2009-06-05 12:47:49

L’arcivescovo Mauro Piacenza spiega alla Radio Vaticana la funzione delle nuove facoltà concesse dal Papa alla Congregazione per il Clero


In questi ultimi giorni, alcuni organi di stampa, hanno diffuso alcune informazioni e commenti a proposito di una Lettera della Congregazione per il Clero, inviata ai nunzi affinché la portassero a conoscenza dei singoli ordinari diocesani, riguardo ad alcune nuove facoltà che sono state concesse dal Papa alla Congregazione stessa, il 30 gennaio scorso. Non si tratta di una “rivoluzione della disciplina ecclesiastica per il clero”, ma di una direttiva che va semplicemente incontro ad alcune esigenze pastorali particolari che devono affrontare i vescovi nel governo ordinario delle loro diocesi riguardo al clero. In proposito, Roberto Piermarini ha intervistato il segretario della Congregazione per il Clero, mons. Mauro Piacenza:


D. - Mons. Piacenza, si è fatto un gran parlare, in questi giorni, delle “facoltà” concesse dal Santo Padre alla Congregazione per il Clero. Di che cosa realmente si tratta?
 
R. - Non è una semplificazione delle procedure o una procedura semplificata, ma è uno strumento giuridico in continuità e coerenza con il diritto canonico vigente. Né tantomeno è una procedura che si applica automaticamente, ma che si segue solo in taluni e ben circostanziati casi, a prudente giudizio della Sede Apostolica. Infatti, immutati ed intatti sono i diritti e i doveri dei Vescovi nell’esercitare la funzione giudiziale. Il Vescovo deve sempre vigilare perché il presbitero sia fedele nell’espletamento dei doveri ministeriali; tanto è vero che è il Vescovo diocesano che deve seguire con particolare sollecitudine i presbiteri, anche tutelando i loro diritti. La larghissima maggioranza dei sacerdoti vive serenamente, nel quotidiano, la propria identità e svolge fedelmente il proprio ministero. Soltanto che, in casi particolari, la Santa Sede interviene in via sussidiaria, per riparare lo scandalo, ristabilire la giustizia e fare emendare il reo. 
D.- In pratica che cosa implicano queste facoltà speciali?
 
R.- Si deve purtroppo rilevare che talvolta si possono verificare situazioni anche di grave indisciplina da parte del clero, nelle quali i tentativi di superamento posti in atto non risultano efficaci e la situazione rischia di protrarsi eccessivamente, con grave scandalo dei fedeli e danno al bene comune. Nell’intento di voler promuovere l’attuazione di quella salus animarum, che è suprema legge della Chiesa, in data 30 gennaio u.s., il Sommo Pontefice ha concesso alla Congregazione per il Clero alcune facoltà speciali. Peraltro, facoltà speciali sono state concesse in precedenza anche ad altri Dicasteri. Innanzitutto la facoltà di trattare i casi di dimissione dallo stato clericale “in poenam”, con relativa dispensa da tutti gli obblighi decorrenti dall’ordinazione, di chierici che abbiano attentato al matrimonio anche solo civilmente e che ammoniti non si ravvedano e continuino nella condotta di vita irregolare e scandalosa; e di chierici colpevoli di gravi peccati esterni contro il sesto Comandamento. Inoltre la speciale facoltà di intervenire per infliggere una giusta pena o penitenza per una violazione esterna della legge divina o canonica; in casi veramente eccezionali ed urgenti, e di mancata volontà di ravvedimento da parte del reo, si potranno anche infliggere pene perpetue, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, qualora le particolari circostanze lo richiedessero. Naturalmente ogni eventuale caso dovrà essere istruito per mezzo di un legittimo procedimento amministrativo, salvo il diritto di difesa che deve essere sempre garantito. Infine c’è la facoltà speciale di dichiarare la perdita dello stato clericale, dei chierici che abbiano abbandonato il ministero per un periodo superiore ai 5 anni consecutivi, e che persistano in tale assenza volontaria ed illecita dal ministero. Nulla di automatico: non c’è automatismo nei tempi e tutto è vagliato caso per caso e sempre per situazioni gravi. Nessuno pensi superficialmente ad una sorta di generica semplificazione in materia così delicata. Nessun automatismo, ma vaglio e vaglio rigoroso! 
 
