Benedetto XVI all'udienza generale: il mondo ha bisogno di sobrietà e di rispetto
delle regole per uscire dalla povertà e umanizzare il lavoro
Difendere “la perfetta unità del Corpo di Cristo” dalle forze che spingono verso il
primato della volontà che distrugge la società, disumanizza il lavoro e non conosce
la solidarietà verso i poveri. Con affermazioni di grande vigore, Benedetto XVI ha
tenuto oggi l’udienza generale in Piazza San Pietro davanti a circa 20 mila persone.
La catechesi è stata ispirata da San Teodoro Studita, un monaco vissuto tra l’ottavo
e il nono secolo che si spese contro l’iconoclastia e nel rafforzare l’identità cristiana
dei suoi monaci. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Ancora un
uomo forte, nascosto nelle miti vesti di un saio monacale, protagonista della catechesi
di Benedetto XVI, che da qualche tempo sta indagando l’epoca bizantina tra l’ottavo
e il nono secolo, dominata dalla lotte contro l’iconoclastia. Un “uomo formato e informato
dalla fede”, i cui insegnamenti sono stati presi ed attualizzati con incisività dal
Papa, che a più riprese ha fatto una sorta di “parallelo” storico e di valori tra
il periodo “turbolento” nel quale visse San Teodoro Studita e le analoghe turbolenze
che agitando il terzo millennio cristiano:
“Vi
sono oggi numerose correnti che insidiano l’unità della fede comune e spingono verso
una sorta di pericoloso individualismo spirituale e di superbia spirituale. E’ necessario
impegnarsi nel difendere e far crescere la perfetta unità del Corpo di Cristo, nella
quale possono comporsi in armonia la pace dell’ordine e le sincere relazioni personali
nello Spirito”. La persecuzione
iconoclasta che portò San Teodoro Studita a subire per lunghi anni carcere, torture
ed esilio è strettamente legata, ha detto il Papa, alla riforma della vita cenobitica
che il monaco attuò con grande ispirazione. Forte di una comunità numerosa - trecento
monaci quando i monasteri ne contavano in media una trentina - San Teodoro insistette
sulla necessità dell’ordine e della sottomissione, oltre che sul “rigore” e l’“intensità”
della vita cristiana. Lo fece, ad esempio, affrontando il nodo della povertà con insegnamenti
che, ha affermato Benedetto XVI, valgono ancora oggi:
“Non
dobbiamo dipendere dalla proprietà materiale, dobbiamo invece imparare la rinuncia,
la semplicità, l’austerità e la sobrietà. Solo così può crescere una società solidale
e può essere superato il grande problema della povertà di questo mondo”. Un’altra
tentazione dalla quale San Teodoro Studita tentò di difendere i suoi monaci - disabituati
dopo le persecuzioni che li avevano dispersi a vivere come un corpo unico - fu quella
del “primato della volontà”, in senso egoistico, al quale il monaco oppose quello
dell’obbedienza. Una “rinuncia”, ha osservato il Pontefice, del tutto necessaria anche
in una società come la nostra, che spesso dimentica i suoi valori fondanti:
“Se
ognuno segue solo se stesso, il tessuto sociale non può funzionare. Solo imparando
ad inserirsi nella comune libertà, condividere e sottomettersi ad essa, imparare la
legalità, cioè la sottomissione e l’obbedienza alle regole del bene comune e della
vita comune, può sanare una società come pure l’io stesso dalla superbia di essere
al centro del mondo”. Ma oltre
al dominio di sé, che parte dall’obbedienza per arrivare alla pratica della povertà
e della castità, Bendetto XVI ha individuato un’altra “virtù” nella vita e nella missione
dell’antico monaco di Bisanzio, “l’amore al lavoro”:
“Colui
che è fervente negli impegni materiali, che lavora con assiduità, egli argomenta,
lo è anche in quelli spirituali. Non ammette perciò che, sotto il pretesto della preghiera
e della contemplazione, il monaco si dispensi dal lavoro, anche dal lavoro manuale,
che in realtà è, secondo lui e secondo tutta la tradizione monastica, il mezzo per
trovare Dio (...) E proprio così il mondo del lavoro va umanizzato e l’uomo attraverso
il lavoro diventa più se stesso, più vicino a Dio”. I
saluti e le catechesi in sintesi, oggi pronunciate in nove lingue, hanno completato
l’udienza generale, al termine della quale il Papa ha salutato, oltre a vari gruppi
parrocchiali e diocesani, anche i membri della Fondazione San Matteo in memoria del
Cardinale Van Thuan, accompagnati dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente
di Giustizia e Pace. Il Pontefice li ha invitati a “diffondere la dottrina sociale
della Chiesa” e soprattutto, ha detto, “a far sentire la vicinanza della Chiesa a
quanti sono poveri materialmente e spiritualmente”. Poco dopo, intrattenendosi con
i fedeli al di là delle transenne, Benedetto XVI ha conversato per qualche
minuto con Margaret Thatcher, ex premier britannica dal 1979 al 1990.