Dal Cairo, Obama al mondo arabo: "Sono qui per un nuovo inizio"
Obama propone un "nuovo inizio" al mondo musulmano nell’atteso discorso all’università
del Cairo. Tanti i temi toccati dal presidente degli Stati Uniti che ha posto in primo
piano il processo di pace in Medio Oriente. Il servizio di Marco Guerra: Processo
di pace israelo–palestinese, il nucleare iraniano, lotta al terrorismo e le guerre
in Afghanistan e Iraq, ma anche pari opportunità per le donne, libertà religiosa e
accesso all’istruzione. È andato oltre le aspettative il discorso di riconciliazione
con il mondo musulmano del presidente Obama. Le parole pronunciate all’università
del Cairo sono molto più di una mano tesa, ma la base di una vera è propria piattaforma
comune per far partire quello che definisce un nuovo inizio nei rapporti tra Usa e
Medio Oriente. Per fare questo il presidente degli Stati Uniti ha chiesto di superare
gli stereotipi che per troppi anni hanno diviso L’Occidente e i Paesi arabi ed ha
chiamato tutti a guardare a ciò che unisce piuttosto che ciò che divide. Sforzo sottolineato
dalla citazione dei libri sacri Bibbia e Corano. L’appello di Obama è andato oltre
la retorica dell’incontro tra culture affermando che "l'islam è parte dell'America".
Obama è quindi partito dalla tragedia dell’11 settembre per arrivare a tutte le scelte
che hanno portato l’America ad agire in modo contrario rispetto a suoi ideali. E cosi
se l’intervento in Afghanistan è stato “invitabile” la stessa cosa non può dirsi dell’Iraq.
Non meno incisivo è poi il passaggio sulla questione palestinese: l’inquilino della
Casa Bianca ha ribadito con fermezza la necessità che Israele interrompa la politica
degli insediamenti. Ma ha esortato i palestinesi a fermare da subito la violenza.
Il tutto in prospettiva della soluzione dei due Stati. Aperture inaspettate si registrano
poi sul programma nucleare di Teheran. “L'Iran - ha precisato - dovrebbe avere accesso
al nucleare pacifico, ma deve aderire al Trattato di non-proliferazione”. Parlando
di democrazia e libertà ha invece sottolineato che ''nessun sistema di governo può
o dovrebbe essere imposto da una nazione sopra qualsiasi altra''. Infine, c’è stato
spazio anche per i diritti delle donne e la libertà di religione, in merito alla quale
si è riferito alla situazione dei maroniti in Libano e dei Copti in Egitto.
La voce del primo presidente Usa afroamericano è stata più volte interrotta dagli
applausi degli studenti egiziani che con molta probabilità anticipano la vasta eco
che il discorso avrà nel mondo musulmano. Sul tema del riavvicinamento
degli Stati Uniti al mondo arabo, primo tema affrontato nel suo discorso dal presidente
Obama, Stefano Leszczynski ha sentito l’ambasciatore Mario Scialoja,
consigliere d’amministrazione del Centro islamico culturale d’Italia:
R. – E’ un
discorso che, indubbiamente, marca una differenza rispetto alla linea seguita dalla
precedente amministrazione americana: il fatto che il presidente Obama abbia riconosciuto
che l’islam fa parte della stessa società americana, con i 7 milioni di cittadini
di religione musulmana che vivono negli Stati; il fatto che abbia fatto riferimento,
abbia citato varie volte versetti del Sacro Corano, insistendo sul fatto che l’islam
è una religione di pace e non di guerra; il fatto che si sia riferito al problema
mediorientale riconoscendo sì, l’esistenza e la necessità dell’esistenza di due Stati
– uno Stato palestinese ed uno Stato israeliano – ma che abbia contemporaneamente
fatto appello ad Hamas perché rinunci all’uso della violenza e apra un discorso politico,
pacifico e sincero: questi sono tutti elementi che francamente mi hanno – non dico
sorpreso - ma mi hanno veramente compiaciuto. Mi sembra che il presidente Obama abbia
toccato le corde giuste nel cuore dei musulmani e del mondo intero, e che abbia aperto
un’era di un dialogo più aperto e più franco tra gli Stati Uniti e il mondo islamico. D.
– Il presidente Obama non ha eluso il problema del terrorismo e della minaccia estremista
sul mondo … R. – Il presidente Obama, appunto, ha riconosciuto
che i musulmani stessi sono vittime del terrorismo. Ma io penso che lui abbia fatto
un giusto appello alla necessità di isolare questi gruppi di violenti che costituiscono
senz’altro una minoranza. Io trovo che sia stato un messaggio che debba essere recepito,
perché nel mondo islamico stesso questi gruppi devono essere isolati, circoscritti
e combattuti. Un discorso intenso, dunque, quello del presidente
degli Stati Uniti Barack Obama, che ha tentato di risanare il solco che si è creato
tra Stati Uniti e mondo islamico negli ultimi anni. Riuscirà nel suo intento? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto a Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica
“Limes”:
R. – L’intenzione
c’è, il coraggio pure. Lo stesso Obama è consapevole che sarà un’impresa di lungo
periodo, semmai riuscirà. Certamente, la situazione sul terreno non favorisce questa
intenzione. D. – E' stata chiesta concretezza, non sole parole.
Quali sono adesso queste azioni di concretezza sulle quali procederà l’amministrazione
americana? R. – Io credo che adesso l’amministrazione americana
sia soprattutto concentrata ad ottenere da Israele un significativo segnale sul fronte
delle colonie ebraiche in Cisgiordania. Mi pare anche che da parte israeliana non
ci sia alcuna intenzione di dar seguito a queste pressioni americane. Quindi, c’è
un braccio di ferro, una tensione molto forte tra il governo israeliano e il governo
americano. D. – Sul fronte iracheno, da parte del presidente
americano, c’è stata una sorta di ammissione di colpa su un conflitto che ha di fatto
spaccato gli stessi Stati Uniti... R. – Sì, Obama ha distinto
tra la guerra in Afghanistan, una necessità, e la guerra in Iraq, una scelta. E ha
detto anche molto chiaramente che gli americani non intendono mantenere soldati e
basi né in Afghanistan né in Iraq. D. – Quanto questo discorso
mette un punto rispetto alla passata amministrazione Bush? R. –
Questo discorso in sé non mette un punto particolare se non nelle intenzioni. Quello
che finora manca in Obama è una linea politica che sia conseguente a queste grandi
dichiarazioni di principio. Non c’è ancora una strategia chiara.