D.- Quindi tali facoltà in definitiva aiutano i sacerdoti? 
 
R. - Si è addivenuti alla concessione di queste facoltà nel vivo desiderio di contribuire ad onorare la missione e la figura dei sacerdoti che, in questo periodo diffusamente connotato dalla secolarizzazione, sono gravati dalla fatica di dover pensare ed agire controcorrente per fedeltà alla propria identità e missione. Il sacerdote agisce in persona di Cristo Capo e Pastore. In mezzo al gregge loro affidato, i presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza di Cristo, facendosi quasi sua trasparenza. Ecco perché è necessaria, anzi indispensabile, la tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale, senza indulgere in facili “angelismi”, ma avendo ben presente la struttura antropologica umana che, ferita dal peccato originale, domanda la continua ascesi del sacerdote, nella fedeltà alle promesse del giorno dell’Ordinazione e nel rispetto degli intangibili diritti di Dio. Tutto ciò è particolarmente importante anche per comprendere la motivazione teologica del celibato sacerdotale, poiché la volontà della Chiesa, al riguardo, trova la sua ultima motivazione nel legame di specialissima convenienza che il celibato ha con l'Ordinazione, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. Perciò la Chiesa ha ribadito nel Concilio Vaticano II e ripetutamente nel successivo Magistero Pontificio, così come nei Sinodi, la «ferma volontà di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati all'ordinazione sacerdotale nel rito latino». Il celibato sacerdotale è un dono che la Chiesa ha ricevuto e vuole custodire, convinta più che mai che esso sia un bene per se stessa e per il mondo. 
 
D. - In conclusione che cosa augura ai sacerdoti?
 
 
R.- L’auspicio di questa Congregazione è che ogni Vescovo si applichi sempre più con autentica paternità e carità pastorale a far sì che i propri più preziosi collaboratori, i sacerdoti, sappiano vivere la disciplina ecclesiastica che discende dalla dottrina, come discepolanza, con profonde motivazioni interiori. È bene sempre ricordare che a nulla vale l’affanno del «fare» quotidiano senza l’«essere in Cristo», che si documenta nell’ esperienza della Sua Divina Misericordia. 

 Interview with Vatican radio
Given on the 5th June 2009
by His Excellency, The Most Reverend Mauro Piacenza
Secretary of the Congregation for the Clergy 1. Your Excellency, There has been a great deal of discussion in recent days concerning the “faculties” granted by the Holy Father to the Congregation for the Clergy. Could you tell us what they are, in fact?
 
R. The first thing that needs to be said is that this is not a simplification of procedures or even a simplified procedure, but rather a juridical instrument consistent and coherent with current canon law .
Much less can it be said to be a procedure to be applied automatically, but rather one which is pursued in certain and very circumscribed cases according to the prudent judgement of the Apostolic See.
In actual fact, the rights and duties of the Bishop to exercise the judicial function remain intact and unchanged. The Bishop must always remain watchful that the priest would be faithful in fulfilling his ministerial duties; this is all the more so for the Diocesan Bishop who must accompany his priests with particular solicitude, which also means protecting their rights. We must remember that the great majority of priests peacefully live their proper identity and faithfully exercise their proper ministry in their everyday lives.
It is only in particular cases that the Holy See subsequently intervenes in order to repair scandal, to restore justice or to reform the offender.

2. What do these special faculties mean in practice?

R. One must unfortunately realise that every so often situations of grave indiscipline on the part of the clergy in which all efforts to overcome the difficulties have prove to be ineffective and the situation threatens to become harmful, causing grave scandal to the Faithful and harming the common good.

In order to promote the salus animarum, which is the supreme law of the Church, the Supreme Pontiff has granted to the Congregation for the Clergy some special faculties. Special faculties had already been granted to other Dicasteries previously.

Most notably, this is the faculty to treat cases of dismissal from the clerical state in poenam, along with the dispensation from the obligations arising from ordination, of clerics who have attempted marriage, even if only civilly, and who, even though they have been admonished, have not withdrawn from this state, therefore persisting in an irregular and scandalous life; and of clerics who are guilty of grave external sins against the Sixth Commandment.

