Benedetto XVI durante il suo viaggio in Giordania più volte ha espresso la sua vicinanza
ai cristiani iracheni: quelli che sono rimasti nel loro Paese e quanti sono fuggiti.
Ha chiesto il sostegno per i profughi e ha lanciato un nuovo appello alla comunità
internazionale perché faccia “tutto ciò che è possibile per assicurare all’antica
comunità cristiana di quella nobile terra il fondamentale diritto di pacifica coesistenza
con i propri concittadini”. In Giordania oltre 40 mila sono cristiani. Quali sono
le loro difficoltà? Sergio Centofanti lo ha chiesto al corepiscopo Philip
Najim, visitatore per i fedeli Caldei in Europa:
R. – Le difficoltà
sono enormi e, essendo ospiti in quel Paese, approfitto dell’occasione per ringraziare
il governo e Sua Maestà, il Re di Giordania, per questa accoglienza ai nostri iracheni
sia musulmani che cristiani. Nonostante tutto, sappiamo che il Paese è piccolo e limitato
nelle sue risorse, quindi gli iracheni si trovano in grande difficoltà e in grande
sofferenza: è molto difficile per loro vivere una vita normale. Speriamo che un giorno
la comunità internazionale si svegli, attraverso anche l’appello del Santo Padre,
e dia una mano a questi profughi iracheni, perché possano vivere la loro vita con
dignità. D. – Qual è la situazione pastorale di questi profughi
cristiani? R. – E’ una situazione veramente molto difficile,
perché non si trova un luogo di culto specifico per questi migranti iracheni. Noi
abbiamo una un sacerdote messo a loro disposizione, al loro servizio, perché possa
dare ancora questa speranza: che la Chiesa vive e vive ancora nel cammino di fede
di queste persone che speriamo possano anche attraverso la loro sofferenza dare una
testimonianza di Cristo, la testimonianza di essere attaccati a Cristo e di vivere
la Parola di Cristo. D. – Il Papa ha lanciato un appello a non
abbandonare i cristiani in Iraq, che vivono momenti di grandi difficoltà... R.
– Questi cristiani devono essere sostenuti, devono essere incoraggiati, devono essere
aiutati e non devono essere dimenticati. Tutto l’Iraq non deve essere dimenticato.
La comunità internazionale deve continuare a sostenere questo popolo che ancora soffre. D.
– Continuano le violenze anticristiane in Iraq? R. – Ci sono
violenze non soltanto anticristiane, ci sono violenze anche contro le altre etnie.
Ci sono delle forze oscure che vogliono creare una divisione del popolo iracheno,
perché creando queste divisioni rallentano il processo di pace, rallentano il processo
dello sviluppo dell’Iraq. Perciò chiediamo al popolo iracheno di essere unito e di
dimenticare gli interessi personali, per alleviare questa sofferenza.