2009-05-13 15:36:28

La Messa del Papa alla Valle di Giosafat: Gerusalemme sia la città della pace e del rispetto, col decisivo contributo dei cristiani


Gerusalemme è una città “universale” che dovrebbe insegnare il dialogo e il rispetto vicendevole e non la violenza o la discriminazione. Con queste parole, pronunciate sotto le mura di Gerusalemme, Benedetto XVI ha celebrato ieri pomeriggio la Messa nella Valle di Giosafat, dove si trova l’Orto degli Ulivi nel quale Gesù si ritirò in preghiera poco prima di vivere la sua Passione. Il Papa ha fra l’altro toccato il problema dell’abbandono della Terra Santa da parte dei cristiani, appellandosi alle autorità locali a sostenerne la presenza. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Luci e ombre millenarie pesano sui destini della Città Santa. Tre grandi religioni che la considerano una “patria spirituale” - pur nel contesto di una non sempre facile rispettosa convivenza - e tutto intorno un conflitto infinito, che ha insanguinato generazioni di ebrei e di arabi. In questo scenario, qual è la “vocazione” di Gerusalemme? Se lo è chiesto Benedetto XVI, tra gli ulivi della Josafat Valley, la biblica Valle del Cedron, fuori le mura di Gerusalemme, dove ha presieduto la Messa davanti a circa tremila persone. Tremila e non le cinque-seimila previste, a causa delle restrizioni imposte dalle severissime misure di sicurezza. Un esempio di disagio quotidiano, segno di altri ben più gravi evocati dal Papa:
 
“In this Holy City where life conquered…
In questa Santa Città dove la vita ha sconfitto la morte, dove lo Spirito è stato infuso come primo frutto della nuova creazione, la speranza continua a combattere la disperazione, la frustrazione e il cinismo, mentre la pace, che è dono e chiamata di Dio, continua ad essere minacciata dall’egoismo, dal conflitto, dalla divisione e dal peso delle passate offese”.
 
Il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, ha parlato di “indifferenza” della comunità internazionale davanti “all’agonia per la quale passa la Terra Santa da sessantun anni”. Altra invece, ha osservato il Pontefice, è la visione di Gerusalemme, “che spinge” tutti quelli che la amano “a vederla come una profezia e una promessa di quella universale riconciliazione e pace che Dio desidera per tutta l’umana famiglia”:

“This City, if it is to live up its universale vocation…
Questa Città, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l'universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, l’ignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia”.
 
Situazioni che, ha nuovamente constatato Benedetto XVI, inducono molti cristiani, specie giovani, a tagliare con le loro “profonde radici” e a cercare un nuovo futuro lontani dalla Terra Santa. Si tratta, ha riconosciuto, di “ragioni comprensibili”, e tuttavia il Papa ha ripetuto che in “Terra Santa c’è posto per tutti”, invitando al contempo le autorità “a rispettare e sostenere la presenza cristiana”:
 
“Standing before you today…
Trovandomi qui davanti a voi oggi, desidero riconoscere le difficoltà, la frustrazione, la pena e la sofferenza che tanti tra voi hanno subito in conseguenza dei conflitti che hanno afflitto queste terre, ed anche le amare esperienze dello spostamento che molte delle vostre famiglie hanno conosciuto e – Dio non lo permetta – possono ancora conoscere. Spero che la mia presenza qui sia un segno che voi non siete dimenticati, che la vostra perseverante presenza e testimonianza sono di fatto preziose agli occhi di Dio e sono una componente del futuro di queste terre”.







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