Udienza generale. Benedetto XVI ricorda il viaggio in Terra Santa: per la pace non
serve volontà di dominio, ma mutuo rispetto tra fedi e popoli
Malgrado i conflitti in Terra Santa e quelli fra i cristiani, la Chiesa da duemila
anni prosegue il cammino verso la piena unità. Sono le parole conclusive di Benedetto
XVI all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, interamente dedicata
al recente viaggio apostolico in Terra Santa. Alla fine dell’udienza, il Papa ha lanciato
in inglese un appello in vista della Giornata mondiale delle comunicazioni di domenica
prossima, invitando ad un uso positivo delle tecnologie digitali e stimolando soprattutto
i giovani a utilizzarle per diffondere il Vangelo. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
Pellegrinaggio
“di fede”, pellegrinaggio “di pace”: le due strade percorse da Benedetto XVI nell’unica
via che lo ha portato per otto giorni lì dove nacque la prima Chiesa. Dal Monte Nebo
in Giordania al Santo Sepolcro a Gerusalemme: tra edifici e paesaggi che ricordano,
ha detto il Papa, l’indole “pellegrinante” della Chiesa in terra, compresa tra l’essere
“già” unita a Cristo e il “non ancora” poter gustare l’eternità da Lui promessa. Un’immagine
che descrive anche l’attuale destino della Terra Santa, divisa tra l’essere un luogo
sacro eppure diviso da odii e sangue: “In quella Terra benedetta da
Dio sembra a volte impossibile uscire dalla spirale della violenza. Ma nulla è impossibile
a Dio e a quanti confidano in Lui! Per questo la fede nell’unico Dio giusto e misericordioso,
che è la più preziosa risorsa di quei popoli, deve poter sprigionare tutta la sua
carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione”. Crocevia
di spiritualità e di contrasti lo è, per eccellenza, Gerusalemme, la “città della
pace”, che “esprime - ha affermato Benedetto XVI - il disegno di Dio sull’umanità:
formare di essa una grande famiglia”, che Cristo ha realizzato con la sua morte, con
la quale ha “abbattuto” il “muro dell’inimicizia”: “Tutti i credenti
debbono pertanto lasciare alle spalle pregiudizi e volontà di dominio, e praticare
concordi il comandamento fondamentale: amare cioè Dio con tutto il proprio essere
e amare il prossimo come noi stessi. E’ questo che ebrei, cristiani e musulmani sono
chiamati a testimoniare, per onorare con i fatti quel Dio che pregano con le labbra”. E’
questa convinzione - cioè che le diverse fedi debbano contribuire alla concordia tra
i popoli - che ha portato il Papa, anzitutto nella sua veste di “pellegrino di pace”
tra Giordania e Israele, a sostare al Muro del Pianto o nella Cupola della Roccia,
la più antica moschea della Terra Santa, o ancora nella penombra dello Yad Vashem,
a pregare per la “mai dimenticata” tragedia della Shoah. E ripensando, poco prima,
alla rispettosa accoglienza riservatagli dai reali giordani ad Amman e alla possibilità
di benedire, in quella nazione, le prime pietre di due nuove chiese, Benedetto XVI
ha ribadito un concetto caro e sempre difeso: “Questo fatto
è segno dell’apertura e del rispetto che vigono nel Regno Ascemita per la libertà
religiosa e per la tradizione cristiana, e ciò merita grande apprezzamento (...) Quanto
è importante che cristiani e musulmani coabitino pacificamente nel mutuo rispetto!
Grazie a Dio, e all’impegno dei governanti, in Giordania questo avviene. Ho pregato
pertanto affinché anche altrove sia così, pensando specialmente ai cristiani che vivono
invece realtà difficili nel vicino Iraq”. Le Basiliche di Betlemme
e Nazareth, oltre quelle di Gerusalemme, con il corollario di incontri e celebrazioni,
hanno visto invece il Pontefice nella veste di “pellegrino di fede” e di pastore in
visita alle comunità cattoliche di Terra Santa. Betlemme, ha detto in particolare
Benedetto XVI, è luogo simbolo “della distanza” che “ancora separa” l’uomo dall’annuncio
di pace che lì risuonò in una grotta, duemila anni fa. Betlemme che conosce “precarietà”
e “isolamento”, il muro di divisione tra israeliani e palestinesi, è stato anche il
posto in cui il Papa ha ricordato di aver invitato “tutti a ricercare la pace con
metodi non violenti”: “Malgrado le vicissitudini che lungo i secoli
hanno segnato i Luoghi santi, malgrado le guerre, le distruzioni, e purtroppo anche
i conflitti tra cristiani, la Chiesa ha proseguito la sua missione, sospinta dallo
Spirito del Signore risorto. Essa è in cammino verso la piena unità, perché il mondo
creda nell’amore di Dio e sperimenti la gioia della sua pace”. Poco
prima di terminare l’udienza generale, Benedetto XVI ha ricordato la prossima Giornata
mondiale delle comunicazioni ed ha lanciato in lingua inglese un appello perché “tutti
coloro che fanno uso delle nuove tecnologie” mediatiche - ha esortato - le utilizzino
in “modo positivo” per realizzare il “grande potenziale di questi strumenti” e “per
costruire legami di amicizia e di solidarietà che possono contribuire a un mondo migliore”:
“I wish to encourage all those who access cybersapce… Desidero
incoraggiare tutti coloro che hanno accesso al cyberspazio ad essere attenti a mantenere
e a promuovere una cultura di rispetto, di dialogo e di amicizia autentica dove i
valori della verità, l'armonia e la comprensione possono prosperare. Giovani, in particolare,
mi appello a voi: testimoniate la vostra fede attraverso il mondo digitale! Impiegate
le nuove tecnologie per far conoscere il Vangelo, in modo che la Buona Novella di
Dio, l'infinito amore per tutte le persone, risuonino in modo nuovo nel nostro mondo
sempre più tecnologico”. L’ultimo pensiero del Papa è stato per l'Ascensione
del Signore, che in Vaticano e in altri Paesi viene celebrata domani, mentre in Italia
domenica prossima. Questa solennità, ha concluso, “ci invita a guardare a Gesù, il
quale prima di salire al cielo, affida agli Apostoli il mandato di portare il suo
Messaggio di salvezza fino agli estremi confini della terra”.