La conferenza stampa di Benedetto XVI in volo per Amman
Pace in Medio Oriente, dialogo interreligioso, presenza dei cristiani in Terra Santa,
sono alcuni temi affrontati da Benedetto XVI durante la conferenza stampa che si è
svolta a bordo dell’aereo papale durante il volo per Amman. Il servizio è di Paolo
Ondarza.
Ecco
il testo integrale della conferenza stampa: Padre Lombardi: Santità,
noi la ringraziamo molto di darci anche questa volta un’occasione di un incontro con
lei all’inizio di un viaggio così importante e impegnativo. Tra l’altro, ci dà anche
modo di farle gli auguri di buon viaggio e di dirle che collaboreremo a diffondere
i messaggi che lei cercherà di darci. Come al solito, le domande che ora pongo sono
il risultato di una raccolta di domande tra i colleghi qui presenti. Le pongo io per
motivi di facilità logistica, ma in realtà sono il frutto del lavoro comune. D.
– Santità, questo viaggio avviene in un periodo molto delicato per il Medio Oriente:
vi sono forti tensioni - in occasione della crisi di Gaza, si era anche pensato che
Lei forse vi rinunciasse. Allo stesso tempo, pochi giorni dopo il suo viaggio, i principali
responsabili politici di Israele e dell’Autorità palestinese, incontreranno anche
il presidente Obama. Lei pensa di poter dare un contributo al processo di pace che
ora sembra arenato? R. - Buongiorno! Vorrei anzitutto ringraziare
per il lavoro che fate e ci auguriamo tutti insieme un buon viaggio, un buon pellegrinaggio,
un buon ritorno. Quanto alla domanda, certamente cerco di contribuire alla pace non
come individuo ma in nome della Chiesa cattolica, della Santa Sede. Noi non siamo
un potere politico, ma una forza spirituale e questa forza spirituale è una realtà
che può contribuire ai progressi nel processo di pace. Vedo tre livelli: da credenti,
siamo convinti che la preghiera sia una vera forza. Apre il mondo a Dio: siamo convinti
che Dio ascolti e che possa agire nella storia. Penso che se milioni di persone, di
credenti, pregano, è realmente una forza che influisce e può contribuire ad andare
avanti con la pace. Secondo punto: noi cerchiamo di aiutare nella formazione delle
coscienze. La coscienza è la capacità dell’Uomo di percepire la verità, ma questa
capacità è spesso ostacolata da interessi particolari. E liberare da questi interessi,
aprire più alla verità, ai veri valori è un impegno grande: è un compito della Chiesa
aiutare a conoscere i veri criteri, i valori veri, e liberarci da interessi particolari.
E così – terzo punto – parliamo anche – è proprio così! – alla ragione: proprio perché
non siamo parte politica, possiamo forse più facilmente, anche alla luce della fede,
vedere i veri criteri, aiutare nel capire quanto contribuisca alla pace e parlare
alla ragione, appoggiare le posizioni realmente ragionevoli. E questo lo abbiamo già
fatto e vogliamo farlo anche adesso e in futuro. D.
– Grazie, Santità. La seconda domanda. Lei, come teologo, ha riflettuto in particolare
sulla radice unica che accomuna cristiani ed ebrei. Come mai, nonostante sforzi di
dialogo, si presentano spesso occasioni di malintesi? Come vede il futuro del dialogo
tra le due comunità? R. – Importante è che in realtà abbiamo
la stessa radice, gli stessi Libri dell’Antico Testamento che sono – sia per gli ebrei,
sia per noi – Libro della Rivelazione. Ma, naturalmente, dopo duemila anni di storie
distinte, anzi, separate, non c’è da meravigliarsi che ci siano malintesi, perché
si sono formate tradizioni di interpretazione, di linguaggio, di pensiero molto diverse,
per così dire un “cosmo semantico” molto diverso, così che le stesse parole nelle
due parti significano cose diverse; e con questo uso di parole che, nel corso della
storia hanno formato significati diversi, nascono ovviamente malintesi. Dobbiamo fare
di tutto per imparare l’uno il linguaggio dell’altro, e mi sembra che facciamo grandi
progressi. Oggi abbiamo la possibilità che i giovani, i futuri insegnanti di teologia,
possono studiare a Gerusalemme, nell’Università ebraica, e gli ebrei hanno contatti
accademici con noi: così c’è un incontro di questi “cosmi semantici” diversi. Impariamo
vicendevolmente e andiamo avanti nella strada del vero dialogo, impariamo l’uno dall’altro
e sono sicuro e convinto che facciamo progressi. E questo aiuterà anche la pace, anzi,
l’amore reciproco. D. - Santità questo viaggio ha
due dimensioni essenziali di dialogo interreligioso, con l’islam e con l’ebraismo.
