poi sarà ricuperato. L’altro riferimento è al pericolo di coinvolgimento del Libano in alleanze regionali, che non giovano al suo futuro e nemmeno alla sua economia.

 
D. - Il presidente Usa, Barack Obama, nel suo discorso al mondo islamico ha affrontato anche il tema della libertà religiosa, citando proprio i maroniti in Libano, assieme ai copti in Egitto. Ha detto: “La ricchezza della diversità religiosa deve essere sostenuta”…

 
R. - Il Libano vorrebbe essere un esempio di pluralismo e multipartitismo. Ma tale pluralismo ha anche bisogno di sostegno. Fa piacere che Obama se ne sia reso conto e abbia presentato l’esempio dei copti in Egitto e dei maroniti in Libano come un esempio di pluralismo da diffondere in tutta la zona, sia nel rispetto della diversità religiosa - quindi la presenza cristiana in particolare - sia anche come eliminazione di tutte le discriminazioni.







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