Solennità dell'Ascensione in Vaticano. Il Papa: l'umanità peccatrice innalzata a Dio
dalla Croce di Cristo
Oggi in Vaticano si celebra la Solennità dell’Ascensione, che in Italia e in altri
Paesi sarà festeggiata domenica prossima. Si tratta di un mistero della fede – ha
sottolineato Benedetto XVI – che richiama l’altissima vocazione dell’uomo, innalzato
a Dio da Cristo dopo aver pagato sulla Croce i peccati di ognuno di noi. Il servizio
di Sergio Centofanti. Il
significato dell’Ascensione – afferma il Papa - è duplice. Anzitutto, salendo verso
l'alto, rivela in modo inequivocabile la sua divinità: ritorna là da dove è venuto,
cioè in Dio:
“Inoltre Cristo ascende al Cielo
con l'umanità che ha assunto e che ha risuscitato dai morti: quell'umanità è la nostra,
trasfigurata, divinizzata, divenuta eterna. L'Ascensione, pertanto, rivela l'altissima
vocazione (Gaudium et spes, 22) di ogni persona umana: essa è chiamata alla vita eterna
nel Regno di Dio, Regno di amore, di luce e di pace”. (Regina Caeli del 21 maggio
2006)
Gesù realizza la sua missione entrando
nella miseria dell’uomo e prendendo su di sé i peccati di tutti noi: solo così può
elevarlo a Dio:
“Egli infatti è venuto nel mondo
per riportare l’uomo a Dio, non sul piano ideale – come un filosofo o un maestro di
saggezza – ma realmente, quale pastore che vuole ricondurre le pecore all’ovile. Questo
‘esodo’ verso la patria celeste, che Gesù ha vissuto in prima persona, l’ha affrontato
totalmente per noi. E’ per noi che è disceso dal Cielo ed è per noi che vi è asceso,
dopo essersi fatto in tutto simile agli uomini, umiliato fino alla morte di croce,
e dopo avere toccato l’abisso della massima lontananza da Dio”. (Regina Caeli del
4 maggio 2008)
Nel mondo nessuno è senza peccato,
anche se non ne ha coscienza. Nessuno può salvarsi da sé. Solo in Cristo l’uomo, debole
e peccatore, può sperare: “Dio nell’uomo – l’uomo
in Dio: questa è ormai una verità non teorica ma reale. Perciò la speranza cristiana,
fondata in Cristo, non è un’illusione ma, come dice la Lettera agli Ebrei, ‘in essa
noi abbiamo come un’àncora della nostra vita’ (Eb 6,19), un’àncora che penetra nel
Cielo dove Cristo ci ha preceduto”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)
Tutti
noi siamo chiamati a volgere lo sguardo a Colui che, asceso al cielo, ci ha guariti
attraverso le sue piaghe:
“Siamo pertanto chiamati
a rinnovare la nostra fede in Gesù, l’unica vera àncora di salvezza per tutti gli
uomini. Salendo al Cielo, Egli ha riaperto la via verso la nostra patria definitiva,
che è il paradiso. Ora, con la potenza del suo Spirito, ci sostiene nel quotidiano
pellegrinaggio sulla terra”. (Regina Caeli dell’8 maggio 2005)
Dopo
l’Ascensione i primi discepoli restano uniti nel Cenacolo intorno alla Madre di Gesù
in attesa dello Spirito Santo. E il Papa invita a volgere lo sguardo anche verso Maria:
la Madre rimanda al Figlio, che non è più fisicamente tra noi, ma ci attende nella
casa del Padre:
“Gesù ci invita a non restare
a guardare in alto, ma a stare insieme uniti nella preghiera, per invocare il dono
dello Spirito Santo. Solo infatti a chi ‘rinasce dall’alto’, cioè dallo Spirito di
Dio, è aperto l’ingresso nel Regno dei cieli (cfr Gv 3,3-5), e la prima ‘rinata dall’alto’
è proprio la Vergine Maria”. (Regina Caeli del 4 maggio 2008)