Convegno a Firenze su Galileo: la riflessione di padre Coyne
Prosegue a Firenze il convegno internazionale della Fondazione Stensen dei gesuiti
che nell’anno dell’Astronomia propone una rilettura del Caso Galileo dal punto di
vista storico, filosofico e teologico. A quattro secoli dalle prime osservazioni fatte
col cannocchiale dallo scienziato pisano, 33 fa i massimi esperti della sua opera
e biografia, sono impegnati in un confronto che vuole rilanciare la collaborazione
tra scienza e fede. Da Firenze il servizio del nostro inviato, Fabio Colagrande:
La contestualizzazione
storica della condanna del copernicanesimo ad opera del Sant’Uffizio nel 1616 e poi
del processo subito da Galilei nel 1633, restituisce un'immagine più sottile del clima
culturale in cui maturò quello che la Chiesa stessa ha da tempo riconosciuto come
un proprio tragico errore. Lo sguardo ravvicinato, con cui storici e filosofi della
scienza affrontano in questi giorni al Palazzo dei congressi di Firenze la vicenda
galileiana, mostra come l’avvento dell’eliocentrismo e della ‘scienza nuova’, scardinavano
l’intero sistema aristotelico su cui era fondata la filosofia naturale del tempo,
obbligando i teologi a interrogarsi rapidamente sui loro criteri di interpretazione
della Scrittura. Se i giudici dell’Inquisizione non seppero farlo, alla condanna di
Galileo, come ‘veementemente sospetto d’eresia’, si giunge in un clima in cui teologi
come Foscarini e Campanella avevano compreso il valore delle intuizioni dell’astronomo
pisano e la Compagnia di Gesù era impegnata nella divulgazione della scienza moderna.
Viene inoltre restituita l’immagine di un Galileo che – come già ricordato da Benedetto
XVI - non rinunciava nella sua attività di scienziato ‘né alla ragione né alla
fede’, ma anzi, le valorizzava entrambe fino in fondo, ‘nella loro reciproca fecondità’.
Ma quali ulteriori passi in avanti dovrebbe fare la Chiesa oggi per dimostrare la
sua volontà di collaborare con la scienza? Sentiamo uno dei relatori, padre
George Coyne, lo scienziato gesuita che ha fatto parte della Commissione
creata da Giovanni Paolo II per esaminare il Processo Galileo:
“Se
la Chiesa stessa deve fare ancora qualche cosa, non saprei dirlo; che ci sia da studiare,
da approfondire, questo senz’altro. Ma questo tocca più alla comunità degli storici,
degli scienziati, forse. Secondo il mio modesto parere, penso che la Chiesa abbia
fatto la sua parte con la Commissione, con i discorsi conclusivi, con i discorsi del
Santo Padre in cui sono stati ammessi gli errori da entrambe le parti. Gli errori
– non cito esattamente il Santo Padre Giovanni Paolo II – gli errori commessi a quei
tempi hanno fatto molto soffrire Galileo, errori di cui in quei tempi – si può dire
soggettivamente – non si può far colpa: nessuno comprendeva la scienza, perché stava
appena nascendo. La maggior parte delle persone non comprendeva bene la Sacra Scrittura,
non sapeva bene come interpretarla. Bellarmino credeva che la Sacra Scrittura contenesse
dichiarazioni scientifiche: e questo non può essere!”.