L’arcivescovo Mauro Piacenza spiega alla Radio Vaticana la funzione delle nuove
facoltà concesse dal Papa alla Congregazione per il Clero
In questi ultimi giorni, alcuni organi di stampa, hanno diffuso alcune informazioni
e commenti a proposito di una Lettera della Congregazione per il Clero, inviata ai
nunzi affinché la portassero a conoscenza dei singoli ordinari diocesani, riguardo
ad alcune nuove facoltà che sono state concesse dal Papa alla Congregazione stessa,
il 30 gennaio scorso. Non si tratta di una “rivoluzione della disciplina ecclesiastica
per il clero”, ma di una direttiva che va semplicemente incontro ad alcune esigenze
pastorali particolari che devono affrontare i vescovi nel governo ordinario delle
loro diocesi riguardo al clero. In proposito, Roberto Piermarini ha intervistato
il segretario della Congregazione per il Clero, mons. Mauro Piacenza:
D.
- Mons. Piacenza, si è fatto un gran parlare, in questi giorni, delle “facoltà” concesse
dal Santo Padre alla Congregazione per il Clero. Di che cosa realmente si tratta? R.
- Non è una semplificazione delle procedure o una procedura semplificata,
ma è uno strumento giuridico in continuità e coerenza con il diritto canonico vigente.
Né tantomeno è una procedura che si applica automaticamente, ma che si segue solo
in taluni e ben circostanziati casi, a prudente giudizio della Sede Apostolica. Infatti,
immutati ed intatti sono i diritti e i doveri dei Vescovi nell’esercitare la funzione
giudiziale. Il Vescovo deve sempre vigilare perché il presbitero sia fedele nell’espletamento
dei doveri ministeriali; tanto è vero che è il Vescovo diocesano che deve seguire
con particolare sollecitudine i presbiteri, anche tutelando i loro diritti. La larghissima
maggioranza dei sacerdoti vive serenamente, nel quotidiano, la propria identità e
svolge fedelmente il proprio ministero. Soltanto che, in casi particolari, la Santa
Sede interviene in via sussidiaria, per riparare lo scandalo, ristabilire la giustizia
e fare emendare il reo. D.- In pratica che cosa implicano queste facoltà
speciali? R.- Si deve purtroppo rilevare
che talvolta si possono verificare situazioni anche di grave indisciplina da parte
del clero, nelle quali i tentativi di superamento posti in atto non risultano efficaci
e la situazione rischia di protrarsi eccessivamente, con grave scandalo dei fedeli
e danno al bene comune. Nell’intento di voler promuovere l’attuazione di quella salus
animarum, che è suprema legge della Chiesa, in data 30 gennaio u.s., il Sommo Pontefice
ha concesso alla Congregazione per il Clero alcune facoltà speciali. Peraltro, facoltà
speciali sono state concesse in precedenza anche ad altri Dicasteri. Innanzitutto
la facoltà di trattare i casi di dimissione dallo stato clericale “in poenam”, con
relativa dispensa da tutti gli obblighi decorrenti dall’ordinazione, di chierici che
abbiano attentato al matrimonio anche solo civilmente e che ammoniti non si ravvedano
e continuino nella condotta di vita irregolare e scandalosa; e di chierici colpevoli
di gravi peccati esterni contro il sesto Comandamento. Inoltre la speciale facoltà
di intervenire per infliggere una giusta pena o penitenza per una violazione esterna
della legge divina o canonica; in casi veramente eccezionali ed urgenti, e di mancata
volontà di ravvedimento da parte del reo, si potranno anche infliggere pene perpetue,
non esclusa la dimissione dallo stato clericale, qualora le particolari circostanze
lo richiedessero. Naturalmente ogni eventuale caso dovrà essere istruito per mezzo
di un legittimo procedimento amministrativo, salvo il diritto di difesa che deve essere
sempre garantito. Infine c’è la facoltà speciale di dichiarare la perdita dello stato
clericale, dei chierici che abbiano abbandonato il ministero per un periodo superiore
ai 5 anni consecutivi, e che persistano in tale assenza volontaria ed illecita dal
ministero. Nulla di automatico: non c’è automatismo nei tempi e tutto è vagliato caso
per caso e sempre per situazioni gravi. Nessuno pensi superficialmente ad una sorta
di generica semplificazione in materia così delicata. Nessun automatismo, ma vaglio
e vaglio rigoroso! D.- Quindi tali facoltà in definitiva aiutano
i sacerdoti? R. - Si è addivenuti alla
concessione di queste facoltà nel vivo desiderio di contribuire ad onorare la missione
e la figura dei sacerdoti che, in questo periodo diffusamente connotato dalla secolarizzazione,
sono gravati dalla fatica di dover pensare ed agire controcorrente per fedeltà alla
propria identità e missione. Il sacerdote agisce in persona di Cristo Capo e Pastore.
