Il congresso internazionale di Roma contro la pena di morte, promosso dalla Comunità
di Sant'Egidio. Intervista con Marco Impagliazzo
Al grido di “No justice without life”, si è svolto ieri a Roma presso il Campidoglio,
il Congresso internazionale contro la pena di morte, promosso dalla comunità di Sant’Egidio
e al quale hanno preso parte 35 personalità internazionali e della società civile.
Tutti uniti da un percorso verso un traguardo possibile, che è molto più di un titolo
o uno slogan: “Dalla moratoria all’abolizione della pena capitale”. Patrizio Ciprari,
ha chiesto a Marco Impagliazzo, presidente della comunità Sant’Egidio, lo spirito
con cui tale comunità si avvicina ad un tema così forte, ovvero l’importanza di un
attaccamento e di una “cultura alla vita” e l’impegno e le strategie necessarie per
porre rimedio a tutto ciò:
R. - Noi
sentiamo molto forte un tema, quello della cultura della vita. Se gli Stati, se gli
ordinamenti giuridici non si accorgono che la cultura della vita deve essere messa
al primo posto, non esisterà più una società, la società non starà assieme. Quindi,
la battaglia dell’abolizione della pena di morte è una battaglia per la vita, così
come quella contro l’aborto o contro l’eutanasia.
D.
- Attaccamento e cultura alla vita: ma quali sono, secondo lei, le strategie necessarie?
R.
- Anzitutto, è quella di convincere i cittadini di fare pressione sulla società civile,
perché la cultura della vita si affermi e perché venga bandita ogni forma di vendetta.
Oggi, assistiamo ad una pena di morte tante volte non giuridica, ex giudiziale: penso
solo ai linciaggi che avvengono in molti Paesi dell’Africa o dell’Asia o dell’America
Latina. Una giustizia “fai da te” è ingiustizia, non è giustizia. Quindi, bisogna
che dalla società nascano dei movimenti come quelli che la comunità di Sant’Egidio
sta spingendo a far sorgere in vari continenti.
D.
- Se le dico “No death penalty zone”, che cosa le viene in mente?
R.
- Credo, effettivamente, che questa sia una proposta molto positiva, ma soprattutto
questo è un sogno: il sogno di un mondo senza pena di morte. Già l’Unione Europea
rappresenta questo sogno. All’inizio del XX secolo, solo tre Paesi al mondo erano
abolizionisti. Oggi non si può entrare nell’Unione Europea se non si abolisce la pena
di morte. Con questi convegni della comunità di Sant’Egidio, stiamo convincendo l’Africa,
attraverso i ministri della Giustizia, a diventare il secondo continente senza pena
di morte e siamo già molto avanti. La storia riserva delle sorprese: è caduto il Muro
di Berlino, è finito il comunismo nell’Europa dell’est, è stata abolita la schiavitù
nell’Ottocento. Io spero e credo che, entro questa generazione, riusciremo ad abolire
la pena di morte.
D. - Cosa vi aspettate, allora,
dal prossimo congresso mondiale nel 2010 a Ginevra?
R.
- Ci aspettiamo che il mondo cresca sempre più nella cultura della vita. E’ una cultura
che, per noi cristiani, è decisiva e fondamentale ma credo che questa cultura della
vita debba diventare patrimonio dell’umanità. Quindi, il congresso del 2010 avrà anche
questo valore: diffondere la cultura della vita nel mondo.