It is also the faculty to intervene for the imposition of a just penalty or penance for the external violation of divine or canon law. In truly exceptional and urgent cases, and where the offender has no intention to reform his life, perpetual penalties can also be imposed, including dismissal from the clerical state, whenever the circumstances might require it.

Naturally every eventual case must be instructed by means of a legitimate administrative process, including the right to self-defence which must always be guaranteed.

Finally, there is the faculty to declare the loss of the clerical state for clerics who have abandoned the ministry for a period greater than five consecutive years and who persist in such freely chosen and illicit absence from the ministry.

There is nothing automatic about these procedures, nor is there an automatic timeframe, and each case is considered individually, and applied only for the gravest circumstance.

In such delicate material, no one must think of this superficially as a sort of generic simplification. There is nothing automatic about it, but rather it requires an evaluation, and a rigorous evaluation at that.

3. Therefore, will such faculties definitely be of help to priests?
 
R. We have arrived at the concession of these faculties by a real desire to honour the mission and the figure of the priests who, in this period when secularisation is so widely diffused, bear the burden of thinking and acting counter-culturally out of fidelity to their proper identity and mission.

The priest acts in the person of Christ the Head and Shepherd. In the midst of the flock entrusted to them priests are called to make the presence of Christ felt, making him almost transparently visible within their lives.

It is for this reason that a true tension towards moral perfection is not only necessary but indeed indispensable, and which needs to find a place in every authentically priestly heart, not falling into some kind of facile “angelism”, but really bearing in mind the anthropological human structure which, wounded by original sin, asks of the priest a continuous asceticism in fidelity to the promises made on the day of Ordination and respecting the intangible rights of God upon us.

All this is particularly important as well for an understanding of the theological motivation for priestly celibacy because the will of the Church with regard to this finds its ultimate motivation in the unique coherence that celibacy has with Ordination, which configures the priest to Jesus Christ the Head and Spouse of the Church. Indeed, for this reason the Church has reaffirmed at the Second Vatican Council and repeatedly in the subsequent Pontifical Magisterium the “firm will to maintain the law that demands perpetual and freely chosen celibacy for present and future candidates for priestly ordination in the Latin rite”. Priestly celibacy is a gift the Church has received and wishes to protect, convinced more than ever that it is a gift for herself and for the world.

4. In conlusion, what greeting do you have for priests?
 
    The wish of this Congregation is that every Bishop would apply himself more and more with authentic fatherliness and pastoral charity to ensure that the priests, his closest and most precious collaborators, might know how to live the discipline of the Church which flows from her doctrine as a true discipleship and with profound interior motivations. It is always good to recall that exhausting “doing” of things every day is of little worth without the “being in Christ”, which sows itself in the experience of His Divine Mercy.


 Entrevista com S. E. R. Dom Mauro Piacenza,
Secretário da Congregação para o Clero
concedida à Rádio Vaticana,
no dia 05 de junho de 2009
   1. Excelência Reverendíssima, nos últimos dias houve uma grande repercussão a questão das “faculdades” concedidas pelo Santo Padre à Congregação para o Clero. De que realmente se trata? 
R. Não é uma simplificação de procedimentos ou um processo simplificado, mas um instrumento jurídico em continuidade e em coerência com o direito canônico vigente. Não se trata, muito menos, de um procedimento que se aplica automaticamente, mas que deve ser seguido só em alguns e muito bem determinados casos, ao prudente juízo da Sé Apostólica.
De fato, imutáveis e intactos são os direitos e os deveres dos Bispos no exercício da função judiciária. O Bispo deve vigiar sempre para que o presbítero seja fiel no cumprimento dos seus deveres ministeriais. O Bispo diocesano deve acompanhar os seus presbíteros com solicitude, também tutelando os seus direitos. A grande maioria dos sacerdotes vive serenamente, na vida ordinária, a própria identidade e desempenha fielmente o próprio ministério. A Santa Sé intervém de forma subsidiária, em casos particulares, para reparar o escândalo, restabelecer a justiça e emendar o réu.

