2009-05-25 15:38:19

Al Festival di Cannes premiato il regista austriaco Haneke


Una curiosa coincidenza di vedute fa sì che i giudizi di tre giurie - la giuria Ecumenica, la giuria Fipresci e la giuria Internazionale - convergano su uno stesso titolo, che già aveva fortemente impressionato il pubblico e la critica. “The White Ribbon” (Il nastro bianco) di Michael Haneke ha infatti vinto con merito il 62.mo Festival di Cannes. C’erano un paio di indizi, che, al di là del valore straordinario del film, potevano far supporre una tale vittoria: il primo era la presenza di Isabelle Huppert nel ruolo di presidente di giuria, che non poteva non fare pensare alla Palma d’oro vinta dall’attrice nel 2001 con “La pianista” dello stesso Haneke; il secondo era la distribuzione italiana della Lucky Red, che da qualche anno con fiuto infallibile si aggiudica le pellicole premiate dai tre maggiori festival internazionali: Berlino, Cannes e Venezia. Premiato dunque un film dal meccanismo narrativo implacabile e di grande bellezza formale, ma anche di totale attualità, nonostante la sua storia si situi agli inizi del XX secolo, per il fatto stesso di contenere un monito per le generazioni future. La giuria ha poi distribuito gli altri premi a disposizione, celebrando con una Palma d’oro alla carriera l’eccezionale contributo di Alain Resnais alla storia del cinema, assegnando un Gran Premio a “Un prophète” di Jacques Audiard, storia carceraria di grande impatto dai sottili sviluppi psicologici, un Premio alla Regia a “Kinatay” di Brillante Mendoza, violenta e oscura discesa di un allievo poliziotto nell’inferno di Manila, e due riconoscimenti al realistico “Fish Tank” di Andrea Arnold e al bislacco “Thirst” di Park Chan-Wook. Migliori attori risultano Christoph Waltz, per il suo ruolo di ufficiale tedesco poliglotta in “Inglorious Basterds” di Quentin Tarantino, e Charlotte Gainsbourg per la parte di moglie indemoniata in “Antichrist” di Lars Von Trier. La Caméra d’or, che premia il miglior esordio, è infine andata a “Samson and Delilah” di Warwick Thornton, toccante viaggio di due aborigeni in una metropoli australiana. Resta forte il rimpianto per alcuni film che avrebbero meritato un riconoscimento come “Vincere” di Marco Bellocchio e soprattutto “The Time That Remains” di Elia Suleiman, ma purtroppo ogni concorso è un gioco e, partecipandovi, bisogna accettarne il risultato. Di sicuro è stato un bel festival e il cinema, nonostante gli allarmismi, è ben lungi dall’essere morto. (Da Cannes, Luciano Barisone) RealAudioMP3







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