Mons. Fisichella: il rifiuto della vita nascente è spesso frutto della solitudine
La vita dal concepimento alla morte naturale va difesa “con testardaggine” e “senza
compromessi”. Questo il monito lanciato da mons. Rino Fisichella in occasione dei
dieci anni dalla fondazione del Centro Aiuto alla Vita (Cav) di Roma. Il presidente
della Pontificia Accademia per la Vita – riferisce l’agenzia Zenit - ha presieduto
lunedì sera la messa per l’anniversario, nella parrocchia dello Santo Spirito – alla
presenza dei coordinatori e dei volontari del centro e dei bambini nati grazie al
loro contributo, accompagnati dalle loro mamme. “Oggi non siamo qui semplicemente
per ricordare il decennale del vostro Centro, bensì per celebrarlo, ovvero per rendere
grazie al Signore di aver reso possibile quest’opera: da Lui tutto nasce e da Lui
tutto proviene”, ha affermato mons. Fisichella. Il presule ha quindi illustrato la
peculiarità del valore della vita nella fede cristiana: “Anche i pagani consideravano
Dio come il padre e il creatore dell’uomo. Con l’incarnazione di Cristo, tuttavia,
Egli ha assunto la vita umana stessa in tutte le sue contraddizioni: per questo motivo
noi crediamo nella sacralità della vita, la quale non è affatto un concetto astratto,
essendo essa, al contrario, qualcosa di assolutamente tangibile, visibile e udibile”.
Congratulandosi con i volontari del Cav e augurando loro un rinnovato e sempre maggiore
impegno, mons. Fisichella si è anche soffermato sulle ragioni che, al giorno d’oggi,
inducono tante persone al rifiuto della vita nascente. “Alla base del dramma di chi
interrompe una vita agli inizi c’è sempre una solitudine che può assumere mille volti:
la solitudine di chi non si sente preparato a divenire genitore; la solitudine di
chi si sente giudicato; la solitudine di chi vive in un contesto sociale che non aiuta
chi è in difficoltà”. “Solo vincendo tale solitudine – ha detto il presule - si diventa
consapevoli del valore della vita come qualcosa che ci trascende. La donna che percepisce
dentro di sé il formarsi di una nuova esistenza, comprende che quella vita nascente
supera infinitamente chi la porta in grembo”. Nella difesa dei diritti umani la Chiesa
è sempre stata in prima linea, sebbene ciò l’abbia isolata come istituzione: “Ciò
successe cinque secoli fa, quando i missionari difendevano la dignità degli indios
e si schieravano contro la schiavitù, mettendosi contro i colonialisti che avevano
tutto l’interesse allo sfruttamento della manodopera”. Sulla stessa lunghezza d’onda
ritroviamo, nei secoli successivi, pontefici come Leone XIII che, nella Rerum Novarum,
difendeva i diritti e la dignità dei lavoratori e Paolo VI che, nella Humanae Vitae,
parlò di “paternità e maternità responsabili”. “In tante occasioni – ha concluso mons.
Fisichella - la Chiesa è rimasta sola nelle sue battaglie. Il tempo e la tenacia dei
suoi uomini, però, le hanno sempre dato ragione”. (A.L.)