Il Papa a Betlemme: il luogo della nascità di Gesù invita a testimoniare il trionfo
dell'amore sull'odio. Solidarietà ai pellegrini di Gaza: sia tolto l'embargo
Il Papa è giunto oggi a Betlemme poco prima delle 8.00. Dopo la cerimonia di benvenuto
con il presidente Abbas si è trasferito nella Piazza della Mangiatoia di Betlemme
per celebrare la Santa Messa. Nella sua omelia Benedetto XVI ha espresso innanzitutto
la sua vicinanza ai pellegrini provenienti “dalla martoriata Gaza a motivo della guerra”.
“Vi chiedo – ha detto - di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso
abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete
dovuto sopportare. Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di
ricostruzione che ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto
tolto”. Poi ha parlato del significato di Betlemme: “Per gli uomini e le donne di
ogni luogo, Betlemme è associata al gioioso messaggio della rinascita, del rinnovamento,
della luce e della libertà. E tuttavia qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra
questa magnifica promessa dall’essere compiuta!”. Poi ha aggiunto: “Cristo ha portato
un Regno che non è di questo mondo, eppure è un Regno capace di cambiare questo mondo,
poiché ha il potere di cambiare i cuori, di illuminare le menti e di rafforzare le
volontà. Nell’assumere la nostra carne, con tutte le sue debolezze, e nel trasfigurarla
con la potenza del suo Spirito, Gesù ci ha chiamato ad essere testimoni della sua
vittoria sul peccato e sulla morte. E questo è ciò che il messaggio di Betlemme ci
chiama ad essere: testimoni del trionfo dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo,
sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione fra
fratelli che dovrebbero vivere insieme in unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero
edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire!”. Ecco il testo integrale
dell’omelia del Papa:
Cari fratelli e sorelle in Cristo, ringrazio
Dio Onnipotente per avermi concesso la grazia di venire a Betlemme, non solo per venerare
il posto dove Cristo è nato, ma anche per essere al vostro fianco, fratelli e sorelle
nella fede, in questi Territori Palestinesi. Sono grato al Patriarca Fouad Twal per
i sentimenti che ha espresso a nome vostro, e saluto con affetto i confratelli Vescovi
e tutti i sacerdoti, religiosi e fedeli laici che faticano ogni giorno per confermare
questa Chiesa locale nella fede, nella speranza, nell’amore. Il mio cuore si volge
in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza a motivo della
guerra: vi chiedo di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso abbraccio,
le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto
sopportare. Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di ricostruzione
che ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto. “Non
temete: ecco vi annuncio una grande gioia… oggi nella città di Davide è nato per voi
un Salvatore” (Lc 2,10-11). Il messaggio della venuta di Cristo, recato dal cielo
mediante la voce degli angeli, continua ad echeggiare in questa città, come echeggia
nelle famiglie, nelle case e nelle comunità del mondo intero. È una “grande gioia”,
hanno detto gli angeli, “che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10). Questo messaggio
di gioia proclama che il Messia, Figlio di Dio e figlio di Davide, è nato “per voi”:
per te e per me, e per tutti gli uomini e donne di ogni tempo e luogo. Nel piano di
Dio, Betlemme, “così piccola per essere fra i villaggi di Giudea” (Mic 5,1) è divenuta
un luogo di gloria immortale: il posto dove, nella pienezza dei tempi, Dio ha scelto
di divenire uomo, per concludere il lungo regno del peccato e della morte e per portare
vita nuova ed abbondante ad un mondo che era divenuto vecchio, affaticato, oppresso
dalla disperazione. Per gli uomini e le donne
di ogni luogo, Betlemme è associata al gioioso messaggio della rinascita, del rinnovamento,
della luce e della libertà. E tuttavia qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra
questa magnifica promessa dall’essere compiuta! Quanto distante appare quel Regno
di ampio dominio e di pace, sicurezza, giustizia ed integrità, che il profeta Isaia
aveva annunciato, secondo quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr Is 9,7)
e che proclamiamo come fondato in maniera definitiva con la venuta di Gesù Cristo,
Messia e Re! Dal giorno della sua nascita, Gesù
è stato “segno di contraddizione” (Lc 2,34) e continua ad essere tale anche oggi.