2. Na prática, em que implicam essas faculdades especiais? 
R. Note-se que, infelizmente, algumas vezes podem ocorrer situações de grave indisciplina por parte do clero, onde os meios adotados, que visam a sua superação, não sejam eficazes e, em tais situações, corre-se o risco de procrastinar-se excessivamente, com grave escândalo para os fiéis e dano ao bem comum.
Com a intenção de promover a salus animarum, que é a suprema lei da Igreja, no dia 30 de janeiro último, o Sumo Pontífice concedeu à Congregação para o Clero algumas faculdades especiais. Precedentemente, também foram concedidas faculdades especiais a outros Dicastérios da Cúria Romana.
Trata-se, antes de tudo, da faculdade de tratar os casos de demissão do estado clerical “in poenam”, com a respectiva dispensa de todas as obrigações inerentes à ordenação, de clérigos que atentaram matrimônio mesmo só civilmente e que, admoestados, não se emendaram, persistindo em uma conduta irregular e escandalosa, e de clérigos que cometeram outros graves delitos contra o Sexto Mandamento do Decálogo.
A especial faculdade de intervir para infligir uma justa pena ou uma penitência, nos casos de violação externa da lei divina e canônica. Em casos realmente excepcionais e urgentes, quando se configurar a falta de vontade de emenda por parte do réu, se poderá também infligir penas perpétuas, sem exclusão da demissão do estado clerical, quando circunstâncias particulares assim o exigirem.
Naturalmente, todo e qualquer eventual caso deverá ser instruído através de um legítimo procedimento administrativo, ressalvado sempre o direito de defesa, que deve ser sempre garantido.
E, finalmente, a faculdade especial de declarar a perda do estado clerical dos clérigos que abandonaram o ministério por um período superior a 5 anos consecutivos e que persistam em tal ausência voluntária e ilícita do ministério.
Nada feito de modo automático. Não há “automatismo” nos tempos, os casos são avaliados singularmente e sempre em situações graves.
Que ninguém pense superficialmente em algum tipo de simplificação genérica em matéria tão delicada. Nada de “automatismo”, mas de crivo e crivo rigoroso!

3. Portanto, tais faculdades, de fato, ajudam aos sacerdotes? 
R. Chegou-se à concessão de tais faculdades com o vivo desejo de contribuir para com o honrar a missão e a figura dos sacerdotes que, neste período difusamente marcado pela secularização, são agravados pela fatiga de ter que pensar e agir contracorrente, para a fidelidade à própria identidade e missão.
Os sacerdotes agem in persona Christi Capitis et Pastoris. Em meio ao rebanho a eles confiado, os presbíteros são chamados a prolongar a presença de Cristo, fazendo-se seu reflexo.
Eis porque é necessária, ou melhor, indispensável, a tensão verso a perfeição moral, que deve habitar em todo coração autenticamente sacerdotal, sem dar lugar a falsos “angelicalismos”, mas tendo em vista a estrutura antropológica humana. Tal estrutura, ferida pelo pecado original, exige a contínua ascese do sacerdote, na fidelidade às promessas feitas no dia da Ordenação e com profundo respeito pelos intangíveis direitos de Deus.
Tudo isto é particularmente importante também para compreender a motivação teológica do celibato sacerdotal, porque a vontade da Igreja a tal propósito, encontra a sua motivação última na ligação de especialíssima conveniência, entre o celibato e a Ordenação. Tal ato sacramental configura o sacerdote a Jesus Cristo, Cabeça e Esposo da Igreja. Por isso, a Igreja confirmou – no Concílio Vaticano II, repetidamente, no sucessivo Magistério Pontifício e nos Sínodos – a “firme vontade de manter a lei que exige o celibato livremente aceito e perpétuo para os candidatos a ordenação sacerdotal no rito latino”. O celibato sacerdotal é um dom que a Igreja recebeu e deseja guardar, convicta que é um bem para si mesma e para o mundo.

4. Concluindo, o que deseja aos sacerdotes? 
R. Esta Congregação espera que cada Bispo se empenhe, cada vez mais, com autêntica paternidade e caridade pastoral, para que os seus mais preciosos colaboradores saibam viver a disciplina eclesiástica como discipulado e possam viver a disciplina própria da vida sacerdotal com motivações interiores profundas, conscientes de que nada vale o afã do “fazer” quotidianamente, sem o “ser em Cristo”, tal como se atesta na experiência da Sua Divina Misericórdia.
 







All the contents on this site are copyrighted ©.