In mezzo al gregge loro affidato, i presbiteri sono chiamati a prolungare la presenza
di Cristo, facendosi quasi sua trasparenza. Ecco perché è necessaria, anzi indispensabile,
la tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente
sacerdotale, senza indulgere in facili “angelismi”, ma avendo ben presente la struttura
antropologica umana che, ferita dal peccato originale, domanda la continua ascesi
del sacerdote, nella fedeltà alle promesse del giorno dell’Ordinazione e nel rispetto
degli intangibili diritti di Dio. Tutto ciò è particolarmente importante anche per
comprendere la motivazione teologica del celibato sacerdotale, poiché la volontà della
Chiesa, al riguardo, trova la sua ultima motivazione nel legame di specialissima convenienza
che il celibato ha con l'Ordinazione, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo
e Sposo della Chiesa. Perciò la Chiesa ha ribadito nel Concilio Vaticano II e ripetutamente
nel successivo Magistero Pontificio, così come nei Sinodi, la «ferma volontà di mantenere
la legge che esige il celibato liberamente scelto e perpetuo per i candidati all'ordinazione
sacerdotale nel rito latino». Il celibato sacerdotale è un dono che la Chiesa ha ricevuto
e vuole custodire, convinta più che mai che esso sia un bene per se stessa e per il
mondo. D. - In conclusione che cosa augura ai sacerdoti? R.-
L’auspicio di questa Congregazione è che ogni Vescovo si applichi sempre
più con autentica paternità e carità pastorale a far sì che i propri più preziosi
collaboratori, i sacerdoti, sappiano vivere la disciplina ecclesiastica che discende
dalla dottrina, come discepolanza, con profonde motivazioni interiori. È bene sempre
ricordare che a nulla vale l’affanno del «fare» quotidiano senza l’«essere in Cristo»,
che si documenta nell’ esperienza della Sua Divina Misericordia.
Interview
with Vatican radio Given on the 5th June 2009 by His Excellency,
The Most Reverend Mauro Piacenza Secretary of the Congregation for the Clergy 1.
Your Excellency, There has been a great deal of discussion in recent days concerning
the “faculties” granted by the Holy Father to the Congregation for the Clergy. Could
you tell us what they are, in fact? R. The first thing
that needs to be said is that this is not a simplification of procedures or even a
simplified procedure, but rather a juridical instrument consistent and coherent with
current canon law . Much less can it be said to be a procedure to be applied
automatically, but rather one which is pursued in certain and very circumscribed cases
according to the prudent judgement of the Apostolic See. In actual fact, the
rights and duties of the Bishop to exercise the judicial function remain intact and
unchanged. The Bishop must always remain watchful that the priest would be faithful
in fulfilling his ministerial duties; this is all the more so for the Diocesan Bishop
who must accompany his priests with particular solicitude, which also means protecting
their rights. We must remember that the great majority of priests peacefully live
their proper identity and faithfully exercise their proper ministry in their everyday
lives. It is only in particular cases that the Holy See subsequently intervenes
in order to repair scandal, to restore justice or to reform the offender.
2.
What do these special faculties mean in practice?
R.
One must unfortunately realise that every so often situations of grave indiscipline
on the part of the clergy in which all efforts to overcome the difficulties have prove
to be ineffective and the situation threatens to become harmful, causing grave scandal
to the Faithful and harming the common good.
In order to promote the salus
animarum, which is the supreme law of the Church, the Supreme Pontiff has granted
to the Congregation for the Clergy some special faculties. Special faculties had already
been granted to other Dicasteries previously.
Most notably, this is the faculty
to treat cases of dismissal from the clerical state in poenam, along with the
dispensation from the obligations arising from ordination, of clerics who have attempted
marriage, even if only civilly, and who, even though they have been admonished, have
not withdrawn from this state, therefore persisting in an irregular and scandalous
life; and of clerics who are guilty of grave external sins against the Sixth Commandment.
