Una pastorale dell'accoglienza che renda visibile l'amore della Chiesa. Così mons.
Marchetto nell'incontro in Guatemala sull'immigrazione
Rendere visibile “l’autentica fisionomia della Chiesa” attraverso una pastorale dell’accoglienza
per i migranti. E’ uno dei passaggi dell’intervento su “Chiesa conciliare e pastorale
d’accoglienza” pronunciato da mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nel corso dell’incontro
che si è aperto oggi a Tecún-Umán, in Guatemala. La riunione, in programma fino al
prossimo 4 giugno, vede la partecipazione delle Conferenze episcopali di Stati Uniti,
Messico, America Centrale e Caraibi. Il servizio di Benedetta Capelli:
E’ una
riflessione articolata e attenta sul valore del Concilio Vaticano II, definito “icona”
della Chiesa cattolica, e sulla centralità della Lumen Gentium, l’intervento
di mons. Agostino Marchetto in Guatemala. Parlando del Vaticano II, il presule evidenzia
la “dinamica dialettica” o meglio ancora “dialogica” tra la corrente progressista
e conservatrice all’interno dell’evento conciliare e respinge la prospettiva di “rottura”
sostenuta da molti studiosi. Proprio la dialettica, che “ha dato la possibilità alla
Chiesa cattolica di fare passi avanti”, viene ritrovata nei documenti principali tra
cui la Lumen Gentium. Dopo averne raccontato il percorso gestazionale, mons.
Marchetto riflette sull’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, pubblicata
cinque anni fa dal dicastero pontificio, ricordando la “base comunionale” del ministero
pastorale della Chiesa. “Si dà così valore - ha detto il segretario del Pontificio
Consiglio - alle legittime particolarità delle comunità cattoliche, coniugandole con
l’universalità”. “L’unica Chiesa cattolica - ricorda il presule - è così costituita
dalle e nelle Chiese particolari, così come le Chiese particolari sono costituite
nella e dalla Chiesa universale”.
Attraverso la
pastorale specifica del fenomeno migratorio, che mette in contatto persone di etnia,
nazionalità e religioni diverse, si rende “visibile l’autentica fisionomia della Chiesa”
e si “valorizza la valenza ecumenica e dialogica-missionaria delle migrazioni”. “È
anche attraverso di esse - continua mons. Marchetto - che si realizzerà tra le genti
il disegno di comunione salvifica di Dio”. La cultura dell’accoglienza, dunque, come
base per questa pastorale. Accoglienza come “opportunità privilegiata” per i migranti
cattolici, anche se “dolorosa”, ma che fa “giungere a un maggior senso di appartenenza
alla Chiesa universale oltre ogni particolarità”. “Il ministero ecclesiale si dirige
verso un altrove”, evidenzia ancora il presule, che richiama così il senso della missione
della Chiesa, “irradiamento della gloria di Dio”. Mettendo insieme “dialogo e annuncio”,
“la Chiesa si fa storia di un popolo in cammino ed è chiamata a costruire una nuova
storia, dono di Dio e frutto della libertà umana”. Mons. Marchetto conclude il suo
intervento, richiamando le affascinanti immagini della Beata Vergine Maria come “icona
vivente della donna migrante” e come “Madonna del Cammino”.