Il difficile cammino per la pace nella Repubblica Democratica del Congo: la testimonianza
del vescovo congolese Fridolin Ambongo
I caschi blu dell’Onu e l’esercito congolese hanno condotto nei giorni scorsi un’operazione
congiunta contro un gruppo di ribelli hutu ruandese, nella parte est della Repubblica
Democratica del Congo. Secondo la Monuc, la missione Onu di peacekeeping, l’operazione
è stata necessaria per fermare le violenze perpetrate dai ribelli contro la popolazione
civile. Nonostante la guerra civile in Congo sia finita, dunque, la situazione è tutt’altro
che pacificata. E’ quanto sottolinea mons. Fridolin Ambongo, vescovo della
diocesi di Bokungu-Ikela e presidente della Commissione giustizia e pace della Conferenza
episcopale congolese, intervistato da Alessandro Gisotti:
R.
- Non c’è più la guerra come qualche anno fa ma, comunque, non c’è la pace. Adesso
sono rimasti due gruppi di ribelli che stanno facendo delle cose orribili: ammazzano
la gente, commettono violenze sulle donne. E’ terribile per noi. Anche i soldati governativi,
quando vanno lì per combattere i ribelli, a volte fanno peggio degli stessi ribelli
che vogliono combattere. Alla fine, la vittima è sempre la popolazione congolese.
D.
- Quanto è urgente che vengano ascoltate le parole dei vescovi, della Chiesa del Congo?
R.
- L’ultima volta che noi vescovi ci siamo incontrati per riflettere sulla situazione
della violenza in Congo abbiamo pubblicato una dichiarazione e poi abbiamo detto:
la dichiarazione non basta, dobbiamo andare a parlare con i “capi” di questo mondo,
da cui dipende la situazione in Congo. Nei mesi di novembre e dicembre siamo stati
in Canada, negli Stati Uniti, all’Onu, anche in Francia, in Belgio, per parlare con
i responsabili politici. Dopo il nostro passaggio all’Onu, c’è stato un cambiamento
in senso positivo in Congo. Per questo, noi lavoriamo insieme con i vescovi del Rwanda
per costruire un ponte di pace fra questi popoli.
D.
- Anche di recente nel suo viaggio in Africa, il Papa ha chiesto di non strumentalizzare
l’Africa e i suoi problemi, un qualcosa che è molto presente in Congo…
R.
- Siamo stati molto contenti di sentire il Papa dire queste cose, perché noi lo abbiamo
sempre detto. Sentire le stesse cose dalla bocca del Papa è stata per noi una gioia.
Questa è la realtà, tutte queste guerre, questa sofferenza del popolo, vengono dai
capi, alcuni sono i nostri “capi” ma i veri “capi” sono fuori del Congo, perché il
motivo che c’è dietro la guerra sono le ricchezze e di queste ricchezze approfittano
gli altri, non il popolo congolese.
D. - In ottobre
si terrà il Sinodo dei vescovi per l’Africa. Quali sono le sue speranze per questa
assemblea?
R. - Noi aspettiamo molto questo Sinodo,
perché il tema di questo Sinodo è proprio la realtà sociale dell’Africa di oggi. Noi
come Chiesa aspettiamo di parlare dei problemi dell’Africa in profondità.