Il Signore degli eserciti, “le cui origini è dall’antichità, dai giorni più remoti”
(Mic 5,2), volle inaugurare il suo Regno nascendo in questa piccola città, entrando
nel nostro mondo nel silenzio e nell’umiltà in una grotta, e giacendo, come bimbo
bisognoso di tutto, in una mangiatoia. Qui a Betlemme, nel mezzo di ogni genere di
contraddizione, le pietre continuano a gridare questa “buona novella”, il messaggio
di redenzione che questa città, al di sopra di tutte le altre, è chiamata a proclamare
a tutto il mondo. Qui infatti, in un modo che sorpassa tutte le speranze e aspettative
umane, Dio si è mostrato fedele alle sue promesse. Nella nascita del suo Figlio, Egli
ha rivelato la venuta di un Regno d’amore: un amore divino che si china per portare
guarigione e per innalzarci; un amore che si rivela nell’umiliazione e nella debolezza
della croce, eppure trionfa nella gloriosa risurrezione a nuova vita. Cristo ha portato
un Regno che non è di questo mondo, eppure è un Regno capace di cambiare questo mondo,
poiché ha il potere di cambiare i cuori, di illuminare le menti e di rafforzare le
volontà. Nell’assumere la nostra carne, con tutte le sue debolezze, e nel trasfigurarla
con la potenza del suo Spirito, Gesù ci ha chiamato ad essere testimoni della sua
vittoria sul peccato e sulla morte. E questo è ciò che il messaggio di Betlemme ci
chiama ad essere: testimoni del trionfo dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo,
sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione fra
fratelli che dovrebbero vivere insieme in unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero
edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire! “Nella
speranza siamo stati salvati” dice l’apostolo Paolo (Rm 8,24). E tuttavia afferma
con grande realismo che la creazione continua a gemere nel travaglio, anche se noi,
che abbiamo ricevuto le primizie dello Spirito, attendiamo pazientemente il compimento
della redenzione (cfr Rm 8,22-24). Nella seconda lettura odierna, Paolo trae dall’Incarnazione
una lezione che può essere applicata in modo particolare alle sofferenze che voi,
i prescelti da Dio in Betlemme, state sperimentando: “È apparsa la grazia di Dio –
egli dice – che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in
questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”, nell’attesa della venuta della
nostra beata speranza, il Salvatore Cristo Gesù (Tt 2,11-13). Non
sono forse queste le virtù richieste a uomini e donne che vivono nella speranza? In
primo luogo, la costante conversione a Cristo che si riflette non solo sulle nostre
azioni, ma anche sul nostro modo di ragionare: il coraggio di abbandonare linee di
pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili. La cultura di un modo di
pensare pacifico basato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri di
tutti, e l’impegno a collaborare per il bene comune. E poi la perseveranza, perseveranza
nel bene e nel rifiuto del male. Qui a Betlemme si chiede ai discepoli di Cristo una
speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui
rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese
dal cielo per dimorare sulla terra. “Non abbiate
paura!”. Questo è il messaggio che il Successore di San Pietro desidera consegnarvi
oggi, facendo eco al messaggio degli angeli e alla consegna che l’amato Papa Giovanni
Paolo II vi ha lasciato nell’anno del Grande Giubileo della nascita di Cristo. Contate
sulle preghiere e sulla solidarietà dei vostri fratelli e sorelle della Chiesa universale,
e adoperatevi con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire
nuove possibilità a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di
collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale
stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione. Edificate le vostre Chiese
locali facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure
di solidarietà e di carità pratica. Al di sopra
di tutto, siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal
Cristo risorto, di quella vita che può illuminare e trasformare anche le più oscure
e disperate situazioni umane. La vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture
economiche e politiche, ma in modo più importante – potremmo dire – di una nuova infrastruttura
“spirituale”, capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona
volontà nel servizio dell’educazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune.
Avete le risorse umane per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco
che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa
vi attende. Non abbiate paura! L’antica basilica
della Natività, provata dai venti della storia e dal peso dei secoli, si erge di fronte
a noi quale testimone della fede che permane e trionfa sul mondo (cfr 1 Gv 5,4). Nessun
visitatore di Betlemme potrebbe fare a meno di notare che nel corso dei secoli la
grande porta che introduce nella casa di Dio è divenuta sempre più piccola. Preghiamo
oggi affinché, con la grazia di Dio e il nostro impegno, la porta che introduce nel
mistero della dimora di Dio tra gli uomini, il tempio della nostra comunione nel suo
amore, e l’anticipo di un mondo di perenne pace e gioia, si apra sempre più ampiamente
per accogliere ogni cuore umano e rinnovarlo e trasformarlo. In questo modo, Betlemme
continuerà a farsi eco del messaggio affidato ai pastori, a noi, all’umanità: “Gloria
a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”! Amen.