La Chiesa ricorda Santa Maria Maddalena de' Pazzi, mistica fiorentina del 1500
Oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, mistica
fiorentina del 1500. Benedetto XVI due anni fa le ha dedicato una Lettera nel quarto
centenario della morte, ricordando il suo desiderio di condividere con Cristo il “nudo
patire” della croce. Il servizio di Sergio Centofanti.
Santa Maria
Maddalena de' Pazzi nasce a Firenze il 2 aprile 1566: è di famiglia nobile. Ancor
giovane vuole farsi monaca. I genitori cercano di dissuaderla: è ricca, bella, cosa
vuole di più? Lei vuole molto di più, vuole Dio. A 16 anni entra nel monastero carmelitano
di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Prima di pronunciare i voti viene colpita da
una misteriosa malattia: sembra che debba morire. Anticipano la consacrazione: la
portano davanti all'altare nel suo letto. E’ la festa della Santissima Trinità. Guarisce
improvvisamente. Da quel momento iniziano le sue estasi: vede la Passione di Cristo,
scambia il suo cuore con quello di Gesù, riceve le stigmate invisibili, la corona
di spine, parla con la Trinità. Le consorelle – dietro ordine del confessore - trascrivono
quanto accade durante le visioni: le parole di Maria Maddalena risultano del tutto
superiori alla sua cultura. Esorta tutti a ricambiare l’amore appassionato di Gesù.
Scrive lettere al Papa e ai cardinali per attuare un’autentica riforma della Chiesa.
In convento si attacca alle campane chiamando le altre suore gridando: “Venite ad
amare l’Amore!”. Un giorno le viene annunciato che sarà privata della percezione della
grazia: comincia una lunga notte oscura – durata 5 anni - in cui si sentirà completamente
abbandonata da Dio in mezzo ad altissimi tormenti psichici e spirituali, attaccata
da forti tentazioni, tra cui quella del suicidio: fino al giorno in cui lascia cadere
il coltello dalle mani di fronte alla statua di Gesù. Sopravvissuta alla “fossa dei
leoni”, come lei stessa chiamerà questo durissimo periodo di prova, diventa maestra
delle novizie annunciando l’infinità bontà di Dio che ci ha donato suo Figlio – come
lei dirà – il “Cristo crocifisso impazzito e innamorato delle sue creature”. Gli ultimi
tre anni della sua vita saranno per lei un vero calvario di sofferenze. Si ammala
di tisi. E’ in questo tempo che conia la celebre espressione – molto controcorrente
– “patire e non morire”: offre tutta la sua sofferenza a Cristo crocifisso, per la
Chiesa e la salvezza delle anime. Invoca Maria, mediatrice delle grazie e cammino
verso la perfezione. Prega il Figlio così: “Gesù, dolce amore, trasformaci in Te e
trasforma Te in noi, perché così trasformati e uniti in Te possiamo adempiere perfettamente
la tua volontà”. Muore il 25 maggio del 1607. Il suo corpo riposa incorrotto nel Monastero
a lei dedicato a Carreggi, a Firenze, meta di costanti pellegrinaggi.