Giornate nazionali per la donazione e il trapianto
“Un donatore moltiplica la vita”: è il messaggio che ha contraddistinto la XII edizione
delle Giornate nazionali per la donazione e trapianto di organi e tessuti. L’iniziativa
si conclude oggi dopo una settimana ricca di eventi in tutta Italia, che hanno visto
le associazioni di settore impegnate in una campagna di sensibilizzazione. Per una
riflessione sulla cultura della donazione in Italia, Eliana Astorri ha intervistato
il prof. Salvatore Agnes, direttore dell’unità operativa di chirurgia sostitutiva
e responsabile del Centro trapianti di fegato del Policlinico Gemelli:
R. – La cultura
della donazione in Italia, per fortuna, è già molto affermata. Il numero di trapianti
degli ultimi anni è cresciuto sino a portare l’Italia ai vertici, tra le nazioni europee,
per il numero di donazioni e di trapianti. Sono lontani gli anni nei quali c’erano
i viaggi della speranza dei pazienti che dovevano andare all’estero per una vera carenza
di possibilità di trapianto, dovuta fondamentalmente al fatto che c’erano pochi organi
che si donavano. Oggi, effettivamente, la situazione è diversa. Si può, naturalmente,
fare di più, ed è per questo che questa sensibilizzazione è sempre un fatto positivo. D.
– Le donazioni sono in aumento, ma perché c’è ancora una certa resistenza ad esprimere
questa volontà? R. – Vi è un luogo comune che il problema delle
donazioni sia il mancato consenso alla donazione stessa. Questo sicuramente è un problema,
ed è un problema che naturalmente può essere più o meno diffuso nel territorio nazionale,
ma che comunque ha una certa fisiologicità. Per quanto possano essere diffusi i sentimenti
positivi in questo senso, una percentuale – per motivi vari – di contrarietà alla
donazione ci può sempre essere. Naturalmente, anche su questo si può agire. Il problema
però non è che il processo di donazione sia problematico solamente per questa percentuale
di non consenso, che poi è l’evento finale di un processo molto più complesso... In
realtà, la donazione è un processo prima di tutto medico, perché è identificazione
dei possibili donatori nei grandi ospedali – soprattutto nelle grandi rianimazioni
-, cioè di pazienti che decedono – nonostante, ovviamente, le cure – per una patologia
primitiva del cervello. Questi sono i donatori potenziali, e questo processo che comincia
appunto nei grandi ospedali, nelle grandi rianimazioni, è un processo complesso, perché
bisogna accertare la morte di questi soggetti, bisogna instaurare quindi delle procedure
abbastanza complesse ed anche, in qualche modo, onerose, bisogna mantenere vitali
gli organi di questi individui – che sono morti – e poi, alla fine del processo, c’è
anche la richiesta di consenso. Tutto il processo è complesso ed oneroso per una struttura
sanitaria. Per tale ragione, anche la cultura della donazione si deve affermare di
più sul territorio. Una cultura che non coinvolge solamente i familiari, che devono
richiedere il consenso, ma è tutto il sistema – i medici, gli operatori sanitari –
che devono essere sensibilizzati ad attivare sempre, quando possibile, tutte queste
procedure per aumentare le possibilità di donazione.(Montaggio a cura di Maria
Brigini)