Tornano in drammatica evidenza le violenze nella regione congolese del Kivu. Nello
scorso fine settimana ribelli hutu provenienti dal Rwanda avrebbero ucciso decine
di civili, forse cento, in una zona a nord-est del capoluogo Bukavu. Lo ha riferito
l’organizzazione americana per la difesa dei diritti umani “Human Rights Watch”. La
notizia è stata confermata anche dai portavoce della Monuc, la missione dell'Onu in
Repubblica Democratica del Congo. Sulla situazione nella regione, Giancarlo la
Vella ha sentito l’esperto di Africa, Michele Luppi:
R. – La situazione
nel Kivu, nel nord e nel sud e in generale in tutto l’est congolese, è in rapida evoluzione.
Questo massacro viene attribuito alle forze democratiche di liberazione del Rwanda
che sono una milizia formata da hutu rwandesi rifugiatisi nell’est congolese dopo
il genocidio nel ’94. Di questo gruppo cui fanno parte anche hutu rwandesi che vivevano
in Congo già prima del genocidio. La situazione è estremamente complessa perché, nelle
scorse settimane, l’esercito di Kinshasa ha lanciato, con il sostegno logistico della
Monuc - la Missione delle Nazioni Unite in Congo - un’operazione militare contro queste
forze, proprio nel tentativo di costringere questi ribelli a deporre le armi e ad
accettare il rimpatrio in Rwanda. In un territorio come quello congolese, difficilmente
accessibile, questa operazione militare ha portato ad una sorta di sparpagliamento
di queste forze ribelli che da un lato vanno a colpire i civili ritenuti conniventi
con il governo di Kinshasa, e dall’altro attaccano i villaggi per poter rifornirsi
di cibo e di quello che gli serve per sopravvivere. D. - Un
altro dei drammi che sta colpendo il Congo, è il continuo arrivo di armi, probabilmente,
secondo una denuncia fatta dall’Istituto internazionale di ricerca per la pace, attraverso
le stesse compagnie aeree che portano aiuti umanitari… R. –
Purtroppo, quello che non manca nelle zone di guerra, sono le armi. Le armi arrivano
in maniera massiccia e costante e molto spesso sono proprio la contropartita che viene
data a queste formazioni ribelli, in cambio di quello che è il patrimonio delle risorse,
incredibilmente vasto in queste zone. Quindi i ribelli solitamente tendono a guadagnare
quello che gli serve per sopravvivere, prendendo il controllo di miniere o di risorse
che poi prendono e scambiano con armi o con quello che gli serve per vivere. Negli
ultimi anni ci sono stati vari scandali. addirittura, in alcuni casi, si parlò di
aerei dell’Onu che furono utilizzati per il trasporto di queste armi. D.
– Ci sono novità per quanto riguarda la situazione umanitaria? R.
– La situazione umanitaria rimane grave. Quello che è importante seguire in questi
giorni sono i negoziati che si stanno tenendo a Kinshasa tra il governo congolese
e alcune formazioni ribelli, quelle formazioni ribelli che il 23 marzo hanno firmato,
con il governo congolese, un accordo di pace. Questo è legato anche ad un progetto
di legge che è stato approvato dal Senato congolese di amnistia per i gruppi ribelli
e di trasformazione di questi gruppi in partiti politici. Tale progetto potrebbe segnare
un punto estremamente importante per la stabilizzazione dell’est congolese. Questo
avrà certamente delle ricadute anche sulla situazione umanitaria che, comunque, rimane
estremamente difficile.