It is also the faculty to intervene for the imposition of a just penalty
or penance for the external violation of divine or canon law. In truly exceptional
and urgent cases, and where the offender has no intention to reform his life, perpetual
penalties can also be imposed, including dismissal from the clerical state, whenever
the circumstances might require it.
Naturally every eventual case must be
instructed by means of a legitimate administrative process, including the right to
self-defence which must always be guaranteed.
Finally, there is the faculty
to declare the loss of the clerical state for clerics who have abandoned the ministry
for a period greater than five consecutive years and who persist in such freely chosen
and illicit absence from the ministry.
There is nothing automatic about these
procedures, nor is there an automatic timeframe, and each case is considered individually,
and applied only for the gravest circumstance.
In such delicate material,
no one must think of this superficially as a sort of generic simplification. There
is nothing automatic about it, but rather it requires an evaluation, and a rigorous
evaluation at that.
3. Therefore, will such faculties definitely be of
help to priests? R. We have arrived at the concession of these
faculties by a real desire to honour the mission and the figure of the priests who,
in this period when secularisation is so widely diffused, bear the burden of thinking
and acting counter-culturally out of fidelity to their proper identity and mission.
The priest acts in the person of Christ the Head and Shepherd. In the midst
of the flock entrusted to them priests are called to make the presence of Christ felt,
making him almost transparently visible within their lives.
It is for this
reason that a true tension towards moral perfection is not only necessary but indeed
indispensable, and which needs to find a place in every authentically priestly heart,
not falling into some kind of facile “angelism”, but really bearing in mind the anthropological
human structure which, wounded by original sin, asks of the priest a continuous asceticism
in fidelity to the promises made on the day of Ordination and respecting the intangible
rights of God upon us.
All this is particularly important as well for an
understanding of the theological motivation for priestly celibacy because the will
of the Church with regard to this finds its ultimate motivation in the unique coherence
that celibacy has with Ordination, which configures the priest to Jesus Christ the
Head and Spouse of the Church. Indeed, for this reason the Church has reaffirmed at
the Second Vatican Council and repeatedly in the subsequent Pontifical Magisterium
the “firm will to maintain the law that demands perpetual and freely chosen celibacy
for present and future candidates for priestly ordination in the Latin rite”. Priestly
celibacy is a gift the Church has received and wishes to protect, convinced more than
ever that it is a gift for herself and for the world.
4. In conlusion,
what greeting do you have for priests? The wish of
this Congregation is that every Bishop would apply himself more and more with authentic
fatherliness and pastoral charity to ensure that the priests, his closest and most
precious collaborators, might know how to live the discipline of the Church which
flows from her doctrine as a true discipleship and with profound interior motivations.
It is always good to recall that exhausting “doing” of things every day is of little
worth without the “being in Christ”, which sows itself in the experience of His Divine
Mercy.
Entrevista com S. E. R. Dom Mauro Piacenza, Secretário
da Congregação para o Clero concedida à Rádio Vaticana, no dia
05 de junho de 2009 1. Excelência Reverendíssima, nos últimos dias houve
uma grande repercussão a questão das “faculdades” concedidas pelo Santo Padre à Congregação
para o Clero. De que realmente se trata? R. Não é uma simplificação
de procedimentos ou um processo simplificado, mas um instrumento jurídico em continuidade
e em coerência com o direito canônico vigente. Não se trata, muito menos, de um procedimento
que se aplica automaticamente, mas que deve ser seguido só em alguns e muito bem determinados
casos, ao prudente juízo da Sé Apostólica. De fato, imutáveis e intactos são os
direitos e os deveres dos Bispos no exercício da função judiciária. O Bispo deve vigiar
sempre para que o presbítero seja fiel no cumprimento dos seus deveres ministeriais.
O Bispo diocesano deve acompanhar os seus presbíteros com solicitude, também tutelando
os seus direitos. A grande maioria dos sacerdotes vive serenamente, na vida ordinária,
a própria identidade e desempenha fielmente o próprio ministério. A Santa Sé intervém
de forma subsidiária, em casos particulares, para reparar o escândalo, restabelecer
a justiça e emendar o réu.
