Betlemme. Il Papa: il luogo della nascità di Gesù invita a testimoniare il trionfo
dell'amore sull'odio. Solidarietà ai pellegrini di Gaza: sia tolto l'embargo
Attraverso il check point che separa lo Stato israeliano dai Territori palestinesi,
il Papa è giunto ieri in auto a Betlemme poco prima delle 8.00. Dopo la cerimonia
di benvenuto con il presidente Abbas si è trasferito nella Piazza della Mangiatoia
per celebrare la Santa Messa. Nel pomeriggio si è recato alla Grotta della Natività
- custodita nella Basilica - per un breve ma intenso momento di preghiera. Ha pregato
prima davanti all'altare della Natività e poi davanti alla Grotta della Mangiatoia.
Era accompagnato da poche persone tra cui esponenti di altre confessioni. Ha quindi
visitato il Caritas Bay Hospital di Betlemme e il Campo profughi di Aida. In serata
il rientro a Gerusalemme dopo la visita di cortesia al presidente Abbas, al Palazzo
presidenziale, e la cerimonia di congedo dai Territori palestinesi. Nell'omelia della
Messa nella Piazza della Mangiatoia il Papa ha avuto parole di speranza pur in mezzo
alle grandi sofferenze di queste popolazioni: il luogo della nascità di Gesù – ha
detto - invita a testimoniare il trionfo dell'amore sull'odio. Ha quindi espresso
la sua solidarietà ai pellegrini giunti da Gaza chiedendo che sia tolto l'embargo.
Alla celebrazione ha partecipato anche il presidente Abbas e decine di musulmani.
Molte le bandiere palestinesi tra la folla. Per le strade di Betlemme non c’era la
gente del 2000 per Giovanni Paolo II ma il blocco imposto da Israele non favorisce
gli spostamenti. Sulla Messa a Betlemme il servizio del nostro inviato Roberto Piermarini:
(canto) Una
giornata nel cuore del popolo palestinese per rinnovare l’appello di pace e di speranza
nella cittadina che oltre 2000 anni fa ha visto la nascita di Gesù. Dalla Piazza della
Mangiatoia di Betlemme, di fronte alla Basilica della Natività, sullo sfondo delle
aride colline del Neghev e davanti a 10 mila fedeli, Benedetto XVI ha lanciato una
forte invocazione a “non avere paura”, richiamando l’appello che nove anni fa lanciò
Giovanni Paolo II nell’anno del Grande Giubileo del Duemila. “Per
gli uomini e le donne di ogni luogo – ha detto il Papa – Betlemme è associata al gioioso
messaggio della rinascita, del rinnovamento, della luce e della libertà. E tuttavia
qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra questa magnifica promessa dall’essere compiuta!
Quanto distante appare quel Regno di ampio dominio e di pace, sicurezza, giustizia
ed integrità. Dal giorno della sua nascita – ha osservato il Papa – Gesù è stato ‘segno
di contraddizione’ e qui a Betlemme, nel mezzo di ogni genere di contraddizione, le
pietre continuano a gridare questa “buona novella”, ilmessaggio di redenzione
che questa città, al di sopra di tutte le altre, è chiamata a proclamare a tutto il
mondo”. Questo è il messaggio di Betlemme: una chiamata ad essere testimoni del trionfo
dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo, sulla paura e sul rancore che paralizzano
i rapporti umani e creano divisione tra fratelli che dovrebbero vivere insieme in
unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero edificare, disperazione dove la speranza
dovrebbe fiorire.
“Do not be afraid!...” Non abbiate
paura! - ha ripetuto il Papa - Adoperatevi con iniziative concrete per consolidare
la vostra presenza e per offrire nuove possibilità a quanti sono tentati di partire,
soprattutto ai giovani che sono il futuro di questo popolo”.
I cristiani
a Betlemme rappresentavano l’80% della popolazione, ora sono poco più del 15-20% ed
emigrano per la precarietà del lavoro, per l’instabilità politica nella regione e
per le minacce dell’integralismo islamico. Benedetto XVI ha invitato i cristiani ad
“essere ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura
di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione.
Edificate le vostre Chiese locali – ha esortato – facendo di esse laboratori di dialogo,
di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità. ‘Non abbiate paura’,
la vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche
ma di una nuova infrastruttura spirituale da mettere al servizio dell’educazione dello
sviluppo e della promozione del bene comune. All’omelia il Papa
non ha voluto dimenticare la presenza dei pellegrini provenienti dalla martoriata
Gaza, a causa della guerra:
“I ask you to bring back to your families... Vi
chiedo di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso abbraccio, le mie
condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto sopportare.
Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di ricostruzione che
ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto”.
A
Betlemme, ne sono arrivati da Gaza una cinquantina sui 250 cristiani che ne avevano
fatto richiesta alle autorità israeliane; con loro il parroco padre Musallam. (preghiera
dei fedeli in arabo) Anche alla preghiera dei fedeli si è pregato
in arabo per i bambini palestinesi di Gaza rimasti uccisi nel conflitto, orfani e
che vivono nella miseria e nella paura. E del dopoguerra a Gaza ha parlato nel suo
indirizzo di saluto al Papa, anche il Patriarca latino di Gerusalemme mons. Twal il
quale ha ricordato l’ingiustizia, l’occupazione e la mancanza di speranza – soprattutto
per i giovani - causa di emigrazione di molti cristiani dalla Terra Santa:
“No
one can pretend to own this land... Nessuno può pretendere di possedere
questa terra al posto degli altri ed escludendo gli altri. – ha detto – Dio stesso
ha scelto questa terra e vuole che tutti i suoi figli vi vivano insieme”.
Ma
– ha ribadito mons. Twal – finché l’instabilità politica perdura, finchè si estende
il muro che separa Betlemme da Gerusalemme e dal resto del mondo, noi non potremo
trovare la pace per la nostra terra”. (canto)