Sono due direzioni completamente separate fra loro o vi sarà anche un messaggio comune
che riguarda le tre religioni che si richiamano ad Abramo? R.
– Certo esiste anche un messaggio comune e sarà occasione di farlo e nonostante la
diversità delle origini abbiamo radici comuni perché, come già ha detto, il cristianesimo
nasce dall’Antico Testamento e la scrittura del Nuovo Testamento senza l’Antico non
esisterebbe, perché si riferisce in permanenza alla Scrittura, cioè all’Antico Testamento,
ma anche l’islam è nato in un ambiente dove era presente sia l’ebraismo sia i diversi
rami del cristianesimo, giudeo-cristianesimo, cristianesimo-antiocheno bizantino,
e tutte queste circostanze si riflettono nella tradizione coranica così che abbiamo
tanto in comune dalle origini e nella fede nell’unico Dio, perciò è importante da
una parte avere i dialoghi a due parti – con gli ebrei e con l’Islam – e poi anche
il dialogo trilaterale. Io stesso sono stato cofondatore di una fondazione per il
dialogo tra le tre religioni dove personalità come il metropolita Damaskinos e il
Gran Rabbino di Francia René Samuel Sirat, ecc. eravamo insieme e questa fondazione
ha fatto anche un’edizione dei libri delle tre religioni: il Corano, il Nuovo Testamento
e l’Antico Testamento. Quindi il dialogo trilaterale deve andare avanti, è importantissimo
per la pace e anche – diciamo – per vivere bene la propria religione. D.
– Un’ultima domanda. Santità lei ha richiamato spesso il problema della diminuzione
dei cristiani in Medio Oriente e anche in particolare nella Terra Santa. E’ un fenomeno
con diverse ragioni di carattere politico, economico e sociale. Che cosa si può fare
concretamente per aiutare la presenza cristiana nella regione. Quale contributo spera
di dare con il suo viaggio? Ci sono speranze per questi cristiani nel futuro? Avrà
un messaggio particolare anche per i cristiani di Gaza che verranno ad incontrarla
a Betlemme? R. – Certamente ci sono speranze perché è un
momento adesso, come lei ha detto, difficile ma anche un momento di speranza di un
nuovo inizio, di un nuovo slancio nella via verso la pace e vogliamo soprattutto incoraggiare
i cristiani in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente a rimanere, a dare il loro
contributo nei Paesi delle loro origini: sono una componente importante della vita
di queste regioni. In concreto la Chiesa, oltre a parole di incoraggiamento, alla
preghiera comune, ha soprattutto scuole e ospedali. In questo senso abbiamo la presenza
di realtà molto concrete. Le nostre scuole formano una generazione che avrà la possibilità
di essere presente nella vita di oggi, nella vita pubblica. Stiamo creando questa
Università cattolica in Giordania, mi sembra questa una grande prospettiva dove giovani
– sia musulmani sia cristiani – si incontrano, imparano insieme dove si forma un’élite
cristiana che è preparata proprio per lavorare per la pace. Ma generalmente le nostre
scuole sono un momento molto importante per aprire un futuro ai cristiani e gli ospedali
mostrano la nostra presenza. Inoltre ci sono molte associazioni cristiane che aiutano
in diversi modi i cristiani e con aiuti concreti incoraggiano a rimanere, così spero
che realmente i cristiani possano trovare il coraggio, l’umiltà, la pazienza di stare
in questi Paesi, di offrire il loro contributo per il futuro di questi Paesi. Padre Lombardi: Grazie Santità, con queste risposte ci
ha aiutato ad ambientare il nostro viaggio da un punto spirituale, da un punto di
vista culturale e rinnovo gli auguri, anche da parte di tutti i colleghi che sono
su questo volo, e anche gli altri che sono in volo verso la Terra Santa in queste
ore, proprio per partecipare e aiutare anche da un punto di vista informativo un buon
risultato di questa sua missione così impegnativa. Buon viaggio a lei e a tutti i
suoi collaboratori e buon lavoro anche ai colleghi.