Benedetto XVI tra i disabili del Centro Regina Pacis: "la sofferenza può determinare
un cambiamento in meglio"
Prima tappa del viaggio del Papa in Giordania è stata la visita al Centro Regina Pacis
per la riabilitazione dei portatori di handicap. Un incontro toccante. "La vostra
esperienza del dolore - ha detto il Papa agli ospiti del centro - la vostra testimonianza
in favore della compassione, la vostra determinazione nel superare gli ostacoli che
incontrate, mi incoraggiano a credere che la sofferenza può determinare un cambiamento
in meglio. Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze,
cogliamo l'essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani. E incominciamo
ad imparare che, su un altro piano, anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia
o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono
essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace". Ecco il
testo integrale del discorso di Benedetto XVI:
Beatitudini, Eccellenze, Cari
Amici,
sono molto contento di essere oggi qui con voi e di salutare ciascuno
di voi, come anche i membri delle vostre famiglie, dovunque essi possano essere. Ringrazio
Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal per le gentili parole di saluto e in modo
speciale desidero prendere atto della presenza fra noi del Vescovo Selim Sayegh, i
cui progetti e lavori per questo Centro, insieme con quelli di Sua Beatitudine il
Patriarca emerito Michel Sabbah, sono oggi onorati dalla benedizione dei nuovi ampliamenti
appena terminati. Desidero anche salutare con grande affetto i membri del Comitato
Centrale, le Suore Comboniane e il personale laico impegnato, inclusi coloro che lavorano
nelle varie branche ed unità comunitarie del Centro. La stima per la vostra notevole
competenza professionale, la cura compassionevole e la risoluta promozione del giusto
posto nella società di coloro che hanno necessità speciali è ben conosciuta qui e
in tutto il regno. Ringrazio i giovani presenti per il loro commovente benvenuto.
È una grande gioia per me essere qui con voi. Come sapete, la mia visita al Centro
Nostra Signora della Pace qui in Amman è la prima tappa del mio pellegrinaggio. Come
per innumerevoli migliaia di pellegrini prima di me, è ora il mio turno di soddisfare
quel profondo desiderio di toccare, di trarre conforto dai luoghi dove Gesù visse
e che furono santificati dalla sua presenza e di venerarli. Dai tempi apostolici,
Gerusalemme è stata il principale luogo di pellegrinaggio per i Cristiani, ma ancora
prima, nell’antico Vicino Oriente, i popoli Semitici costruirono luoghi sacri per
indicare e commemorare una presenza o un’azione divina. E la gente comune soleva recarsi
in questi centri portando una parte dei frutti della loro terra e del loro bestiame
per farne offerta come atto di omaggio e di gratitudine. Cari Amici, ognuno di
noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di
Dio. Naturalmente, tendiamo poi a volgere lo sguardo indietro al percorso della vita
– talvolta con rimpianti o recriminazioni, spesso con gratitudine ed apprezzamento
– ma guardiamo anche avanti - a volte con trepidazione o ansia, sempre con attesa
e speranza, sapendo che ci sono anche altri ad incoraggiarci lungo la strada. So che
i viaggi che hanno condotto molti di voi al Centro Regina Pacis sono stati segnati
da sofferenza o prove. Alcuni di voi lottano coraggiosamente con forme di invalidità,
altri hanno sopportato il rifiuto, ed alcuni di voi sono stati attratti a questo luogo
di pace semplicemente per cercare incoraggiamento ed appoggio. Di particolare importanza,
lo so bene, è il grande successo del Centro nel promuovere il giusto posto dell'invalido
nella società e nell’assicurare che un adeguato esercizio e strumentazione siano forniti
per facilitare una simile integrazione. Per questa lungimiranza e determinazione tutti
voi meritate grande elogio ed incoraggiamento! A volte è difficile trovare una
ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova –
fisica o emotiva – da sopportare. Ma la fede e la ragione ci aiutano a vedere un orizzonte
oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L'amore incondizionato
di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo
per ogni vita umana. Il suo è un amore che salva (cfr Gv 12,32). Come i cristiani
professano, è attraverso la Croce, che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna
e nel fare ciò ci indica la strada verso il futuro – la via della speranza che guida
ogni passo che facciamo lungo la strada, così che noi pure diveniamo portatori di
tale speranza e carità per gli altri. Amici, diversamente dai pellegrini d’un
tempo, io non vengo portando regali od offerte. Io vengo semplicemente con un'intenzione,
una speranza: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, più specificamente
per il Medio Oriente. La pace per gli individui, per i genitori e i figli, per le
comunità, pace per Gerusalemme, per la Terra Santa, per la regione, pace per l’intera
famiglia umana; la pace durevole generata dalla giustizia, dall’integrità e dalla
compassione, la pace che sorge dall'umiltà, dal perdono e dal profondo desiderio di
vivere in armonia come un’unica realtà. La preghiera è speranza in azione. Ed
infatti la vera ragione è contenuta nella preghiera: noi entriamo in contatto amoroso
con l’unico Dio, il Creatore universale, e nel fare così giungiamo a renderci conto
della futilità delle divisioni umane e dei pregiudizi e avvertiamo le meravigliose
possibilità che si aprono davanti a noi quando i nostri cuori sono convertiti alla
verità di Dio, al suo progetto per ognuno di noi e per il nostro mondo. Cari giovani
amici, a voi in particolare desidero dire che stando in mezzo a voi io sento la forza
che proviene da Dio. La vostra esperienza del dolore, la vostra testimonianza in favore
della compassione, la vostra determinazione nel superare gli ostacoli che incontrate,
mi incoraggiano a credere che la sofferenza può determinare un cambiamento in meglio.
Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze, cogliamo
l'essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani. E incominciamo
ad imparare che, su un altro piano, anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia
o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono
essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace. Vi esorto
tutti a pregare ogni giorno per il nostro mondo. Ed oggi voglio chiedervi di assumervi
uno specifico compito: pregate, per favore, per me ogni giorno del mio pellegrinaggio;
per il mio spirituale rinnovamento nel Signore e per la conversione dei cuori al modo
di perdonare e di solidarizzare che è proprio di Dio, così che la mia speranza - la
nostra speranza – per l’unità e la pace nel mondo porti frutti abbondanti. Che
Dio benedica ognuno di voi e le vostre famiglie, e gli insegnanti, gli infermieri,
gli amministratori e i benefattori di questo Centro. Che Nostra Signora Regina della
Pace vi protegga e vi guidi lungo il pellegrinaggio del Figlio suo, il Buon Pastore.