2. Na prática, em que implicam essas faculdades
especiais? R. Note-se que, infelizmente, algumas vezes podem ocorrer
situações de grave indisciplina por parte do clero, onde os meios adotados, que visam
a sua superação, não sejam eficazes e, em tais situações, corre-se o risco de procrastinar-se
excessivamente, com grave escândalo para os fiéis e dano ao bem comum. Com a intenção
de promover a salus animarum, que é a suprema lei da Igreja, no dia 30 de janeiro
último, o Sumo Pontífice concedeu à Congregação para o Clero algumas faculdades especiais.
Precedentemente, também foram concedidas faculdades especiais a outros Dicastérios
da Cúria Romana. Trata-se, antes de tudo, da faculdade de tratar os casos de demissão
do estado clerical “in poenam”, com a respectiva dispensa de todas as obrigações inerentes
à ordenação, de clérigos que atentaram matrimônio mesmo só civilmente e que, admoestados,
não se emendaram, persistindo em uma conduta irregular e escandalosa, e de clérigos
que cometeram outros graves delitos contra o Sexto Mandamento do Decálogo. A especial
faculdade de intervir para infligir uma justa pena ou uma penitência, nos casos de
violação externa da lei divina e canônica. Em casos realmente excepcionais e urgentes,
quando se configurar a falta de vontade de emenda por parte do réu, se poderá também
infligir penas perpétuas, sem exclusão da demissão do estado clerical, quando circunstâncias
particulares assim o exigirem. Naturalmente, todo e qualquer eventual caso deverá
ser instruído através de um legítimo procedimento administrativo, ressalvado sempre
o direito de defesa, que deve ser sempre garantido. E, finalmente, a faculdade
especial de declarar a perda do estado clerical dos clérigos que abandonaram o ministério
por um período superior a 5 anos consecutivos e que persistam em tal ausência voluntária
e ilícita do ministério. Nada feito de modo automático. Não há “automatismo” nos
tempos, os casos são avaliados singularmente e sempre em situações graves. Que
ninguém pense superficialmente em algum tipo de simplificação genérica em matéria
tão delicada. Nada de “automatismo”, mas de crivo e crivo rigoroso!
3. Portanto,
tais faculdades, de fato, ajudam aos sacerdotes? R. Chegou-se à concessão
de tais faculdades com o vivo desejo de contribuir para com o honrar a missão e a
figura dos sacerdotes que, neste período difusamente marcado pela secularização, são
agravados pela fatiga de ter que pensar e agir contracorrente, para a fidelidade à
própria identidade e missão. Os sacerdotes agem in persona Christi Capitis
et Pastoris. Em meio ao rebanho a eles confiado, os presbíteros são chamados a
prolongar a presença de Cristo, fazendo-se seu reflexo. Eis porque é necessária,
ou melhor, indispensável, a tensão verso a perfeição moral, que deve habitar em todo
coração autenticamente sacerdotal, sem dar lugar a falsos “angelicalismos”, mas tendo
em vista a estrutura antropológica humana. Tal estrutura, ferida pelo pecado original,
exige a contínua ascese do sacerdote, na fidelidade às promessas feitas no dia da
Ordenação e com profundo respeito pelos intangíveis direitos de Deus. Tudo isto
é particularmente importante também para compreender a motivação teológica do celibato
sacerdotal, porque a vontade da Igreja a tal propósito, encontra a sua motivação última
na ligação de especialíssima conveniência, entre o celibato e a Ordenação. Tal ato
sacramental configura o sacerdote a Jesus Cristo, Cabeça e Esposo da Igreja. Por isso,
a Igreja confirmou – no Concílio Vaticano II, repetidamente, no sucessivo Magistério
Pontifício e nos Sínodos – a “firme vontade de manter a lei que exige o celibato livremente
aceito e perpétuo para os candidatos a ordenação sacerdotal no rito latino”. O celibato
sacerdotal é um dom que a Igreja recebeu e deseja guardar, convicta que é um bem para
si mesma e para o mundo.
4. Concluindo, o que deseja aos sacerdotes? R.
Esta Congregação espera que cada Bispo se empenhe, cada vez mais, com autêntica paternidade
e caridade pastoral, para que os seus mais preciosos colaboradores saibam viver a
disciplina eclesiástica como discipulado e possam viver a disciplina própria da vida
sacerdotal com motivações interiores profundas, conscientes de que nada vale o afã
do “fazer” quotidianamente, sem o “ser em Cristo”, tal como se atesta na experiência
da Sua Divina Misericórdia.