2009-05-13 14:41:42

Concerto per la riconciliazione in Terra Santa


In occasione della visita del Santo Padre in Terra Santa, si terrà stasera a Bet She'an, in Galilea, un grande evento internazionale di musica e danza per favorire l'unità e la pace tra i popoli: il concerto per la Riconciliazione, patrocinato dal Comune di Roma, ed organizzato da Sat2000, l'emittente satellitare dei Vescovi italiani. Il concerto avrà come scenario l'anfiteatro romano di Bet She'an, che potrà ospitare oltre 7000 persone. Sul palco canteranno star e reciteranno e balleranno ragazzi di fede ebraica, cristiana e musulmana. Il servizio di Debora Donnini:RealAudioMP3
 
(musica)

“Se l’Eden si trova in Israele le sue porte sono a Bet She’an” dice la tradizione ebraica. E’ proprio questa cittadina della Galilea infatti ad ospitare il concerto per la Riconciliazione. Nello splendido palco dell’anfiteatro romano musicisti e cantanti, ballerini professionisti e ragazzi di fede musulmana, ebraica e cristiana daranno vita ad uno spettacolo per parlare della pace, anzi per mostrare come si costruisce la pace: dai cuori delle persone, come tante volte ha ricordato il Papa in questo viaggio. Tanti gli artisti attesi. Presente anche il coro del Magnificent Institute composto da 20 bambine ebree, cristiane e musulmane, così come l’orchestra di 150 persone. Francesco Porcelli, produttore esecutivo del concerto e responsabile delle produzioni di Sat 2000.
 
“E’ una risposta concreta che si vuol dare: questa sensibilizzazione che il Santo Padre cerca di fare sul processo di pace in Terra Santa. Quindi, si è partiti da questa considerazione e si è arrivati appunto alla conclusione che bisogna frapporre fra i due popoli uno spartito, l’arte, che comunque li accomuna”.
 
Uno dei pezzi forti dello spettacolo è senz’altro la performance del gruppo di teatro della Fondazione “Beereshit-In principio la Shalom” fondato da Angelica Livne Calò, che da anni insegna a bambini ebrei e arabi, cristiani e musulmani, a dialogare attraverso le arti, prima fra tutte il teatro. I ragazzi appaiono sul palco con maschere e tuniche bianche, ma questo momento sarà spezzato da un litigio e dallo strappo delle tuniche sotto le quali si accorgeranno di essere vestiti chi di viola, chi di arancione, i due colori più lontani fra loro nella scala cromatica. Scoppia dunque la guerra. Quando però due ragazzi usciti dal gruppo si tolgono la maschera, scoprono di avere un volto, infrangendo una convenzione anche teatrale. Allora prende il via una bellissima danza, due di loro però non riescono a togliersi la maschera.
 
Ad aiutarli una voce fuori campo che legge un brano di Anna Frank: perché, si chiedeva la giovane ragazza ebrea, si spendono tanti soldi per le armi e non per i poveri. Dopo queste parole e l’offerta del pane da parte di un bimbo, anche gli ultimi due ragazzi riescono a togliersi la maschera. E il pane viene distribuito a tutto il pubblico. Vedere il volto dell’altro, la sua umanità, è il primo passo, come ci spiega la stessa Angelica Livne Calò:

“Nel momento in cui ti togli la maschera vedi il volto, vedi che c’è un sorriso, vedi che ci sono delle gote come le tue, vedi che puoi parlare con questa persona e questa persona è diversa dalla tua identità, ma è un essere umano come te. Per cui tu hai meno paura. Le guerre nascono dalle paure. Noi siamo nati per amare, per vivere, siamo nati per creare, per procreare, per cui si spera che togliendoci una maschera, sia poi quello che ci aiuta ad avvicinarci”.

Gran finale le note di “we are the world”, cantato in ebraico, arabo e inglese perché come ricorda il filo conduttore della serata, lì dove non arrivano le parole, posso arrivare l’arte. Ad Angelica abbiamo chiesto ancora cosa suscita in lei questa visita del Papa:

“Suscita molta speranza e tutto ciò che può creare amicizia, il calare di certe maschere, l’avvicinamento di persone è la cosa più inestimabile e più importante che abbiamo in questo momento. Io spero che questa visita porti una buona svolta nella storia, che ci aiuti, in un momento come questo così difficile, a creare nuovi orizzonti, diversi per lo meno per le nuove generazioni. Poi questo spettacolo, secondo me, è una cosa molto importante perché è attraverso l’arte, la musica, tutti i gesti universali che si possono unire le persone. Riusciamo per lo meno a dare un buon esempio di speranza per il futuro, che è quello che di cui tutti abbiamo bisogno in questo momento. Abbiamo bisogno di piccoli miracoli”.
 
(musica)







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